La vista degli occhi e dell’anima.
La contemplazione del creato, la visione delle grandi opere che il Signore ha fatto, lo splendore del sole, tutto quello che ci circonda e vive, ci aiutano a comprendere la sua altissima grandezza, la sua divina onnipotenza, la sua onniscienza e tutte le sue eccelse virtù. Tutto egli conosce. Tutto egli vede e scruta, anche i segreti dei cuori. Egli riempie di sé l’universo: tutto è per la sua gloria.
L’uomo, il creato, tutto è suo! “Quanto sono amabili tutte le sue opere” e “chi si sazierà nel contemplare la sua gloria”, esclama pieno di stupore e meraviglia l’autore del libro del Siràcide. Gesù sulla sua strada, siamo al Vangelo, incontra un povero, un mendicante. È cieco e non può essere un contemplatore delle opere di Dio. Vive nel buio degli occhi e forse in parte anche della fede. Egli grida la sua preghiera, non è infatti in grado di vedere la distanza che lo separa dal Maestro che sta per sopraggiungere. Sì, la preghiera va gridata talvolta anche se sappiamo che anche il gemito di un neonato è ben percepito dal Signore.
“Figlio di Davide, abbi pietà di me”, ripete più volte con voce sempre più forte. Non bada a chi lo sgrida imponendogli di tacere. Occorre fede e perseveranza virtù che vengono subito premiate. Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! àlzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Quello del cieco è un balzo verso la vita, verso Cristo, verso la salvezza. Allora Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia?”.
E il cieco a lui: “Rabbunì, che io riabbia la vista!”. E Gesù gli disse: “Và, la tua fede ti ha salvato”. E sùbito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada”. Riacquista la vista degli occhi e dono assai più importante, anche la vista dell’anima: la fede non illumina soltanto, ma diventa garanzia di salvezza per la vita eterna.
Monaci Benedettini Silvestrini
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