Commento al Vengelo del 11 ottobre 2015 – mons. Roberto Brunelli

 

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Il cammello non passa per la cruna di un ago

[ads2]”E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”: è una delle frasi più note del vangelo, pronunciata da Gesù a commento di un vivace episodio (Marco 10,17-30), riassumibile in poche battute. “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?” gli chiede un tale; “Osserva i comandamenti” gli risponde Gesù; “Li ho osservati sin da giovane” riprende l’anonimo. E allora, cogliendo in lui una particolare sensibilità religiosa e l’evidente desiderio di migliorarsi, “Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: ‘Una cosa sola ti manca: vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi'”. La proposta, certo drastica e inattesa, non incontra il favore di colui che pure l’ha sollecitata: “Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni”. Cade qui il commento di Gesù, espresso con la similitudine del cammello.

L’episodio, con le conferme e le esplicitazioni riscontrabili in altre pagine della Scrittura, consente di trarne l’insegnamento di Gesù circa le ricchezze terrene. Di per sé, quando sono acquisite onestamente, senza frode o sfruttamento degli altri, non c’è nulla di male a possederne; se si osservano i comandamenti, si può ugualmente conseguire la vita eterna. Tuttavia occorre essere consapevoli che i beni materiali costituiscono un pericolo sul piano spirituale: il ricco può facilmente diventare orgoglioso, sprezzante o insensibile nei confronti degli altri; facilmente orienta lì tutti i suoi pensieri e le sue prospettive; insomma è portato a confidare in se stesso, dimenticando che la nostra vita non dipende dal conto in banca ma sta nelle mani di Dio. Per questo Gesù ne raccomanda il distacco, che può essere affettivo o effettivo.

Il distacco effettivo (“vendi quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”) è quello praticato da chi in proposito riceve dall’alto una speciale e specifica vocazione: monaci frati e suore emettono il voto di povertà, con cui rinunciano a ogni proprietà personale per avere, già da questo mondo, una ricchezza più grande, il loro Signore. Così, nella mente come nel cuore, sono liberi di dedicarsi, interamente e gioiosamente, a Lui e al prossimo. Quando il ricco se ne va triste, a Pietro che gli ricorda come lui e gli altri apostoli abbiano lasciato tutto per seguirlo, Gesù risponde: “In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva, già ora, in questo tempo, cento volte tanto, e la vita eterna nel tempo che verrà”. Cento volte tanto: in libertà e gioia interiore.

Una tale scelta, ovviamente, non può essere di tutti: chi ha famiglia “deve” possedere, per provvedervi; qualcuno “deve” possedere terreni, case, fabbriche eccetera, da cui la comunità degli uomini trae quanto occorre alla vita. Ma anche chi possiede beni materiali, per evitare i pericoli di cui sopra, è esortato a distaccarsene: se non giuridicamente, almeno col cuore. Il distacco affettivo comporta il retto uso delle ricchezze: chi ne è dotato non deve ostentarle, con uno stile di vita offensivo verso chi ne è meno dotato o addirittura non sa come arrivare a fine mese; deve invece gestirle preoccupandosi del bene comune, elargendo a chi non ha, creando occasioni di lavoro, promuovendo la giustizia, concorrendo, nei mille modi possibili, a elevare la società.

Chi dispone di ricchezze deve considerarsene non il dispotico padrone, che può usarle a capriccio; comunque le abbia ottenute, con o senza fatica personale, il Padrone resta sempre un Altro, che ha fissato le regole per il loro uso. Delle ricchezze, chi le possiede deve considerarsi soltanto l’amministratore, che le gestisce per il bene comune, non dimenticando che del loro uso un giorno sarà chiamato a rendere conto.

mons. Roberto Brunelli | Qumran

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 11 – 17 ottobre 2015
  • Tempo Ordinario XXVIII, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo B | Anno I, Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

Roberto Brunelli (Piubega, 30 marzo 1938) è uno scrittore italiano. Sacerdote, critico d’arte e direttore del Museo diocesano di arte sacra Francesco Gonzaga di Mantova, è autore di testi di argomento religioso, di storia dell’arte e di narrativa. Negli anni ’80 ha collaborato con Mondadori come curatore e traduttore di alcuni titoli della popolare collana enciclopedica per ragazzi I grandi libri e come autore del Grande libro della Bibbia (1983). Fra le sue opere più recenti, si segnalano la ricostruzione storica di Giallo a corte (2012), dedicata ad alcuni delitti irrisolti di epoca gonzaghesca, e il racconto Papa a sorpresa (2013), dove l’autore, prima della diffusione della notizia delle dimissioni di Benedetto XVI, ipotizzava che cosa sarebbe potuto accadere con le dimissioni di un pontefice.

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