Commento al Vangelo di giovedì 2 novembre 2017 – Comunità Monastica Ss. Trinità

Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Fin dall’età più arcaica e fin nelle culture più primitive esiste un ‘culto dei morti’. Al di là delle forme concrete che può aver assunto, esso mira a rendere meno radicale e definitiva l’interruzione di relazione con quanti ancora sono in vita, vuole lenire il dolore che ci assale quando la morte sottrae al nostro affetto una persona cara. C’è chi sostiene che la religione nasce proprio quale farmaco ricostituente – nel senso letterale del termine – il legame con il defunto, ricuce lo strappo e rende sopportabile la perdita.

Gesù si inserisce in una tradizione molto più raffinata, che non si sviluppa soltanto a partire dal vissuto, sia emotivo che razionale, dell’uomo ma si appoggia principalmente sulla figura di YHWH, il liberatore. Costui illumina il dolore e la speranza che abitano ogni animo, dando loro un tratto  e  un  colore  nuovo.  Il  Dio  d’Israele  si  lega  al  suo  popolo  in  maniera  unilaterale,  con un’alleanza che, se non si attende di essere ‘ripagata’, nondimeno mira a educare a una reciprocità, a una consapevolezza di quanto si ha ricevuto gratuitamente. Ma questo può, tutt’al più, rendere migliore la vita terrena: la morte non viene scalfita nella sua durezza e ineluttabilità! Anzi, nei documenti biblici più antichi, sembra uguale per tutti la sorte dopo la conclusione del soggiorno sulla terra; ci si ritrova tutti in una condizione umbratile, oggetto di nessun desiderio da parte dell’uomo… Eppure, proprio in questo clima, vi è chi va purificando la sua immagine di Dio e non riesce a darsi pace: come e perché deve spezzarsi, interrompersi definitivamente una relazione coltivata con tanta passione e impegno, fatica e sudore, tra Dio e l’uomo? La morte è dunque più forte del braccio di YHWH? La speranza si ancora allora alla fedeltà del Signore, non è più soltanto l’ultimo appiglio per sfuggire ‘l’antica nemica’,…

Già nel Primo Testamento abbiamo dei racconti di personaggi che vengono riportati in vita grazie alla preghiera o all’azione di qualche illuminata figura. Allo stesso modo farà Gesù: Lazzaro (cfr. Gv 11,1-44), il figlio della vedova di Nain (cfr. Lc 7,11-17), la figlioletta di Giairo (cfr. Mc 5,21-43) sono beneficiari di una intensità d’amore che riesce a strapparli dagli artigli della morte e riprendono la loro esistenza terrena. Ma non è questa l’ultima e più radicale volontà di Gesù. Riallacciandosi al desiderio più antico e profondo del Padre suo (cfr. Gv 6,39), egli offre a tutti gli uomini non solo una continuazione oltre la morte della relazione con Dio ma una sua qualificazione, un rinnovamento e una pienezza di cui possiamo dire soltanto che è partecipazione alla stessa vita di Dio! La risurrezione – si deve inventare un nuovo termine per questa nuova condizione! – è l’infinita crescita nell’amore e nella condivisione, così che l’uomo viene reso ‘capace’ di donarsi come il Signore. La morte, allora, diviene il simbolo reale della dinamica che l’adesione all’amore comporta: morire per vivere a un più alto livello di oblazione. Ogni vera relazione di amore si nutre di questa ‘sintassi’, è il suo DNA: chiunque ama – e tutti abbiamo ricevuto e dato amore, dal momento  che nessuna situazione o  condizione ci  preclude dall’esercitare tale energia vitale – conosce la verità, l’autenticità di questa legge. Gesù è il primogenito di coloro che, affidandosi all’alleanza stretta da Dio con ognuno, sperimenta un amore più forte della morte e si ritrova seduto alla sua destra, a condividere la sua pienezza di vita.

E i nostri morti? In che condizione sono? La fede cristiana, basandosi sulla stessa parola di Gesù, parla di un «ultimo giorno» (v. 40), di un termine della storia che segnerà il compimento del desiderio di Dio e svelerà la dimensione cosmica dell’amore: Dio sarà tutto in tutti, il suo amore ci abiterà perennemente, in una crescita infinita, nella gioia e nella festa. Ora, chi ha già incontrato il mistero della morte, va fin da ora accrescendo la sua capacità oblativa e noi possiamo collaborare a tale  sviluppo  mediante  la  preghiera  (così  come  i  santi  intercedono  per  il  nostro  cammino!). Sentiamoci dunque uniti nella speranza di un compimento – per tutti – nell’amore del Signore! Egli tutti ci attende nella casa del Padre.

Fonte: Monastero Dumenza

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Gv 6, 37-40
Dal Vangelo secondo  Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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