Commento al Vangelo di domenica 19 novembre 2017 – ElleDiCi

PER ANNUNCIARE LA PAROLA

RESPONSABILITÀ: QUINDI, IMPEGNO!

«Il giorno del Signore»

Nella 2a lettura Paolo parla ai Tessalonicesi del «giorno del Signore», cioè della venuta di lui alla fine del mondo. Il versetto di preparazione al Vangelo ce lo richiama con la racco-mandazione di Gesù: «Vegliate e state pronti, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà». Lo stesso motivo è presente nella parabola dei talenti: un uomo è partito per un lungo viaggio e ora è ritornato; ed è il motivo dominante in tutto questo capitolo del Vangelo di Matteo.

S. Giovanni Crisostomo incomincia la sua omelia sul testo di s. Paolo osservando che è propria della natura umana la curiosità di sapere, di capire le cose difficili e oscure. Così fanno i bambini che a ogni momento domandano ai genitori o ai maestri: perché questo e perché quello? Ma qui c’è un problema che ci interessa, è sapere quando sarà la fine del mondo; già gli apostoli interrogavano il Signore in proposito (forse oggi questo problema interessa pochi, presi come siamo dai problemi immediati d’ogni giorno; semmai sono gli scienziati a interrogarsi sulla sorte dell’universo). Comunque, soggiunge il predicatore, qui Paolo afferma che non vale la pena di porsi questa domanda: «Mettiamo che la fine del mondo sia dopo vent’anni, dopo trenta, dopo cento: che interesse ha questo per noi? Non è vero che per ciascuno la fine della vita è vicina?… Se ti preparerai bene a questa fine, da quell’altra non ti capiterà nulla di male».

«Vegliate e state pronti »

E come prepararsi bene? Facendo quello che ci dice Gesù: «Vegliate e state pronti». La fi-ne del mondo verrà, non sappiamo quando. La fine di questa vita, per ciascuno di noi, ver-rà. Anche questa non sappiamo quando, ma non può essere tanto lontana. Anche se cresce in media la longevità (dei medici affermano che questa crescita segna ora una battuta d’arresto), si tratta di qualche anno di più o di meno. «Come un ladro di notte», dice il Signore. Riferite alla sorte di ciascuno, queste parole ci fanno spontaneamente pensare alle morti improvvise, così frequenti qualunque ne sia la causa.

È logico, per chi crede alla vita che ci attende dopo la morte – e il cristiano non può non crederci fermamente se accetta la parola di Dio – tenersi pronto. E come? Una risposta semplice ed essenziale la dà il salmo: «Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie». Temere il Signore vuol dire credere in lui, riconoscerlo come colui dal quale tutto abbiamo e al quale tutto dobbiamo, guardarci bene dall’offenderlo, abbandonarci a lui con piena fiducia. Vuol dire «camminare nelle sue vie», cioè prendere come norma di tutta la nostra vita i suoi comandamenti, che si riassumono nell’amore di Dio e del prossimo. «Così sarà benedetto l’uomo che teme il Signore».

Trafficare i talenti

Non si tratta solo di non fare il male. Un altro salmo ci ammonisce: «Sta’ lontano dal male e fa’ il bene» (Sal 33,15; 36,27). La 1a lettura ci presenta «una donna perfetta». Una donna di casa attiva, energica, previdente, benefica. Il salmo responsoriale dichiara beato l’uomo che vive del lavoro delle sue mani provvedendo alle necessità della famiglia. Nella parabola evangelica il padrone elogia e premia i due servi che hanno raddoppiato il capitale loro affidato alla sua partenza, rimprovera e punisce severamente il servo fannullone. Non ha fatto nulla di male, ma non ha fatto ciò che il padrone s’aspettava da lui; bastava che mettesse alla banca il talento per ricavarne l’interesse. I Padri della Chiesa commentano volentieri questa parabola; del resto il suo significato è trasparente.
Secondo s. Gregorio Magno somigliano al servo pigro coloro che se ne stanno tranquilli nella loro mediocrità e non s’impegnano per far meglio, e questo è già un peccato. Nessuno, afferma questo grande papa, può giustificare la sua pigrizia dicendo di non aver ricevuto nemmeno un talento e che quindi non ha da renderne conto. Talento è l’intelligenza, di cui uno deve servirsi per il ministero della predicazione. Talento sono le ricchezze, che debbono essere condivise con gli altri. Talento è la professione, che assicura il necessario per la vita. Talento sono gli eventuali rapporti con persone ricche e influenti, di cui uno deve profittare per l’aiuto ai bisognosi. «Il giudice quando verrà esigerà da ciascuno di noi in proporzione di quanto ha dato. Pertanto, se uno vuole presentarsi con tranquillità al rendiconto quando il Signore ritornerà, rifletta ogni giorno con timore su ciò che ha ricevuto».
S. Giovanni Crisostomo vede indicate nei talenti tutte le cose di cui disponiamo, si tratti di potere, di denaro, di cultura, o di qualsiasi altra cosa. «Pertanto nessuno dica: “Ho un talento solo e non posso far niente”. Anche con uno solo puoi comportarti con onore». Prima aveva osservato che è condannato non solo il delinquente, ma anche chi tralascia di fare il bene: di qui il dovere di impegnarci attivamente mettendo tutto quello che abbiamo a servizio del prossimo.

Su questa parabola rifletteva s. Agostino, che, verso il termine della sua vita operosissima, l’applicava a se stesso e ai vescovi presenti: «Bisogna dispensare ciò che si è ricevuto; tutta la colpa di quel servo che fu riprovato e subì una grave condanna consisteva nel non aver voluto dispensare, limitandosi a conservare ciò che aveva ricevuto». Poi estende l’ap-plicazione a tutti i fedeli: «Non potete dispensare da questo luogo superiore [l’ambone da cui parla], ma lo potete fare dovunque vi troviate». In casa possono fare le veci del vesco-vo occupandosi a dovere dei propri familiari.

Anche s. Gregorio Magno, spiegando questa parabola in un anniversario della sua ordi-nazione, la applica in particolare ai pastori della Chiesa, «perché abbiamo ricevuto doni più grandi dal Creatore del mondo». Ma le sue considerazioni valgono per tutti. «Quando infatti aumentano i doni, diventa più grande l’obbligo di renderne conto. Pertanto ognuno deve, per il dono ricevuto, essere tanto più umile e disponibile al servizio, quanto più sa d’essere obbligato a renderne conto».

La nostra epoca è caratterizzata da una diffusa e decisa rivendicazione di diritti: del Terzo mondo, delle donne, dei lavoratori, degli studenti, degli handicappati, ecc. E se sono diritti è ben giusto rivendicarli e la società ha il dovere di riconoscerli. Ma l’esercizio di un diritto comporta l’assunzione di una responsabilità, da parte di tutti e di ciascuno, a tutti i livelli. È quello che c’insegna la parabola dei talenti.

Preghiamo con la Chiesa: «Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura» (colletta).

 Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 25, 14-30
Dal Vangelo secondo  Matteo

14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. 15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. 22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. 24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 19 – 25 Novembre 2017
  • Tempo Ordinario XXXIII
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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