Padre Alberto Maggi commenta il Vangelo di domenica prossima, 19 novembre 2017.
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SEI STATO FEDELE NEL POCO, PRENDI PARTE ALLA GIOIA DEL TUO PADRONE!
Con Gesù il rapporto con Dio, con il Padre, cambia. Non più servi del Signore, ma figli del Padre. Ma un’idea sbagliata di Dio può rovinare l’esistenza della persona e impedire il passaggio da servo a figlio.
Sentammo cosa ci scrive Matteo nel suo vangelo, capitolo 25, dal versetto 14 al 30. Gesù sta parlando del regno, del Regno dei Cieli. “Avverrà infatti come a un uomo che, partendo, chiamò i suoi servi …”, nel mondo orientale tu i dipendenti di un personaggio importante vengono chiamati servi anche se, come in questo caso, si tratta di funzionari di alto rango.
“… E consegnò loro i suoi beni.” Questo signore non lascia i suoi beni in custodia, ma li trasferisce. Il verbo “consegnare” utilizzato dall’evangelista, significa un “dare” senza poi riprendere. “A uno diede cinque talent”. Il talento era una misura di valore molto importante, un talento oscillava tra i 26 e i 36 Kg d’oro; un talento corrispondeva circa a 6.000 denari, cioè a 20 anni di salario di un operaio, quindi una fortuna.
Ebbene “a uno diede cinque talent, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno”, letteralmente “la forza”. Il signore, il padrone conosce i suoi funzionari e sa le loro capacità. “Colui che aveva ricevuto cinque talent subito andò a impiegarli”, e lo stesso fa quello che ne aveva ricevuto due. Il primo ne guadagna altri cinque, e l’altro ugualmente raddoppia, ne guadagna altri due, agiscono da signori, come se il talento fosse loro.
“Colui invece che aveva un solo talento…”, attenzione non è che con un solo talento riceva poco, ma ripeto un talento sono circa 30 Kg d’oro o 20 anni di paga di un operaio, quindi un’enorme fortuna, ma costui rimane servo, non si sente signore. “… andò a fare una buca nel terreno”. Seppellendo questo talento è come se seppellisse la propria vita, ma lo fa anche perché, secondo il diritto rabbinico, se uno seppelliva il denaro che gli era stato dato, in caso di furto, non era tenuto a restituirlo.
Quindi prende tutte le precauzioni, lui non crede nella generosità del suo padrone “e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi viene …” l’evangelista parla al presente, a rappresentare un’azione che continua nella comunità di Gesù, “e volle regolare i conti con loro”. Non viene per farsi restituire quello che lui aveva donato, ma vedere che cosa ne hanno fatto.
“Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talent e ne portò altri cinque, dicendo: ‘Signore, mi hai consegnato cinque talenti ecco, ne ho guadagnato altri cinque”. Ebbene a questo punto il signore, il padrone, non chiede indietro quello che lui aveva dato, ma gioisce ed esclama: “’Bene … “, e questa esclamazione assomiglia a quella del creatore nel libro del Genesi quando Dio, il creatore, ammira la sua opera, “’Servo buono e fedele – gli disse il suo padrone – sei stato fedele nel poco … “’, dice nel poco, ma si tratta di un’enormità, una fortuna immensa, 150 Kg d’oro, una fortuna straordinaria, e il padrone dice che era poco.
“’Ti darò potere su molto prendi parte alla gioia del tuo padrone”’. Lo invita a far parte di tutte le sue sostanze, di tuta la sua vita e lo fa passare dalla condizione di servo a quella di padrone, libero come lui. Ugualmente per quello che ne aveva ricevuto due. Invece è diversa la situazione per colui che aveva ricevuto un talento.
“Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e gli disse: ‘Signore, so… ‘”, lui ragiona in base a quello che sa, ma è una conoscenza sbagliata. “’… so che sei un uomo duro, che miete dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso’”, ma questa è un’immagine distorta che non viene giustificata dalla narrazione. Nella narrazione vediamo un padrone non generoso, ma follemente generoso, che non solo non vuole indietro l’enorme fortuna che ha lasciato ai suoi funzionari, ma addirittura li fa parte di tutto il suo patrimonio, di tuta la sua vita.
“’Ho avuto paura’”. Ecco qui dove vuole arrivare l’evangelista, un’immagine distorta di Dio, la paura di Dio può essere fatale per la persona, che ha paura di agire per timore del rimprovero, o di sbagliare. Dirà Giovanni nella prima lettera “Nell’amore non c’è timore. Chi teme non è perfetto nell’amore”.
“’Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento…’”, mentre gli altri se ne sono impossessati e hanno agito liberamente, costui è rimasto servo, e sottolinea “’… sotto terra: ecco ciò che è tuo’”. Non l’ha mai considerato proprio. Ed ecco la reazione del padrone. “Il padrone gli rispose: ‘Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato’”, omette la definizione “uomo duro”,”’ e raccolgo dove non ho sparso …’”, il padrone non è d’accordo con l’immagine che il servo ha di lui, è un’immagine distorta.
“’Avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse’”. La paura di sbagliare, nell’individuo, ha paralizzato la sua azione, la sua crescita. Ed ecco la sentenza. “’Toglietegli dunque il talento… ‘”, non ha saputo che farsene, era una fortuna e non l’ha saputa usare, anzi per lui questa fortuna che il signore gli aveva dato era diventata motivo di angoscia, di ansia e preoccupazione. Allora il signore gli dice “è inutile che la tieni, “’… e datelo a chi ha i dieci talenti’”.
Questo individuo non viene punito per aver fatto qualcosa di male, semplicemente non ha fatto nulla. Ed ecco la sentenza, “’. perché a chiunque ha…’”, questo verbo avere lo abbiamo già trovato nel vangelo di Matteo nella parabola dei quattro terreni, e indica produrre, colui che produce, “chiunque ha”, cioè chiunque produce e fa fruttare ciò che gli viene dato, “’… sarà nell’abbondanza ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha.’”
Chi produce amore riceve da parte del Padre una grande, maggiore capacità d’amare. Chi invece non ama, chi non dirige la propria vita per gli altri, questa sì atrofizza e rimane senza nulla. “’E il servo inutile …”, inutile perché non ha saputo che farsene di questa fortuna, “’… gettatelo fuori nelle tenebre’”. In realtà c’è già perché seppellendo il talento ha seppellito sé stesso, “’… là sarà pianto e stridore di denti’”.
“Pianto e stridore di denti” è un’espressione equivalente un po’ al nostro italiano “strapparsi i capelli”. È la disperazione per aver fallito la propria esistenza.
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Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 12 Novembre 2017 anche qui.
XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
- Colore liturgico: Verde
- Sap 6, 12-16; Sal.62; 1 Ts 4, 13-18; Mt 25, 1-13
Mt 25, 1-13
Dal Vangelo secondo Matteo
1Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 12 Novembre – 18 Novembre 2017
- Tempo Ordinario XXXII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 4
Fonte: LaSacraBibbia.net
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