Due versetti dei testi scritturistici proposti nella liturgia della Parola possono offrirci il filo conduttore della II domenica di Avvento: la parola profetica di Isaia, «nel deserto, preparate la via al Signore» (Is 40,3, versetto citato anche in Mc 1,2) e la testimonianza di Giovanni che «predicava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (Mc 1,5). La venuta del Signore, attesa nella vigilanza, richiede un cammino di conversione: tutto ciò che impedisce di accogliere prontamente la visita del Signore deve essere rimosso. Secondo l’immagine del profeta Isaia, la vita del credente deve esser simile a una strada spianata; ogni altura, che nell’uomo rivela la pretesa orgogliosa di contrapporsi a Dio, deve essere abbassata perché possa veramente «rivelarsi la gloria del Signore» e così «tutti gli uomini insieme la vedranno» (Is 40,5).
Nel profeta Isaia, questo grido accorato alla conversione, affidato a una voce che annuncia il ritorno del Signore nel suo tempio, è un evangelo, una lieta notizia, una parola di consolazione che deve raggiungere il cuore di Gerusalemme, come parola penetrante e amorosa. È la consolazione che sgorga da uno sguardo di speranza: la gloria di Dio è ancora in mezzo al suo popolo, nel tempio. Questo ritorno atteso con sofferenza e speranza è un ritorno che richiede la consapevolezza di rimettersi in cammino con il proprio Dio, quasi un riprendere simbolicamente la strada dell’esodo. La parola di consolazione che il profeta rivolge al suo popolo, termina con una immagine stupenda nella quale il volto di misericordia e di tenerezza di Dio diventa il messaggio centrale di questa parola di consolazione: «Come un pastore egli fa pascolare il suo gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,11).
Anche nel racconto di Marco, dominato dalla figura del testimone, del messaggero che cammina davanti al Signore (cfr. Mal 3,1 e Es 23,20) e che diventa così volto e voce di colui che grida nel deserto (Mc 1,3), risuona la forza della consolazione e della gioia. Infatti Marco inizia il suo racconto con queste parola: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (v. 1). Non è un semplice titolo apposto alla narrazione che l’evangelista sta per iniziare, ma è il contenuto di tutto ciò che deve essere raccontato e soprattutto proclamato. Tutto è euangelion, annuncio pieno di gioia e di speranza; in esso è contenuta tutta la novità di una promessa che sta per compiersi. E questo evangelo che inizia e sta per compiersi è un volto: Gesù, la sua storia, la sua parola. Tutto il racconto di Marco sarà una progressiva rivelazione di questo volto di gioia. Ma per capire la novità di questo annuncio è sempre necessario ricondurlo alla sua origine, coglierlo nel suo momento iniziale. Questo è il senso delle prime parole della narrazione di Marco. Ciò significa che non bisogna mai perdere di vista che il centro, l’origine e il fondamento è Gesù Cristo, Figlio di Dio, l’evangelo: è il suo racconto che la Chiesa deve continuamente meditare (non solo per capire Gesù, ma per capire se stessa) e su di esso deve perennemente modellarsi l’esistenza di ogni cristiano. Il vangelo è di Gesù, anzi è Gesù stesso. Solo se siamo consapevoli di questa relazione, esso rimane annuncio pieno di gioia, di speranza, di perdono e di liberazione.
Ma l’evangelo che è Gesù ha bisogno di una voce per essere proclamato e di un cuore libero per essere accolto. E Marco ci pone subito di fronte alla figura del testimone. Certamente Giovanni il Battista, con il suo stile di vita essenziale, con la sua carica profetica, con la sua insistenza sulla conversione, sembra contrastare con la gioia dell’annuncio che è chiamato a gridare. Ma sta proprio qui il segreto di chi accoglie veramente la lieta notizia. Essa può abitare solo in un cuore libero e umile, dimorare in una vita che radicalmente e, a volte, a costo di grandi sofferenze, fa spazio al Signore. E questo è Giovanni e la sua testimonianza. Giovanni, guardando a Gesù, dice: «io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali» (Mc 1,7). Come profeta, il Battista è solamente «voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore» (v. 3). Giovanni accetta di essere voce, di esser discepolo, di essere amico dello sposo. Accetta che la sua vita sia un cammino verso e non una meta. Accetta che la sua vita sia orientata, cioè abbia un punto di riferimento (una origine, un inizio) in cui scoprire il senso di tutto ciò che fa. Da Giovanni possiamo imparare uno stile di vita e di testimonianza. Prima di predicare la conversione e invitare a preparare la strada al Signore, Giovanni ha reso la sua stessa vita uno deserto libero e spianato, perché la gloria del Signore possa manifestarsi. La vita del Battista è una vita che sempre di più ha fatto spazio al Signore e che lascia a Lui di raccogliere il frutto maturo. Giovanni accetta di essere voce di uno che grida nel deserto; non sa se qualcuno lo ascolterà, non sa se la sua parola diventa seme fecondo. Non pretende di apparire, di catturare la Parola. Si lascia invece catturare dalla parola di Dio e la lascia risuonare nella consapevolezza che questa parola ha la forza di raggiungere il cuore dell’uomo, al di là di quello che appare. Giovanni, per raggiungere una testimonianza così purificata tanto da conformarsi completamente alla parola proclamata, «doveva essere un uomo che aveva rinunciato a ogni forma di egoismo, di accaparramento, a tutto ciò che era piacevolmente gratificante» (A. Bloom). Ecco perché, nel racconto di Marco, dopo aver conferito il battesimo a Gesù, Giovanni scompare. «Giovanni è l’uomo del deserto; dopo di lui viene l’uomo della Terra promessa» (B. Standaert).
Nel modo con cui Marco inizia il suo racconto, nei tratti con cui descrive la figura di Giovanni, ci è comunicato uno stile di annuncio e uno stile di vita. La comunità cristiana — e ciascuno in essa — è chiamata a conformarsi a questo stile: è una profonda conversione attraverso la quale si prepara la via del Signore. È un cammino di esodo non sempre facile perché vuol dire fare spazio, nella propria esistenza, all’evangelo, alla lieta notizia che è Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Fonte: Monastero Dumenza
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II Domenica di Avvento – Anno B
- Colore liturgico: Viola
- Is 40, 1-5.9-11;
- Sal.84;
- 2 Pt 3, 8-14;
- Mc 1, 1-8.
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Mc 1, 1-8
Dal Vangelo secondo Marco
1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. 2Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. 3Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, 4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 10-16 Dicembre 2017
- Tempo di Avvento II
- Colore Viola
- Lezionario: Ciclo B
- Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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