Commento al Vangelo di venerdì 25 Dicembre 2020 – p. Ermes Ronchi

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Il grande miracolo di Natale per me è questo: Dio che aveva plasmato Adamo con la polvere del suolo, si fa lui stesso polvere di questo suolo. Il vasaio che plasmava Adamo con l’argilla si fa argilla, piccolo vaso fragile e bellissimo. Il creatore si fa creatura.

La nostra umanità è un fiume che porta tutto, fango e pagliuzze d’oro. Ma in fondo dev’essere una cosa splendida la vita umana, se Dio la vuole per sé.

Dio si è fatto carne. Guardo il Bambino, lo vedo che cerca il seno della Madre e penso: il Verbo si è fatto fame.

Non sono gli angeli ma una ragazza inesperta e generosa a occuparsi di Lui: il Verbo si è fatto bisognoso di tutto.

Penso agli abbracci che poi Gesù ha dato e ricevuto, da bambini e amici e donne con il profumo, e dico: il Verbo si è fatto carezza.

Penso al pianto di Gesù davanti alla tomba dell’amico e a Gerusalemme e dico: il Verbo si è fatto lacrime.

Ricordo quel petalo di fango che Gesù mette sugli occhi del cieco nato e dico: il Verbo si è fatto polvere, mano e saliva e occhi nuovi.

E la Croce: il Verbo si è fatto agnello, in cui grida il dolore di tutti.

E con me che piango, anche Lui imparerà a piangere; e se tu devi morire, anche Lui conoscerà la morte.

E Dio si fece carne. E io avrei detto: e Dio si fece Gesù di Nazaret, il figlio di Maria, e mi sarebbe bastato. E se ci fosse scritto: Dio si fece uomo, ogni uomo, ancora di più mi sarebbe bastato.

Invece è scritto: Dio è diventato carne, carne universale, sotto ogni cielo e sotto ogni tempo, carne innumerevole e fragile, irruente e torbida, che porta perle e tronchi morti, polvere intrecciata al fiato di Dio.

Voglio dire una cosa: ci siamo radunati qui per celebrare la terra.

No, per celebrare il cielo, voi mi correggerete.

È vero, ma il cielo lo celebrano tutte le religioni.

Siamo qui per celebrare la terra. Perché qui sta l’inedito del Natale, lo specifico cristiano. Che il figlio di Dio ha piantato la sua tenda sulla terra.

Siamo qui per celebrare l’uomo.

No, per celebrare Dio, correggerebbe qualcuno.

È vero ma Dio lo celebrano tutte le religioni.

Noi invece celebriamo un Dio che si è fatto carne, cioè uomo.

C’è tanto nero nel nostro accampamento, lo so, eppure se Lui ha voluto nascere in una stalla non si scandalizzerà di me, di quel tanto di sporco che troverà in noi.

Abiterà le mie miserie, le abiterà come primavera che inizia ad abitare l’inverno, come luce che inizia ad occupare la notte.

La grande ruota della storia, per un attimo, si è bloccata e poi ha preso a girare all’incontrario… Come una macina da mulino, la storia aveva sempre macinato nella stessa direzione:

dal piccolo verso il grande,

chi ha meno sottomesso a chi ha più,

il debole schiacciato dal forte,

chi sa tante parole che imbroglia chi ne sa poche.

Quella notte a Betlemme la grande ruota del mondo, per un attimo, alla nascita di Gesù si è bloccata. C’è stato un nuovo in principio e da lì qualcosa ha cominciato a girare all’incontrario e il senso della storia ha imboccato un’altra direzione: Dio verso l’uomo, il grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, dai palazzi verso una stalla, dal tempio a una grotta, i Re Magi verso un bambino. Il Signore ama racchiudere il grande nel piccolo, è la sua arte.

Il Presepio non è una favola che ci raccontiamo ogni anno, è la chiave di un mondo che non esiste ancora.

Non è il compleanno di Gesù, è l’avvio di un progetto. La storia appartiene alla bontà senza clamore, all’amore senza vanto, al servizio senza interesse.

Allora Natale non è zampogne, alberi, regali e panettone, è una festa drammatica, di capovolgimenti…

Tutti vogliono crescere, solo Dio vuole essere piccolo, vuole mettersi alla pari, ad altezza degli occhi e del cuore, e non fare paura, mai.

Se ti fa paura non è Dio.

Dio nella piccolezza: forza dirompente del Natale.

Dio nell’umiltà: il segreto del Natale

Vi annuncio una grande gioia che sarà per tutto il popolo: una gioia possibile a tutti, ma proprio tutti, anche per la persona più ferita e piena di difetti, non solo per i più bravi.

Dio venuto come un bacio, a portare non il perdono, ma molto di più; venuto a portare se stesso, luce nel buio, fiamma nel freddo, amore dentro l’indifferenza, lievito nella pasta, sale nella vita insapore, un fiore di calicantus nel gelo di questo dicembre.

La vita stessa di Dio in me. Sintesi ultima del Natale. Vertigine. “L’uomo è l’unico animale che ha Dio nel sangue” (G. Vannucci)

Pace in terra agli uomini che Dio ama. A tutti.

Tutti amati come siamo, tutti amati per quello che siamo. amati per sempre. Poveri, tutti, ma con una stella, un pezzetto di Dio in fondo al cuore. Per sempre.

Mio Dio, mio Dio bambino,
che nasci povero in ogni luogo povero,
povero come l’amore,
piccolo come un piccolo d’uomo,
umile come la paglia dove sei nato,
mio piccolo D
io che impari a vivere
questa nostra stessa vita,
che domandi attenzione e protezione,
che dici: abbi cura di me.
Mio Dio incapace di aggredire e di fare del male,
che vivi soltanto se sei amato,
insegnami che non c’è altro senso per noi,
non c’è altro destino che diventare come Te,
carne intrisa di cielo, sillaba di Dio,
come te che cingi per sempre in un abbraccio
ogni tua creatura malata e povera. Amen


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