Gesù dopo aver cenato, varca le mura della città per sostare in un luogo familiare ai piedi del monte degli Ulivi. Nel giardino preferisce lasciarsi trovare per offrirsi liberamente. Finisce il tempo del nascondimento per favorire la ricerca d’amore, culmine di ogni sequela.
La sproporzione nel descrivere la condizione in cui Gesù viene trovato, consegnandosi prontamente e senza gesti violenti rispetto a chi si presenta con un drappello di soldati romani e di guardie del tempio, sembra dimostrare che nell’oscurità della notte si voglia fronteggiare una pericolosa battaglia. Gesù affronta Giuda, in silenzio, evidenziandone l’incapacità di azione, perché prigioniero incosciente e passivo delle azioni di un altro.
Evita poi di coinvolgere i suoi discepoli, svincolandoli dalla sequela e mettendoli nella libertà di andarsene. L’indietreggiare dei soldati mostra la potenza divina nella persona del Figlio davanti al quale i nemici cadono inesorabilmente. Nel donarsi volontariamente al potere dell’uomo, Dio racconta il suo modo di “esserci”. Nella reazione di Pietro, Gesù dichiara che ciò che sta accadendo riguarda l’opera redentiva del Padre attraverso il Figlio. Accettando di bere il calice offertogli dal Padre, Gesù non può consentire a Pietro di agire contro il servo, di aggredirlo con la spada. La lotta contro il male dilagante nel mondo è un evento che implica scelte nell’agire di Gesù, nell’astenersi dal fare o nel credere di poter fare.
(A cura della Associazione italiana guide e scouts d’Europa cattolici)
La croce: la misura dell’amore.
Perfino gli olivi piangevano quella Notte,
e le pietre erano più pallide e immobili,
l’aria tremava tra ramo e ramo quella Notte.
E dicevi: «Padre, se è possibile…».
Così da questa ringhiera
quale reticolato da campo di concentramento,
iniziava la tua Notte.
Si è levata la più densa Notte sul mondo
tra questa e l’altra preghiera estrema:
«Perché, ma perché mio Dio…». Perché?
(D.M. Turoldo, La notte del Signore)