Commento al Vangelo di sabato 2 Giugno 2018 – Paolo Curtaz

Tremano, i giudici, impallidiscono, i capi, fremono di rabbia, i professionisti del sacro. L’unica loro forza consiste nell’autorità che è stata loro data. Non sui loro meriti o le loro capacità, non sulla loro coerenza si basa il rispetto delle persone, ma sul timore per la punizione, sulla paura della trasgressione.

Aggrediscono Gesù che torna a Gerusalemme, lividi di rabbia per la piazzata fatta al tempio, sfuriata apprezzata dal popolo che ha messo in evidenza gli oscuri interessi della famiglia del sommo sacerdote che lucra sulla vendita degli animali da olocausto. Con quale autorità compie quelle azioni, il Nazareno? Non è un levita, non ha studiato la Torah, non è neppure del gruppo odiato ma temuto dei perushim, i puri, i farisei.

Ma ha autorevolezza, le persone sono affascinate dalle sue parole, dalle cose che dice e che fa. Parla di Dio come se lo vedesse tutti i giorni faccia a faccia, non un gesto del suo comportamento è in distonia con le parole che dice e, sopra tutto, la misericordia spalanca il cuore delle persone che lo ascoltano. Chi ti ha dato la patente da profeta, Nazareno? Gesù risponde: e a Giovanni, chi l’aveva data?

Paolo Curtaz – qui il commento nel suo blog

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?».
Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo».
E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Mc 11,27-33

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