E’ lecito amare sempre?
“E’ lecito amare?”. Ovvero, quale trappola abbiamo escogitato per non amare, per non fare del bene? In quale casella delle nostre alchimie legalistiche abbiamo relegato la suocera, il marito, il collega, con l’unico scopo di silenziare la coscienza e auto-giustificarci, per non umiliarci, chiedere perdono e avere misericordia? Nel parallelo di Matteo la domanda di Gesù è più articolata: “E’ lecito di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?”. E’ evidente il paradosso: fare il male e togliere una vita non è mai lecito. Invece, è sempre lecito e doveroso amare. Eppure compiamo l’illecito senza curaci della Legge e del Sabato, anzi; ingannati dal demonio ci convinciamo che il male sia bene, e non amare sia “lecito”. E’ la stessa ipocrisia dei farisei che li condurrà a volere la morte di Gesù, a deciderla nel loro cuore, e proprio in giorno di sabato! Gesù parla oggi proprio al nostro cuore, laddove il suo amore vuol scendere per sanarci. Se lì dentro – e in giorno di sabato – siamo capaci e riteniamo lecito decidere di peccare, di uccidere con i giudizi, con le concupiscenze, con le passioni, come non potrebbe essere lecito amare, perdonare, sanare, salvare? Per questo le parole di Gesù possono oggi farci finalmente tacere, perché il silenzio apre le porte alla conversione. Solo quando ci renderemo conto di “non avere risposta” perché presi in flagrante, Gesù potrà prenderci per mano, guarirci e inviarci in missione nella vita. Proprio la domanda: “E’ lecito?” ci smaschera. Vediamo che cosa significhi per noi, seguendo il parallelo di Matteo che vi aggiunge l’esempio di Davide che si cibò dei pani dell’offerta riservati ai sacerdoti. “Era lecito?”. Secondo la Legge no, erano riservati al culto e a loro, che di essi vivevano. Come, ad esempio, non era lecito perdonare un’adultera, bisognava lapidarla e così “estirpare il male dal Popolo”. La domanda quindi è sottile e rivela se nel cuore alberga l’ipocrisia. Quel “è lecito” di Gesù è stato immerso nella sua misericordia, la madre della libertà. Per questo oggi per noi suona così: “è lecito” prendere su di sé il peccato di una moglie adultera? Magari non ci ha tradito con un amante, anche se la domanda varrebbe lo stesso, ma non ha avuto le attenzioni che ci aspettavamo, le camice sono tutte da stirare, non ha pagato le bollette e ora siamo andati in mora, mentre ha fatto l’ennesima spesa pazza, il sesto paio di scarpe: “é lecito” perdonarla, avere pazienza e accoglierla così com’è, con le sue ansie e nevrosi? “E’ lecito” comprenderla e giustificarla, pensando bene di lei, che è in un momento difficile, la malattia della madre, i bambini che non le danno tregua, e una stanchezza che sfiancherebbe un toro… “E’ lecito” essere liberi al punto di non difendersi e offrirsi completamente al prossimo? “E’ lecito” amare il peccatore, e dargli da mangiare ciò che non gli spetterebbe, il “pane” riservato al culto, ovvero il corpo di Cristo fatto carne in noi? Eh sì, perché ben prima della comunione sacramentale ai divorziati risposati il Signore ci chiama a “dare noi stessi da mangiare”… Stai offrendoti a chi non avrebbe diritto a nulla di te? I pastori, i catechisti, stanno annunciando che solo l’amore al nemico – che per la Legge era un assurdo – salva davvero i peccatori? E’ questo il cammino che stiamo presentando a chi ha divorziato e vorrebbe accostarsi ai sacramenti? Forse no, perché pensiamo che è impossibile perdonare un marito violento, che ha tradito andandosene con una ventenne e lasciando soli moglie e tre bambini. Impossibile all’uomo vecchio, ai “farisei” di ogni generazione.
Ma proprio l’annuncio sorprendente di Gesù mette a “tacere” il moralismo arido e senza amore di chi si difende con la Legge. Al centro della questione non è la comunione sacramentale; vi è piuttosto la fede, che sa rispondere alla domanda se “sia lecito” perdonare settanta volte sette e morire per amore di un nemico. Perché è questo il vero compimento della Legge! Ma perché si dia nei cristiani è necessario che siano iniziati alla fede: se non sono “presi per mano” dal Signore e accompagnati in un cammino dove possano sperimentare la “guarigione”, non saranno mai “congedati” per vivere da cristiani. Solo nell’iniziazione cristiana si diventa figli di Dio liberi dall’acqua stagnante che appesantisce il cuore di un “idropico spirituale” come tutti siamo, e che per questo è incapace di amare. E’ questo l’autentico percorso di penitenza auspicato da molti padri sinodali per i divorziati risposati. Ben prima della comunione sacramentale i peccatori hanno bisogno urgente dell’amore fatto carne nei cristiani. Esso è molto più che “lecito”, è un diritto! Solo così incontreranno Cristo vivo nella propria vita, e potranno aprirsi alla penitenza e alla conversione, e perdonare come si è stati perdonati. Perché il problema è nel cuore, dei farisei come dell’idropico. E’ lì che tutti abbiamo bisogno di essere “guariti”. Poi il Signore ispirerà soluzioni che non siano toppe su un vestito grezzo, ma vino nuovo in otri nuovi, perché Dio, nella sua Chiesa, fa nuove tutte le cose, e non esiste caso disperato che in Cristo non trovi “guarigione” e vita nuova. Si può cercare un coniuge che ci ha lasciati vent’anni prima e riconciliarcisi, eccome, perché Cristo è risuscitato, e nessun peccato ha più potere su di Lui! [ads2]Ci si può umiliare per amore nell’amore di Cristo, perdonare e chiedere perdono a chi ci ha fatto del male, facendo “lecito” quello che la “durezza dei cuori” ha reso illecito perché divenuto ormai impossibile. Ma se Cristo la rende possibile, allora ogni follia secondo il mondo è “lecita”, anche vivere come fratello e sorella nonostante anni di rapporti sessuali, se si tratta di “tirare fuori”, ovvero risuscitare, “un asino o un bue caduti nel pozzo” della morte. Nel Signore crocifisso è stato “lecita” la più grande ingiustizia, perché potessimo essere liberati, sciolti dalle catene dell’orgoglio per amare oltre la morte. Amando così, infatti, Gesù si è giocato la vita, perché ciascuno di noi, e ogni nostro matrimonio, fuori legge a causa dei peccati, fosse riaccolto dall’Autore della Legge che la fa possibile e la compie nel più debole degli uomini.
A cura di don Antonello Iapicca
Dal Vangelo secondo Luca 14,1-6
Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo. Davanti a lui stava un idropico.
Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: “È lecito o no curare di sabato?”. Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse: “Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?”. E non potevano rispondere nulla a queste parole.