Commento al Vangelo di oggi, mercoledì 30 settembre 2015

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Figli salvati e chiamati a seguire il Figlio sul cammino che salva e chiama ogni figlio perduto

Con il volto duro del Servo, Gesù cammina sulla strada che lo conduce alla tomba dove è precipitato il figlio prodigo. Non c’è tempo, deve tirarlo fuori da quella disperazione che può diventare, da un momento all’altro, dannazione eterna, esilio senza fine.

[ads2]Gesù, infatti, è il Figlio “adatto”, letteralmente “ben messo” per il Paradiso, inviato dal Padre a tutti quelli che, come il figlio minore della famosa parabola, hanno abbandonato la sua casa. Ingannati dalla menzogna del demonio che li ha fatti credere “ben messi” per altre dimore, non hanno ritenuto “adatto” a loro il Regno dei Cieli; ma hanno dovuto sperimentare di “non poter reclinare il capo” in nessun luogo: le “tane” dell’astuzia e della malizia umana e i “nidi” delle sicurezze pagane e dei criteri mondani si sono rivelate dimore inospitali, trasformandosi ben presto in tombe dove i “morti” che non hanno risposte per il male, il peccato e la morte, “seppelliscono i loro morti”, e quindi anche il figlio prodigo. Un pochino come accaduto a Pinocchio, finito nella pancia della balena… Ma il Padre non ha mai smesso di seguire quel suo figlio che si stava perdendo; la compassione irrefrenabile per ogni uomo che ha creato nella libertà e nella libertà si è allontanato, si è fatta carne nel Figlio Unigenito – cuore del suo cuore, occhi dei suoi occhi, mani delle sue mani, piedi dei suoi piedi – inviato a camminare sulle sue tracce per raggiungerlo con l’amore capace di farlo rientrare in se stesso. Per questo il brano del Vangelo di oggi descrive innanzitutto il cammino d’amore di Dio alla ricerca della pecora perduta, che ciascuno di noi, raggiunto e issato sulle sue spalle, è chiamato a percorrere con la Chiesa. Il discepolo, infatti, è Cristo stesso che, in ogni generazione, corre verso l’umanità schiava del peccato e della morte. Ascolta le parole del Vangelo e scoprirai di essere stato ed essere ogni giorno l’unica priorità di Gesù; per salvarti non ha ritenuto la sua natura divina, il suo essere Figlio di Dio, una preda gelosa da difendere, ma si è svuotato di tutto sino a reclinare il capo sulla stessa Croce dove, tuo malgrado, la storia ti ha inchiodato. Nel Getsemani ha preferito te a se stesso, il calice amaro dei tuoi peccati piuttosto che la coppa dolce dell’intimità con il Padre; si è lasciato seppellire nella tomba dove i falsi profeti a cui hai dato ascolto ti hanno tumulato.

La vita di Gesù è stata dunque il cammino deciso e senza compromessi dell’amore infinito del Padre per ogni figlio perduto e morto; l’amore deposto accanto a ciascuno di loro, a te e a me, per farci convertire, tornare cioè in quella parte di noi incorrotta dove la misericordia desta la nostalgia per l’unica casa per la quale siamo “adatti”. In questa luce comprendiamo allora come le tre persone che appaiono oggi accanto a Gesù lungo la strada, sono in fondo l’unico figlio raggiunto su quella via e salvato dalla morte. Ovvi allora l’entusiasmo e la gratitudine che generano il desiderio di seguire il Signore, di stare “appiccicati” a Lui che ci ha salvati. Ma questo desiderio ha bisogno di purificazione, come quello di Pietro che, sedotto da Gesù, si era detto pronto a morire con Lui. No fratelli, è Lui che ci chiama a seguirlo perché ogni giorno scende nella nostra realtà dove non abbiamo da mangiare neanche il cibo dei porci, seppelliti nelle tane fetide dei peccati dai maestri e dagli idoli “morti” di questo mondo. Seguire Gesù è, infatti, uscire ogni giorno dietro a Lui dal sepolcro, imparando a non guardare a noi stessi e al nostro passato, illudendoci di poter “congedarci” in modo soft da persone e cose. Il discepolo è l’uomo della Pasqua, non può che nutrirsi del pane della fretta, non ha luogo dove riposare; è attratto in un esodo che lo strappa alla schiavitù con un popolo che mostrerà al mondo il destino di libertà preparato per ogni uomo. Per questo si lascia alle spalle gli Egiziani, non ha tempo per guardarsi indietro come fece la moglie di Lot: con Cristo si risuscita e basta, senza guardare Sodoma che ci ha distrutto la vita; si resterebbe pietrificati in una statua di sale, a mezza strada tra sepolcro e resurrezione. Gesù ci ha raggiunti e, come Elia con Eliseo, ha steso il lembo del suo mantello di misericordia che ha dissolto le opere morte per rivestirci di se stesso. Anche oggi Gesù viene a liberarci, e proprio questo fa di noi i suoi discepoli: la nostra missione, infatti, è fondata sul suo amore gratuito, e si realizza seguendo il Signore sul cammino di conversione che ci riporta a casa. Questa via è, nello stesso tempo, quella che ci conduce a coloro ai quali siamo inviati, a casa, al lavoro, ovunque. La nostra conversione – ovvero il nostro seguire Gesù – fa dell’altro e della sua salvezza la nostra priorità, ci libera dalle sicurezze e dai ricorsi mondani, per reclinare con Lui il nostro capo sulla Croce che ci fa tutto a tutti, la croce di tuo figlio…, per annunciare la Buona Notizia del Regno di Dio preparato per ogni uomo.

A cura di don Antonello Iapicca

Dal Vangelo secondo Luca 9,57-62.

Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».
Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre».
Gesù replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa».
Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».