Gesù ha scelto te, la sua parte migliore, perché tu scelga Lui, la tua parte migliore
Maria, “disoccupata” e felice: agli occhi di Marta, spenti su «quelle di quaggiù», la “sorella” è immagine dello scandalo della Chiesa che cerca le «cose di lassù». Ascoltare invece di fare? È lo scandalo nostro, di ogni giorno. La sveglia al mattino ci trova già inquieti e pre-occupati: abbiamo dato il cuore alle «cose della terra» per “inciamparci” rovinosamente. Corriamo, riempiamo le agende di impegni, trasciniamo marito, moglie, figli e amici nella stessa girandola, per ritrovarci ogni giorno più esausti e infelici.
[ads2]Nulla si realizza perché nulla ci sazia. “Accogliamo” e “serviamo” Gesù, ma senza la gioia piena con la quale Zaccheo è sceso dall’albero per ospitare Gesù. Era un peccatore, non si aspettava l’auto-invito del Signore, le sue parole l’avevano spiazzato: “Oggi conviene che io entri a casa tua”. Le abbiamo sentite queste parole, oppure siamo ancora convinti di avere invitato noi il Signore? Ci siamo sentiti amati, oggi per esempio, senza alcun merito, per pura Grazia? Gesù aveva “scelto” quella casa, come una primizia. Il verbo usato da Luca nei riguardi di Maria che si è “scelta” la parte migliore, in tutto il Nuovo Testamento ha Dio e Gesù come soggetto. Solo qui ha un soggetto umano. Una donna, l’unica, tra tutti quelli che erano a contatto con Gesù, che lo ha scelto come in una liturgia nuziale. Era arrivato il suo diletto, lo sposo per il quale era nata. Qualcosa in fondo al suo cuore le stava dicendo che era Lui, e nessun altro. Come accade a due fidanzati, nel momento in cui, al di là dei difetti, delle differenze, anche e soprattutto al di là della passione, sentono come un sigillo nel cuore, la certezza che sono stati “scelti e messi da parte” da Dio l’uno per l’altro: “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga”. Maria si era sentita amata così da Gesù: un amore che l’aveva scelta prima di essere formata nel seno materno, prima di ogni peccato, e che ha continuato a guardarla sempre così: “Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia. Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo”. L’amore di Gesù desiderava lei, così come era. E quell’amore l’avrebbe riportata alla libertà e alla felicità per cui era venuta al mondo; entrando nella loro casa Gesù l’aveva trasformata nel Regno della Grazia: quella casa era divenuta come il Paradiso al quale anelava, dove non vi è nulla da preoccuparsi, perché Dio provvede a tutto per i suoi figli. La voce di Gesù aveva trasfigurato quelle stanze: “Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte”. Maria lo sapeva, era lei l’amata che Gesù era venuto a cercare. Nulla della sua storia gli era estraneo; la sua casa, i suoi giorni, d’un tratto erano un’altra cosa. Lo sguardo di Gesù aveva attirato il suo cuore, e ora anche lei vedeva tutto avvolto in una luce che schiariva ogni cosa. Per questo era ai suoi piedi, per donargli se stessa. Perfino i peccati, le debolezze, gli errori, le nevrosi, attirati in quell’amore erano balsamo e mirra, miele, vino e latte da offrire a Cristo. Dove e in chi trovare un amore così? Solo ora quella casa era davvero la sua casa, perché Gesù l’aveva scelta a sua dimora, trasformandola in una primizia del Paradiso perduto; vi abitava in un modo nuovo, sconosciuto alla carne obbligata a faticare e sudare per un pezzo di pane: stava sperimentando la Grazia, poteva riposare ai piedi dell’Amato, non doveva più preoccuparsi di nulla, c’era Lui, e Lui era tutto: “Le grandi acque”, infatti, “non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio”. Maria non sapeva perché l’aveva “scelta” tra tante, in fondo non le importava neppure. Aveva trovato l’Amato: il suo compimento era Lui, la pienezza di ogni istante, la “bellezza” e la “bontà” fatta carne e parola per fare “bella” e “buona” la sua vita. Non si trattava di mettere in fila affetti e occupazioni, e stabilire una gerarchia. Si trattava di lasciarsi amare, perché la “scelta” innamorata di Gesù giungesse sino a lei; bastava abbandonarsi, come un bimbo in braccio a sua madre. E’ l’unica cosa che ci chiede il Signore: sederci ai suoi piedi, come un discepolo, e ascoltarlo; lasciar fare a Lui, permettendogli di amarci come solo Lui sa. Chi lo incontra, infatti, come Maria non può più farne a meno, lo abbraccia e non lo lascia più. Ascoltato, non si smette più di stare seduti ai suoi piedi e porgere l’orecchio alle sue parole. Il suo amore è così grande, infinito, incomparabile, che si impone da sé, oltre ogni paragone. E’ fuori gara, perché è l’unico che ha vinto la morte, così grande da abbracciare ogni peccato e consumarlo nella misericordia. Chi lo ha sperimentato, ha toccato il Cielo: lo ha visto, ne ha gustato le primizie. Tutto il resto non ha più potere di rapire e soggiogare la mente e il cuore. Maria ha trovato in Gesù la sua vocazione, la sua vita originale: era stata “scelta”, anche se debole, povera, proprio perché era nulla agli occhi del mondo, ignobile e disprezzata. E da quel momento, ogni suo istante era perfetto: in ogni pensiero, parola e gesto, Gesù non desiderava altro che offrirle quello che Lui aveva già scelto. Perché per Gesù, la parte buona, la migliore, era proprio Maria, e nulla gliela avrebbe tolta: aveva dato la sua vita per lei.
Marta, invece, non aveva sperimentato ancora quell’amore. Era ancora sulla soglia, aspettava l’amato, ma non l’aveva riconosciuto. Era ancora convinta di averlo scelto lei. Come quando in un matrimonio si pensa di aver scelto l’altro perché innamorati di qualcosa, dello sguardo, degli occhi o del carattere. E così ci si infila nello stesso atteggiamento di Marta, finendo con il preoccuparsi di molte cose, per tralasciare l’unica necessaria. Se non è Cristo ad aver scelto per primo noi e il coniuge, noi e il fidanzato, noi e la comunità cristiana nella quale camminiamo nella fede, ci si spenderà nel tentativo di piacere all’altro per mantenere vivo il primo sentimento; uno sforzo impossibile, sfiancante, per apparire, per fare, per dare, per reggere l’urto con l’alterità che prima o poi appare. E allora sarà sempre giudizio ed esigenza, e un senso di ingiustizia che evapora ogni sentimento; non c’era amore, perché non ci si è sentiti amati e scelti gratuitamente. Era carne, erano “molti servizi” che “distoglievano” il cuore dall’essenziale, dalla verità e dall’autenticità. Erano pensieri e gesti destinati alla corruzione, relazioni che sono “tolte”, irrimediabilmente; come accadde a Marta che viveva ancora sulla terra, prigioniera del mondo, dove non esiste gratuità, ma duro lavoro, sforzi, ed esigenti contabilità affettive. Per lei non era “necessario” che Gesù entrasse a casa sua. Lo amava certo, ma nella carne, e per questo non si era accorta che, quando c’è Gesù, si è sempre suoi ospiti, perché ogni casa è la sua, ogni vita è la sua, ogni istante è il suo… Spesso pensiamo anche noi allo stesso modo: Gesù non è “l’unico necessario”, Lui è accanto alle nostre concupiscenze, e molto altro viene prima… Gli affetti ad esempio, le attenzioni e la stima. E, più di ogni altra, la giustizia nelle relazioni. Non a caso Marta e Maria sono “sorelle”: ci parlano delle nostre famiglie, dei matrimoni, dei fidanzamenti, delle amicizie. Ci parlano della Chiesa, la “donna” che “accoglie Cristo nella sua casa” ogni istante. E, come in quella di Marta e Maria, quante rivendicazioni nelle nostre case… Quante Marta si aggirano per sale e sacrestie delle nostre parrocchie.. Quanta malizia si nasconde dietro ai nostri “molti servizi” di madri e di padri, di preti e suore, maestri e catechisti… E quanta ipocrisia… Sempre a chiedere giustizia, frustrati e delusi: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?”. Lo crediamo insensibile alle nostre ragioni, indifferente alla nostra solitudine. Ma come, proprio la sorella, proprio la moglie, il marito, il parroco o il fratello, proprio chi dovrebbe essere al nostro fianco nel “servizio” ci lascia “soli”? E Gesù? Niente, non ci dà ragione, mai. Ma è proprio questo il suo amore immenso, con il quale purifica tutto quello che non è “necessario” per la salvezza, a noi e ai fratelli. Lo stesso con il quale ha amato Marta: non le ha reso la giustizia che cercava, neanche una parola di comprensione. Gesù, infatti, ama Marta e ciascuno di noi non come vorrebbe la nostra carne che esige la propria giustizia. Gesù ci ama mostrandoci Maria, nostra “sorella”, proprio quella che disprezziamo e giudichiamo. Anche lei, come noi, è figlia della stesso padre e della stessa madre. Anche lei è stata creata da Dio e rigenerata nella Chiesa. E’, infatti, l’immagine della parte di noi che abbiamo nascosto sotto i detriti dell’orgoglio. Maria ascolta perché è innamorata e disarmata. Nulla più la «preoccupa», le «cose della terra» trovano il suo cuore «occupato» dall’unico Ospite «buono e necessario» capace di saziare ogni desiderio. Era felice Maria, non aveva bisogno d’altro, aveva sperimentato che niente è “necessario”: neanche l’affetto, la stima, la salute o il denaro. Non sono “necessari” neanche la famiglia, i figli, o il ministero, perché passa la scena di questo mondo, e possiamo perdere tutto in un istante. Un ictus e tac, un prete non può più predicare, e un padre non può lavorare e parlare con i suoi figli o unirsi a sua moglie… Maria lo aveva capito e per questo stava dove era Gesù, e lo guardava come quando un ragazzo fissa estasiato gli occhi della sua amata, e ascolterebbe le sue parole per mesi. Amiamo così Cristo? Abbiamo conosciuto davvero il suo amore? Forse ancora no, forse speriamo ancora dalla terra il Cielo che non può darci. Forse ci deve essere ancora “tolto” quello che occupa il nostro cuore. Solo allora potremo accogliere lo Sposo che viene a casa nostra, nella gratitudine e nella gioia. Ma coraggio, oggi Gesù viene a destare Maria in noi, per accendere l’amore nel nostro cuore, l’unico che genera il servizio autentico, il compimento della volontà di Dio. Sì, perché servire Gesù è, essenzialmente, stare “seduti ai suoi piedi, e ascoltare la sua parola”. Questo è l’amore rivelato sul Sinai: se non si ascolta non si può obbedire, si è incapaci di compere la volontà del Padre, che è quella di donare noi stessi gratuitamente. Se non si ascolta si seguiranno solo i propri istinti. Per questo Gesù viene a casa nostra, nella Chiesa, la nostra comunità, e, illuminandoci con la sua Parola ci annuncia: “Marta, Marta – Paolo, Paolo, Lucia, Lucia – tu – sì proprio tu ed io -ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno”. Guarda che ti sto “togliendo” con amore quello che ti sta facendo male, che ti “agita” e ti “affanna”, impedendoti di amare. Chi non odia tutto ciò che usurpa il posto di Dio, infatti, non può essere mio discepolo, non può seguirmi per entrare con me al banchetto di nozze. Per questo non ti meravigliare se non riesci a parlare con tuo figlio, se tuo marito non riesce a capirti, se sul lavoro ti stanno umiliando, se non hai soldi, se sei malato, se hai lo sfratto. Hai messo il tuo cuore in tutti questi “servizi”, che hanno “pre-occupato” il mio posto. E ora vengo a riprendermelo, perché ti amo. Anche oggi, come quel giorno nel Tempio, Gesù purificherà i nostri cuori con la Croce. Chiediamogli allora di non resistere alla sua opera, e di “sederci” e “ascoltare” la Parola capace di farci liberi e di vincere ogni resistenza, schiudendo il nostro cuore perché accolga il suo amore.
A cura di don Antonello Iapicca
Dal Vangelo secondo Luca 10,38-42
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».