Solennità di Pentecoste – Anno C
Una comunicazione malata
Assistiamo sempre di più alla difficoltà di capirsi. È uno dei paradossi del nostro tempo: nonostante il moltiplicarsi degli strumenti di comunicazione, facciamo sempre più fatica a distinguere il vero dal falso. L’informazione ha stretto alleanza con il potere. La comunicazione è diventata violenta, e nel contempo senza argomenti. Si contrappongono gli slogan, ma non si discute. Abbiamo sempre più l’impressione di un mondo diviso, frammentato, persino all’interno della comunità cristiana. Molti restano in silenzio per timore, altri non vogliono compromettere la propria immagine, altri ancora pensano che non ne valga la pena. A ben guardare stiamo costruendo una nuova Babele, ciascuno è irrigidito nella sua posizione ed è convinto che la sua torre porterà sicuramente al cielo.
Abitare lo stesso luogo
Se rileggiamo questa situazione alla luce della Parola di Dio, potremmo concluderne che probabilmente non abitiamo più lo stesso luogo. Il testo degli Atti degli Apostoli inizia infatti proprio con questa annotazione: si trovavano tutti insieme nelle stesso luogo (At 2,1). I discepoli hanno rimesso insieme i pezzi della comunità, hanno ricostituito un ordine che rischiava di soccombere sotto il peso della frammentazione. Il gesto dei discepoli evoca l’azione creatrice di Dio, l’ordine attraverso il quale Dio ha dato forma al mondo. Si tratta proprio di quell’ordine che era andato in frantumi a causa della superbia dell’uomo a Babele, una superbia nascosta sotto apparenza di bene, perché ciascuno pensava di costruirsi la propria strada per arrivare a Dio. Babele significa infatti “porta di Dio”.
Divina è dunque quell’azione che mette insieme, raccoglie e non disperde. A Gerusalemme infatti ci sono persone che provengono da luoghi diversi, ma lì trovano accoglienza e comprensione. Non solo infatti sono accolti a Gerusalemme, ma lì si sentono anche capiti.
Ciascuno davanti a Dio
Sembra dunque che il motivo della nostra frammentazione, che diventa conflitto, stia proprio nel fatto che non abitiamo più lo stesso luogo. Gerusalemme è il posto dove possiamo stare davanti a Dio, è il luogo della sua presenza. Forse proprio questo oggi è venuto a mancare: non stiamo più davanti a Dio. È Lui il luogo in cui possiamo ritrovarci tutti insieme. Nel momento in cui viene meno la nostra presenza davanti a Lui, non riusciamo più a capirci neppure tra di noi. Quando più ciascuno entra nella relazione con Dio, tanto più ci capiremo tra noi.
Da un unico fuoco
La Pentecoste è infatti innanzitutto il tempo dell’Alleanza con Dio che si rinnova. E proprio per questo diventa possibilità di alleanza tra gli uomini. Quel vento che si abbatte impetuoso, come dice il testo degli Atti degli Apostoli, rievoca la voce di Dio nel tuono sul Sinai al tempo in cui Dio dona la legge a Israele e sancisce l’alleanza con il suo popolo. È da un unico fuoco che si generano le fiamme che portano calore e vita al mondo. La nostra comunicazione è diventata fredda e mortifera, perché non ci avviciniamo più all’unico fuoco. Ecco perché dobbiamo ritornare con forza a chiedere allo Spirito di piegare i nostri pensieri irrigiditi, di scaldare i nostri cuori ibernati, di raddrizzare i nostri giudizi sviati.
Fare spazio
L’amore tra il Padre e il Figlio, quell’amore che è lo Spirito, vuole certamente prendere dimora presso di noi. Ma troverà spazio? Se la nostra casa è riempita tutta dal nostro io, dalle nostre esigenze, dalle nostre ragioni, non c’è posto per questo ospite dolce dell’anima. Non è il Signore che non vuole venire nel nostro cuore, siamo noi che non gli permettiamo di entrare. Se pensiamo di sapere già tutto, non avremo bisogno di chiedere allo Spirito di ricordarci le parole che Gesù ci ha insegnato.
Leggersi dentro
- Il mio modo di comunicare crea conflitto o comunione?
- Sono disposto a lasciare spazio a Dio nella mia vita?