Sergio Mattarella, Giuseppe Conte e Giovanni Battista
Non esiste nessuna magia come quella delle parole. Loro compito è afferrare l’istante, acciuffare l’attimo: «Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola – scriveva E. Dickinson – A volte ne scrivo una, poi la guardo fino a quando non comincia a splendere». Un giorno, poi, quella parola si farà maiuscola: «La Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
Il trono scelto è proprio buffo – «In mezzo a noi» -: è uno di quei postacci dove chi vuol fare carriera si guarda bene di evitare. E’ tutto un mangia-mangia, un fuggi-fuggi verso il ribasso, un quartiere abitato da politicanti di tutte le specie che, se avessero per elettori dei cannibali, prometterebbero loro dei missionari a cena, come amava scherzare (lui non scherzava) H. Mencken.
La parola-maiuscola ai politicanti ride in faccia, pur rispettandone l’aurea magnifica che li attornia. Oggi, entrando in chiesa, sentiamo parole di cronaca: “Nell’anno terzo del mandato di presidente di Mattarella Sergio, mentre Conte Giuseppe è premier d’Italia (con due vicepremier aggiunti), Luca Zaia governatore del Veneto, sindaco del paese il signor con la fascia-tricolore addosso, «la parola di Dio venne su Giovanni».
Qualcuno, forse, riderà nel sentire pronunciare quest’insolita litania di politici: Iddio, invece, a quest’ansia politica da prestazione fa scorrere sotto i baffi la sua politica-della-strada. “Volete stare al governo? – dice loro – Tranquilli! Non sarò certo io a fare delle vostre teste una mattanza”. Loro governeranno; Lui, onesto cittadino, sarà rispettoso dei doveri che Gl’imporranno.
Nel frattempo, in attesa di salire Lui sul vero trono del potere, farà delle infiltrazioni alla storia: nel mezzo del bailamme di quaggiù, aprirà una piccola piazzola dove far poggiare il suo sogno di storia, del mondo, dell’uomo. Lancia Giovanni Battista, ultimo lanciafiamme prima della grande Fiamma. «Percorse tutta la regione del Giordano»: mica a gatto-miao andò per strade, vallate. Usò la parola, fece politica con la parola. La politica rottamatrice – «Dire che non mi occupo di politica, è come dire che non mi occupo della vita» (J. Renand) – stava per segnare l’inizio della repubblica della Parola.
Lo fece in mezzo a tutta quella cianfrusaglia di gente uscita ubriaca dalle urne: la sfida fu quella di riformare il mondo dal di-dentro. Evitò di guardare la storia dall’elicottero, preferì i tuguri, perlustrò sotto i tappeti, rovistò in cantina. Quando s’accenderà la luce, «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio». Giovanni è il capocantiere del cantiere più enorme della storia: «Preparate la via, raddrizzate i suoi sentieri». Burroni da riempire, monti da abbassare, strade da raddrizzare: cuori da rendere fertili.
E’ scontro frontale tra due partiti tra loro avversi, dunque in stato avversario. Tiberio-Ponzio-Erode hanno scritto sui manifesti: “Se sarò eletto…”. Giovanni e il Cristo optano per il vecchio leitmotiv, quello che ancora strega il cuore dei bambini: “C’era una volta un sogno”. Che adesso, alla faccia dei ministri di turno, sta per farsi lancinante realtà. I poveri saranno scontenti dei primi, quelli che stanno in alto. I potenti saranno scontenti dei secondi, il Cristo col Battista per mano.
Da che mondo è mondo non esistono governi popolari: governare è scontentare. Iddio, a differenza di Erode, lo sa. Parte, dunque, dal basso, dal fondo, dal deserto: è assai convinto che non sia possibile diventare generale d’armata se prima non si è stato un soldato semplice. Per saper comandare, è necessario imparare ad obbedire. Giovanni lo avverte sulla pelle, Cristo ha avvertito Giovanni: “Lasciati abitare dai sogni di Dio, non accettare di sognare sogni già sognati”. E’ usanza del Cielo organizzare la festa di fidanzamento nel deserto, corsia di emergenza: «Mi è sempre piaciuto il deserto – annota il buon Antoine de Saint-Exupéry -.
Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. Tuttavia qualcosa risplende nel silenzio». E’ domenica di grossi lavori-in-corso. Nella buvette del senato, Ponzio Pilato taglia già il panettone. Nel deserto, con l’acqua alla gola, Giovanni s’infila la giubba da lavoro.
Il Bambino, dietro la duna, spia. E’ in rampa di lancio.
don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
II DOMENICA DI AVVENTO – ANNO C
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 9 dicembre 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Viola
- Bar 5, 1-9; Sal.125; Fil 1, 4-6.8-11; Lc 3, 1-6
Lc 3, 1-6
Dal Vangelo secondo Luca
1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! 5Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. 6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
- 09 – 15 Dicembre 2018
- Tempo di Avvento II
- Colore Viola
- Lezionario: Ciclo C
- Anno: III
- Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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