«… non può essere mio discepolo!».
Si ripete, a ritmo forte e pesante, come se dovesse incidere su di noi qualcosa di incancellabile: È la frase che nel Vangelo della XXIII domenica si ripete per ben tre volte in otto versetti. E, ripetuta, risuona in noi non senza effetto.
Non so in voi, ma a me non lascia dormire sonni tranquilli.
La prima volta è preceduta da quel «se uno non viene a me e non mi ama più di padre, madre, moglie, figli…». La seconda volta è preceduta da: «chi non porta la croce e non viene dietro a me…». La terza, in conclusione del brano: «chi non rinuncia a tutti i suoi averi». È una sorta di escalation da brivido: si va dall’amare di più al rinunciare a tutto. E in mezzo, a effetto sandwich, il colpo di grazia.
Quale? Le due piccole parabole raccontate da Gesù che funzionano da «colpo di grazia» su tutto il resto. Perché? Perché ci dicono che quelle tre cose richieste dal Maestro, condizioni necessarie per essere suoi discepoli, non sono altro che mezzi necessari per «portare a termine» il cammino iniziato. Come a dire: non puoi volere essere discepolo di uno come Gesù di Nazaret e poi fare di testa sua, vivere secondo le tue idee, addomesticare la sua Parola, ignorare il suo comandamento.
Lui è chiaro, come sempre; a noi: prendere o lasciare.
Lui è dono totale, vita offerta, croce portata. E tutto questo con una buona dose di determinazione, pace interiore, apertura al mondo, prossimità, misericordia, gratuità. A noi è chiesto di andare dietro di lui, di imparare a stare al suo ritmo, anche quando questo richiede impegno e fatica.
E allora, che si fa? Prendere o lasciare?
Nel misurare però la nostra risposta non facciamo l’errore di puntare su noi stessi. I nostri «mezzi», «gli uomini che abbiamo a disposizione» non sono le nostre cose, ma è il suo amore. È lui a renderci capaci di rispondere al suo invito. Per cui fargli spazio significa imparare a seguirlo!
UNA PREGHIERA COME SOSTEGNO
Seguirti, Signore
«Vieni a me», «Vieni dietro di me»,
«Prendi la tua croce»:
frasi che si ripetono in noi
e scalfiscono la nostra indifferenza;
e scolpiscono i nostri mondi, lontani da te, Signore.
Insegnaci a seguirti, Dio della vita.
Insegnaci a venire dietro te,
percorrendo i tuoi sentieri.
Insegnaci a prendere la croce,
portandola con amore.
Insegnaci a imparare da te.
Amen.
Altre immagini di Sr. Mariangela, sul sito cantalavita.com
Letture della
XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Prima Lettura
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
Dal libro della Sapienza
Sap 9, 13-18
Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 89 (90)
R. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. R.
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca. R.
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! R.
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. R.
Seconda Lettura
Accoglilo non più come schiavo, ma come fratello carissimo.
Dalla lettera a Filèmone
Fm 9b-10.12-17
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.
Parola di Dio
Vangelo
Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14, 25-33
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Parola del Signore