”Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”.
Essere discepoli, coloro che seguono: in queste parole si gioca l’identità di chi desidera stare con Gesù. Quali le caratteristiche di chi segue Gesù? Quali le esigenze per essere coloro a lui rimangono legati? Gesù ha chiamato tutti in diversi modi a seguirlo e li ha invitati ad intraprendere la sua strada. Ha chiesto questo non solo per un certo tempo ma in modo continuo imparando dall’unico vero maestro.
Sorprende innanzitutto la pretesa di Gesù: pretende che altri lo seguano e seguano lui. Chiede una disponibilità senza riserve e aperta nelle diverse fasi della vita. Per questo seguire non è mai un dato scontato, un punto concluso della carriera, ma implica ogni giorno un ricominciare di nuovo.
Luca indica alcune caratteristiche del cammino di chi intende seguire Gesù.
La prima condizione è presentata in termini duri e ostici: se uno viene a me e non ‘odia’ suo padre, sua madre… Il termine ‘odiare’ contrasta con l’intero insegnamento di Gesù riguardo all’amare non solo i vicini e gli amici ma anche i nemici. Inoltre aveva chiaramente richiamato il dovere di curare i rapporti familiari prima e al di sopra di un culto separato dalla vita (Mt 15,3-6): inoltre aveva manifestato la denuncia contro coloro che nel fare un’offerta al tempio si ritenevano esonerati dall’onorare il padre e la madre e facendo così “annullavano la parola di Dio”. Gesù non chiede di ‘odiare’: l’uso di questo termine così forte proviene dall’assenza nelle lingue semitiche del modo di dire ‘amare di meno’: per esprimere un amore non totalizzante è quindi usato il verbo ‘odiare’.
Gesù chiede a chi lo segue di saper mettere al primo posto ciò che deve stare primo: così richiama alla presenza di Dio a cui riferire tutta la nostra vita a lui, invita a liberarsi anche da quell’idolatria e dal soffocamento che può provenire da legami che si pongono come esaustivi della vita. La sua pretesa è anche di seguire lui stesso oltre ogni altro affetto. Ogni legame e affetto può essere ricompreso nel divenire discepoli di Gesù, nel seguire il suo cammino di amore fino alla fine, di misericordia e di servizio.
C’è una seconda condizione ed è la scelta di andare dietro a lui ‘portando la croce’: la croce è sintesi e cuore dell’intero cammino di Gesù. Non perché strumento di tortura e di sofferenza, ma perché lì sulla croce Gesù ha detto che è possibile rimanere fedeli all’amore fino alla fine trasformando anche il momento della morte in un momento di essere per Dio e per gli altri. La croce è prima di tutto scelta di dono, non via di sofferenza. E’ scelta di condivisione e racchiude anche il riferimento al fallimento umano, della sofferenza e del dolore. Luca aggiunge una precisazione importante: “se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23; cfr Mt 10,38). Si riferisce al quotidiano, all’ordinario in cui si gioca gran parte della nostra esistenza: Seguire Gesù non è questione dei grandi momenti o delle scelte eroiche nella vita: questi possono forse esserci ma il cammino di sequela si attua nelle piccole cose, nelle vicende ordinarie, nelle scelte del quotidiano nella normalità che non fa notizia.
La terza condizione è indicata da due immagini, la torre da costruire e la guerra da preparare: sono immagini tratte dall’esperienza e funzionali al messaggio di fondo. Il comportamento di Gesù è in contrasto con logiche di grandi costruzioni (era piuttosto la politica di Erode quella di costruire grandi palazzi e città) e con la scelta di fare la guerra (ma egli conosceva bene la violenza che dilagava). L’esigenza di Gesù a seguirlo richiede capacità di scelte pensate, cioè discernimento, e coraggio e generosità nel partire. La sua via espone a fatica e opposizioni: richiede di soppesare bene ciò a cui si va incontro. E chiede anche una valutazione non superficiale delle proprie forze. Luca sottolinea come si tratti di un coinvolgimento di tutte le energie e dei beni: la rinuncia ai beni non è fine a se stessa ma è per farsi borse che non invecchiano, per scoprire come l’unica vera ricchezza è il regno di Dio.
Gesù propone di liberarsi da cose che appesantiscono e ingombrano non rendendo liberi, ma soprattutto propone di disfarsi di una mentalità di possesso e di superiorità. Seguirlo è esperienza di scoperta di un cammino che libera la vita per cammini di servizio.
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Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6, 1-5
Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
Parola del Signore
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia. Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.