Commento al Vangelo di domenica 8 Novembre 2020 – p. Ermes Ronchi

Qualcuno ci attende in fondo a ogni notte

Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 8 Novembre 2020.

Nessuno dei protagonisti della parabola fa una bella figura: lo sposo con il suo ritardo esagerato mette in crisi tutte le ragazze; le cinque stolte non hanno pensato a un po’ d’olio di riserva; le sagge si rifiutano di aiutare le compagne; il padrone chiude la porta di casa, cosa che non si faceva, perché tutto il paese partecipava alle nozze, entrava e usciva dalla casa in festa.

Eppure è bello questo racconto, mi piace l’affermazione che il Regno di Dio è simile a dieci ragazze che sfidano la notte, armate solo di un po’ di luce. Di quasi niente. Per andare incontro a qualcuno. Il Regno dei cieli, il mondo come Dio lo sogna, è simile a chi va incontro, è simile a dieci piccole luci nella notte, a gente coraggiosa che si mette per strada e osa sfidare il buio e il ritardo del sogno; e che ha l’attesa nel cuore, perché aspetta qualcuno, «uno sposo», un po’ d’amore dalla vita, lo splendore di un abbraccio in fondo alla notte.

Ci crede. Ma qui cominciano i problemi. Tutte si addormentarono, le stolte e le sagge. Perché la fatica del vivere, la fatica di bucare le notti, ci ha portato tutti a momenti di abbandono, a sonnolenza, forse a mollare. La parabola allora ci conforta: verrà sempre una voce a risvegliarci, Dio è un risvegliatore di vite.

Non importa se ti addormenti, se sei stanco, se l’attesa è lunga e la fede sembra appassire. Verrà una voce, verrà nel colmo della notte, proprio quando ti parrà di non farcela più, e allora «non temere, perché sarà Lui a varcare l’abisso» (D.M. Turoldo). Il punto di svolta del racconto non è la veglia mancata (si addormentano tutte, tutte ugualmente stanche) ma l’olio delle lampade che finisce.  […]

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LAMPADA AI MIEI PASSI

E’ bello questo racconto, è bello un Regno simile a dieci ragazze che sfidano la notte, armate solo di un po’ di luce, di quasi niente.
Dieci piccole luci nel buio, gente coraggiosa che si mette per strada e osa sfidare la notte e il ritardo del sogno; e che ha l’attesa nel cuore, perché aspetta qualcuno, un po’ d’amore dalla vita, lo splendore di un abbraccio in fondo alla nebbia.
Nel dettaglio cinque ragazze sono sagge, sono custodi di luce perché vedono lontano, vedono oltre; cinque sono stolte, hanno una vita vuota e superficiale, presto spenta.

E qui cominciano i problemi. Tutti i protagonisti fanno brutta figura: lo sposo con il suo ritardo esagerato che mette in crisi tutte le ragazze; le cinque stolte che non hanno pensato all’olio di riserva; le sagge che si rifiutano di condividere; e quello che chiude la porta della casa in festa, cosa che è contro l’usanza, perché tutto il paese partecipava all’evento delle nozze.
Gesù usa tutte le incongruenze possibili per provocare e rendere attento l’uditorio.

Il punto di svolta del racconto è un grido. Che rivela non tanto la mancata vigilanza (tutte si addormentano, sagge e stolte, tutte ugualmente stanche) ma lo spegnersi delle torce: “dateci un po’ del vostro olio perché le nostre lampade si spengono, perché senza luce non è vita”.

La risposta è lapidaria: no, perché non venga a mancare a tutte. Andate a comprarlo.
Tutto sembra oscurare l’atmosfera gioiosa della festa, ma il senso profondo di queste parole è un richiamo alla responsabilità: un altro non può amare al posto mio, essere buono o onesto al posto mio, desiderare Dio per me.
Se io non sono protagonista di me stesso, chi lo sarà?

Una parabola difficile che si chiude con un esito duro: “Non vi (ri)conosco!”, e non potrebbe essere diversamente, perché lui è luce, luce pura, e gli spenti non sa chi siano.
Parabola esigente e consolante.
Gesù non spiega che cosa sia l’olio delle lampade. Sappiamo però che ha a che fare con la luce e col fuoco: in fondo, è saper bruciare per qualcosa o per Qualcuno.
Saper bruciare per un’attesa.

L’alternativa centrale è tra vivere accesi o vivere spenti.
Tutte si addormentano, ed è la nostra storia: tutti ci siamo stancati, forse abbiamo mollato.
Dio non ci coglie in flagrante, è una voce che ci scuote, ogni volta, anche nel buio più fitto, per mille strade intricate e, nel momento più nero, qualcosa, ci ha risvegliato.

La nostra vera forza sta nella certezza che la voce di Dio verrà.
È in quella voce, che non mancherà; che riuscirà a ridestare da tutti gli sconforti; che mi rialza dicendo che di me non è stanca, che mi sostiene nella paura; che disegna un mondo colmo di incontri e di luci.
A me basterà avere un cuore in ascolto, ravvivarlo come una lampada e uscire correndo, incontro al suo abbraccio.

AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire PAGINA FACEBOOK

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