Commento al Vangelo di domenica 7 Novembre 2021 – Comunità Kairos

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L’episodio molto noto dell’obolo della vedova, si configura come una chiave di lettura del messaggio cristologico dell’evangelista Marco. Non a caso è collocato a conclusione delle controversie di Gesù nel tempio di Gerusalemme (Mc 11,27-12,40) e prima del discorso sulla distruzione del tempio (Mc. 13,1-2). Tutte le controversie sono illuminate dalla parabola dei vignaioli assassini del figlio del padrone, perché questo dà a Gesù l’occasione per ricordare agli scribi e ai sacerdoti le parole del salmista: “La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra d’angolo”. (Sal 118, 22).

Nella prima parte del brano, Gesù mette in guardia i discepoli sul comportamento ipocrita di alcuni scribi, coloro che studiavano e insegnavano alla gente la Parola di Dio. Per loro la religione si era trasformata in un principio di onore personale ed egoista. Infatti amavano circolare per le piazze con gli abiti da culto per distinguersi dagli altri e ricevere il saluto della gente, occupare i primi posti nelle sinagoghe e nei luoghi d’onore dei banchetti per essere serviti e riveriti (Lc 14,7), esibirsi in preghiere lunghe e pubbliche, perché desideravano lo sguardo degli uomini, non di Dio. Forti della loro autorità reputavano giusto approfittare delle vedove sfruttandole senza scrupoli, senza rispetto dell’espresso comandamento di Dio (Es 22,21-23; Is 1,17; 10,1-2) che invitava invece a prendersene cura. La critica di Gesù verso costoro è molto dura tanto da fargli esprimere un giudizio di condanna da parte di Dio e da ammonire i suoi discepoli e le folle a guardarsi da queste “persone religiose”.

Poi Gesù si ferma nell’atrio del tempio dove potevano accedere le donne e si siede in un cortile, detto del tesoro, in cui erano collocati tredici salvadanai a forma di tromba, che servivano a raccogliere libere offerte, oppure quelle destinate a determinati scopi, inclusa la manutenzione del tempio. Le persone si avvicinano e consegnano il loro denaro a un sacerdote incaricato, il quale dopo aver declamato a gran voce la quantità del denaro offerto e lo scopo, l’inserisce nell’apposito salvadanaio. Gesù osserva la scena, comprende e trae dalla concreta realtà lezioni di vita. Nota che ci sono alcuni che mettono grandi somme di denaro: sono i ricchi, quelli che senza grande fatica e senza privarsi di qualcosa di essenziale, possono mettere anche molto denaro nel tesoro del tempio, ottenendo consenso dalla folla presente che ne ammira la generosità. Il rito è invece umiliante per i più poveri, che offrono pochi spiccioli e sono indegni di considerazione. Fra questi si avvicina una povera vedova sulla quale si fissa lo sguardo di Gesù. Di lei l’evangelista non ci dice il nome. È una figura anonima, paradigma di tutte le vedove emarginate dalla società, vittime dei soprusi degli scribi (v. 40), malgrado la Legge le proteggesse.

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Anche lei fa la sua offerta: una cifra pressoché insignificante, due monetine da nulla. Eppure, agli occhi di Gesù, questa povera vedova, di cui nessuno si accorge, è il vero nuovo scriba che può insegnare ai discepoli la lezione più importante del vangelo. Essa, infatti, ha offerto tutto quello che aveva, tutta la sua vita. Il commento di Gesù è introdotto in modo solenne da un Amen, per indicare che le parole che seguono sono verità. E la verità è sconvolgente: la vedova sta dando tutto ciò che ha per un tempio destinato a essere distrutto, i cui rappresentanti “divorano le case delle vedove” (v. 12,40). Siamo di fronte all’assurdità di un dono inutile secondo la nostra logica umana.

Gesù invece ammira questa donna come colei che ha saputo scegliere il dono supremo. Quello stesso dono che Lui ha pienamente realizzato, assumendo la nostra condizione umana e venendo ad abitare in mezzo a noi.

La vedova dimostra la sua libertà nei confronti dei bisogni della vita terrena e il totale affidarsi a Dio: “Il Signore protegge i forestieri, sostenta l’orfano e la vedova” (Sal 146, 9), (Dt 10,18; Pr 15,25). Il suo dono è offerta della propria vita a Dio (Rm 12,1: “offrite i vostri corpi come sacrificio vivente”) ed espressione di amore di Dio con tutto il cuore, l’anima, le forze (Mc 12,30).

Cosa poteva dare di più? Gesù, indicando la vedova ai suoi discepoli, profetizza il suo dono d’amore fino alla morte nello scandalo della croce, una morte assurda da cui sorgerà la vita autentica per coloro che “guarderanno a colui che hanno trafitto” (Zc12,10).

Se quindi, a una prima lettura si può interpretare l’episodio della vedova come una lezione di morale cristiana sulla generosità, in realtà il racconto ci rinvia fortemente al senso della morte di Cristo, “pietra rigettata”, “fuori della vigna” (Mc.12,8) e alla sua resurrezione “pietra d’angolo” (Mc.12,10), nuovo tempio di una comunità nuova (Mc.12,1-12), perché “pur essendo di natura divina…spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2,6.7).

Gesù non trattiene nulla per sé, tutto dona per amore, ci invita sempre a imparare qual è la vera ricchezza che dà senso al vivere e al morire e ci apre le porte alla resurrezione “perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Lc 12,34). È necessaria una scelta radicale, definitiva e tipica del discepolo di Gesù: è Dio Padre il vero Bene, ciò che deve occupare tutto il cuore del cristiano, sull’esempio di Gesù stesso. Questa scelta esclusiva porta con sé l’abbandono fiducioso al suo amore e la possibilità di diventare davvero “ricchi”, perché figli di Dio ed eredi del suo Regno.

Commento a cura di Annalisa Comunità Kairos


Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay