Buon giorno ragazzi! Siamo alla V Domenica di Quaresima. Possiamo dire di essere quasi arrivati al termine dei 40 giorni che ci separano dalla Pasqua. Qualcuno di voi dirà: “Finalmente!”
È vero, la Quaresima è un tempo impegnativo e per questo molto prezioso perché siamo chiamati a fissare, a guardare e ad accogliere le ragioni della nostra fede.
I cristiani non sono dei creduloni, cioè persone che credono senza pensare, senza fare esperienza. I credenti in Gesù credono perché Ascoltano, perché Vedono, perché Toccano. Se ci pensate bene, la domenica a Messa noi facciamo questa esperienza di ascoltare, di vedere, di toccare il Signore e il suo amore per noi. Oggi la liturgia ci presenta delle letture davvero belle e importanti.
La prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, è un annuncio di speranza rivolto al popolo di Israele ormai da tempo schiavo a Babilonia. Il profeta, uomo in comunione con Dio, è capace di vedere e di annunciare la gioiosa novità che Dio sta preparando per il suo popolo.
Infatti, mentre Isaia pronuncia queste parole, il popolo è ancora schiavo, è prigioniero e deportato. Eppure il profeta, basandosi su fatti concreti del passato, come l’esodo dalla schiavitù dell’Egitto, annuncia ai suoi connazionali che presto ci sarà un altro esodo che condurrà il popolo alla libertà.
Tutto questo avverrà non con la forza e la strategia degli uomini, non con l’uso delle armi, ma solo e soltanto perché il Signore, il Dio di Israele, interverrà a liberare il suo popolo. E Lui, proprio Lui, sarà capace di aprire una strada nel deserto proprio come nel tempo passato aveva aperto una strada in mezzo al mare.
Che meraviglia! Questa bella notizia è anche per noi quando ci sentiamo tristi, preoccupati, quando vorremmo essere migliori e non ci riusciamo. Il Signore, che sa aprire le strade nel deserto e nel mare, aprirà una via di speranza e di libertà anche per noi. La stessa cosa ci viene mostrata nel brano del Vangelo: una donna adultera che viene presentata a Gesù da alcuni uomini esperti della legge di Dio.
Che cosa vuole dire il termine “adultero”? Ve lo voglio spiegare con un esempio semplice. La mamma, quanto va a fare la spesa, cerca di guardare bene le cose che compera perché siano buone, perché facciano bene. A volte sul mercato si trovano cibi adulterati, cioè cambiati. Apparentemente sembrano una cosa, in realtà sono un’altra perché gli ingredienti che li compongono sono adulterati, cioè non sono gli ingredienti giusti, quelli che possono far bene. Per esempio, a volte si trova la cioccolata fatta senza cacao…. Che cioccolata può essere?
Questa donna adultera aveva messo degli “ingredienti” sbagliati nel suo modo di amare.
Attenzione ragazzi… può capitare anche a noi con i nostri amici. Per esempio, cercarli solo quando ci fa comodo, essere amici di quel compagno solo perché ci passa dei compiti… insomma può capitare anche a noi di adulterare un po’ i nostri sentimenti.
Tutto questo si chiama peccato. Il termine peccato viene dal greco ed è una parola usata, pensate un po’, dagli arcieri. Quando un arciere sbaglia il bersaglio, si usa dire “peccato”. Se ci pensate lo usiamo anche noi in questo modo. Per esempio, se uno sbaglia a fare canestro, o a fare un goal, diciamo “peccato!”
Bene, questa cosa ci aiuta a capire davvero che cos’è il peccato nei confronti di Dio e dei fratelli. È mancare, sbagliare il bersaglio. Nella nostra vita facciamo dei propositi, ma poi certe volte succede che non ”facciamo canestro”, che “sbagliamo il bersaglio”, che non “segniamo in porta” insomma ci capita di peccare.
Così è capitato a questa giovane donna. Ma le persone che la portano davanti a Gesù perché la giudichi, la usano per il loro tornaconto. Infatti vogliono “tentare” il Maestro. Sì, avete proprio capito bene! L’evangelista usa questo termine perché gli scribi e i farisei vogliono trovare delle ragioni per mettere a morte Gesù.
Usano questa giovane donna come espediente, come oggetto per giustificare una condanna a morte già decisa nel loro cuore e per avallarla, affermando che Gesù è contro la legge di Dio.
Il Messia, però, non è contro la legge di Dio ma, prima delle regole, mette al centro la persona che ha un valore più grande della legge e delle regole. Gesù vive lo stesso atteggiamento che il Padre gli ha insegnato e trasmesso. È un progetto di amore e di misericordia tipico del Padre nostro che sta nei cieli. Gesù lo vive e lo realizza in pieno, al punto tale che osa dire: “Io e il padre siamo una cosa sola”.
Gesù non giustifica il peccato, non lo perdona. Perdona però il peccatore. Non lo condanna ma gli dona una nuova opportunità ancora prima di invitarlo a non peccare più. Cioè, non perdona la persona quando lei è pentita ma, proprio perché la perdona, le dona l’opportunità e la libertà di cambiare vita. Ecco che ritorna il tema della prima lettura: il tema della libertà. Anche qui si parla di esodo, esodo dal peccato, dal male che spesso “è accovacciato fuori della nostra vita”, e che purtroppo a volte ci capita di accogliere e di vivere nel quotidiano.
Per questo san Paolo, nella seconda lettura, ci porta la sua esperienza che potrebbe, se vogliamo, diventare anche la nostra.
Egli afferma che, quando ha incontrato Gesù, lo ha messo nel punto più alto della sua scala dei valori, cioè al primo posto. Tutto il resto è al secondo, al terzo, al quarto posto, perché con la passione di Gesù, con la sua morte e con la sua resurrezione ci dona un perdono liberante che ci aiuta a ricominciare e a ripercorrere le sue orme ogni volta che lo vogliamo.
Commento a cura di Piera Cori per il sito omelie.org