«Era così bello vedella che se moriva»
Le hanno scagliato l’indice addosso, una sorta di chiodi-martello manuale: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio». D’ora innanzi, pensano, sarà un’eccitazione dei sensi: tutti a ridere dei matti in piazza, purché non siano della loro razza. Oh-issa! Eccola: strattonata, scapigliata, disordinata, i vestiti rabberciati come meglio può. Per loro, picchiatori d’anime, quell’anima è non-donna, s’è tramutata nel suo peccato. È un peccato ambulante, un faldone giudiziario, carne che scotta: viziosa, profanatrice, ingrata. L’appetito è bestiale: vogliono che Cristo inauguri la sassaiola! Oppure che s’ingarbugli, una volta per tutte, nella sua matta mattità di voler graziare le anime: Mosè dice questo, «tu che ne dici?» La sfida è a colpi di fioretto, Lucifero ha mira in esubero, la rabbia è muta, cieca, sorda. Messo spalle al muro, Cristo s’arrovella nella fanciullezza che gli è propria: «Si chinò e si mise a scrivere col dito per terra». E, scrivendo, fa sì che tutti guardino cosa scrive. Cosicché Lui scrive quello che vuole che gli altri leggano. È lo sguardo-parlante di Cristo: “Mi parli con gli occhi – ha scritto una mano giovane su un muretto di Messina -, mi baci con lo sguardo”. Non ci cade Cristo: ai tranelli dei rabbini risponde coi gesti dei bambini. Con sguardi di pudore arroventato: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E torna a scrivere sulla rena, affidando al vento la trepidazione. Cos’ha scritto, gli occhi di una mistica l’hanno adocchiato: “Usuraio. Falso. Assassino. Figlio irriverente. Profanatore della legge. Ladro. Libidinoso. Usurpatore. Marito indegno. Padre inaffidabile. Sacrilego. Adultero” (M. Valtorta). Leggendo, la loro vita s’è stesa innanzi. S’erano scordati che, quando tu punti l’indice, il dito medio, quello anulare e il mignolo sono rivolti verso di te: tre dita – una sorta di Trinità manuale – contro un dito, una sorta di solitudine diabolica. Dio è un temerario.
«”An vedi – gridò il Riccetto – affogà!”. Nello specchio d’acqua quasi ferma del Tevere, sotto l’ultima arcata, una rondine sta per affogare: “È una rondine, vaffan…” disse Marcello. Il Riccetto guardò verso la rondine, senza dire niente si buttò in acqua e cominciò a nuotare verso di lei”. Salvatala, con la rondine tra le mani, li aspetta sulla riva: “E che l’hai sarvata a ffà – gli disse Marcello – era così bello vedella che se moriva”» (P. Pasolini, Ragazzi di vita). Il cerchio s’apre, la complicità si è frantumata, scappano tutti «cominciando dai più anziani». Non fugge via la donna: «Rimasero soltanto loro due: la miseria e la misericordia» scrisse quel gran genio di Agostino. “Donna, siamo soli. Guardami!” La chiama «Donna», ne rimette in auge la femminilità, raccatta la deficienza del peccato, la fonde con la virtù della grazia: «Nessuno, Signore!» Per salvare dai sassi quella rondine, non s’è vergognato di tacere, d’arrabattarsi sulla sabbia, di nuotare nel mare di quelle dita puntate a mo’ di pietre aguzze: «Neanch’io ti condanno, va’ e d’ora in poi non peccare più». Gli spettatori, da lontano, si leccano l’indice: «Se non ti lecchi le dita godi solo a metà» è la pubblicità delle Fonzies, la legge della Buona Notizia. Insoddisfatti e non-rimborsati gli accusatori: «E che l’hai sarvata a ffà? Era così bello vedella che se moriva». Soddisfatto, pienamente Dio, il suo Dio: «Dopo cinque minuti era là che rivolava tra le compagne, sopra il Tevere, e il Riccetto ormai non la distingueva più dalle altre». Pronta a salpare, altri voli.
Non le ha chiesto nulla: stava affogando nella pietraia, come la rondine nel Tevere. Ha giocato d’anticipo Lui: misericordia è usare come difesa l’attacco. Di lei nessuno saprà mai cosa n’è stato dopo quel soccorso: puoi anche ricordare dove hai incontrato Dio, ma non potrai mai immaginare dove Lui ti porterà dopo quell’incontro. S’è (ri)alzata: questo, a conti fatti, è ciò che conta. Se ricadrà, Lui si ritufferà. Provo un affetto smisurato per quella rondine che, forse, nemmeno quest’anno farà primavera. Ma continua a provarci, da sola, un’altra volta ancora.
don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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