“RIFULSE DI LUCE E MOSTRO’ LA SUA GLORIA”
TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE
Presso gli Orientali la festa della Trasfigurazione viene chiamata la Pasqua dell’estate. Perché anche qui, come nella Risurrezione, vediamo Gesù nello splendore della gloria. O meglio, lo videro i tre discepoli saliti sul Tabor. Videro la sua “ gloriosissima gloria”.
E cosa divenne splendente in quell’occasione? Divennero splendenti il volto e le vesti. Questo ci rimanda al giardino dell’Eden. Vi faccio una domanda: perché i nostri sciagurati progenitori, prima del peccato non si accorgevano di essere nudi e dopo sì? Ebbene era proprio perché prima del peccato erano rivestiti di una veste che poi persero col peccato .
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Creati ai bordi della Gloria
Adamo ed Eva – secondo una bellissima interpretazione dei primi santi Padri – erano stati creati ai bordi della gloria. Il paradiso terrestre confinava con la gloria celeste . Se non avessero peccato sarebbero entrati in Paradiso senza ritornare in polvere. Infatti, erano vestiti di un abito di gloria che li rivestiva di innocenza, di immunità da ogni male e di immortalità. Ed è per questo che non si accorgevano di essere nudi.
E infatti nella trasfigurazione di Gesù, furono proprio le vesti a rifulgere di luce, prefigurazione di quell’abito di gloria che l’umanità ha perso col peccato, ma che ritroverà nella visione beatifica. Condizione privilegiatissima di cui tutti serbiamo grande nostalgia: Chi non rimpiange l’innocenza perduta? Chi non vorrebbe ritrovare la candida veste battesimale? Chi non rimpiange il giardino dell’Eden in cui vediamo Adamo ed Eva vestiti di gloria e beati, mentre noi ora, siamo vestiti di guai e squinternati?
Abbiamo perso i vestiti nei quali eravamo stati creati e li dobbiamo riconquistare a gran fatica .
A cosa serve la nostra vita? A farci ritrovare i vestiti giusti, cioè a riconquistare il nostro essere “a immagine e somiglianza di Dio”. A DIVENTARE Dio per partecipazione.
Gesù, dunque, in quell’occasione rivelò la sua natura divina. Rivelare significa togliere il velo. Gesù aveva sempre velato la sua divinità con la sua umanità , ma qui solleva un po’ il velo. Dice san Tommaso che Gesù essendo Dio, avrebbe sempre dovuto essere visto così, se non fosse intervenuto un miracolo costante ad impedirlo (Compendio Somma teologica).
Luce creata e luce increata
Infatti, il mistero dell’unione ipostatica in Gesù, in parole povere, potrebbe essere spiegato così: la natura umana che è finita si unisce alla natura divina che è infinita, nella Persona del Figlio. E sussistono entrambe. È come se il lume di una candela potesse sussistere all’interno del sole. Ebbene in Gesù, l’unione della natura divina e di quella umana nella Persona del Verbo, sussisteva, senza che la prima annientasse la seconda. Ed è per miracolo che la natura umana poteva velare quella divina. È come se il lume della candela riuscisse a velare la luce del Sole. Nell’Incarnazione Gesù aveva velato la sua divinità, ma nella Trasfigurazione la rivelò.
“Allora rifulse di luce nel volto e nelle vesti e rese visibile lo splendore della luce divina nascosta sotto le sembianze della carne. Quella luce dunque è la luce della divinità, luce increata che Cristo trasfigurato rese visibile. Non si appropriò di una luce che prima non aveva, ma svelò ai suoi discepoli ciò che era e aprendo i loro occhi, li rese capaci di vedere quella luce divina”. (S. Giovanni Damasceno e S. Gregorio Palamas). Gesù ha voluto lasciar trasparire, come attraverso spiragli luminosissimi, la sua divina gloria. E i tre apostoli “videro l’invisibile e compresero l’incomprensibile”. E lo vedremo anche noi se vinceremo la battaglia per la vita eterna.
Quando le prove della vita, rendono faticoso il nostro pellegrinaggio terreno, sentiamo il bisogno di percepire questo straordinario destino di gloria che ci aspetta, per riprendere il cammino con più slancio e generosità. E avere tanti punti luce che illuminano la nostra via.
WILMA CHASSEUR – www.incamminocongesu.org