Commento al Vangelo di domenica 5 Aprile 2020 – p. Alessandro Cortesi op

‘Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia gli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso’

La figura del ‘servo di Jahwè’, a partire da un riferimento ad un’espeirenza singolare racchiude il riferimento alla vicenda dell’intero popolo d’Israele come popolo. Il servo è quindi figura che racchiude in sé la dimensione collettiva: non si pone di fronte alla violenza con una violenza opposta ma si affida a Dio, e confida che Dio sta dalla parte delle vittime e degli oppressi. E’ così messaggero che annuncia la pace (Is 52,7): a costo della sua vita, la sua esperienza è fonte di pace. Il suo agire nonviolento è testimonianza del suo affidarsi A Dio che sconfigge e rende vana la violenza stessa.

Le prime comunità cristiane hanno visto questa figura come modalità per esprimere la vicenda di Gesù. Gesù nella sua passione come giusto sofferente continua e attua l’esperienza dell’intero popolo d’Israele.

Nel racconto della passione secondo Matteo si possono cogliere sette tappe da leggere alla luce delle parole che iniziano il racconto: ‘Voi sapete che fra due giorni è pasqua e che il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso’ (Mt 26,2).

La Pasqua ebraica, evento di alleanza e rivelazione del Dio vicino, che ascolta il grido degli oppressi e scende a liberarli, è il contesto della narrazione ma anche la chiave di lettura. Matteo indica poi il tema della ‘consegna’. Gesù è tradito, consegnato: ma vi è una più profonda consegna da scorgere: Gesù si consegna al Padre e all’umanità: è il servo che giustificherà molti.

L’unzione di Betania, primo momento, è annuncio profetico della morte di Gesù. Seguono i preparativi e la cena pasquale, seconda scena: Gesù, tradito dai suoi (Mt 26,16.20), offre in libertà la sua vita: la sua vita è il ‘sangue dell’alleanza versato per tutti’ (Mt 26,28).

Il terzo momento è al Getsemani. In Gesù si delinea il profilo del giusto nella prova in rapporto con la sua comunità: ‘andò con loro… presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo… disse loro: … vegliate con me’ (Mt 26,26-38).

Segue la scena l’arresto: al centro è ancora Gesù che si rifiuta di percorrere la via della violenza che pure ha contagiato anche i discepoli (Mt 26,51-54).

Matteo presenta poi il processo giudaico (Mt 26,57-68) mentre Pietro vive il rinnegamento di Gesù (Mt 26,69-75): in questa sezione Gesù viene indicato con alcuni titoli che ne suggeriscono l’identità come messia: ‘d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio e venire sulle nubi dell’altissimo’ (Mt 26,64).

La sesta scena è il processo romano, davanti a Pilato. La folla di Gerusalemme è strumentalizzata, Pilato si lava le mani e la moglie di lui interviene (Mt 27,19) indicando Gesù come ‘giusto’. A conclusione del processo vi è un altro passaggio di consegna: Pilato ‘lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso’ (Mt 27,26)

Al vertice della narrazione sta la crocifissione: Gesù è inerme e condannato, e non salva se stesso: per questo subisce lo scherno: ‘ha salvato gli altri, non può salvare se stesso’ (Mt 27,42). Accetta la morte senza salvare se stesso: ora è lui che si consegna. Ma proprio il momento della morte è presentato come una rivelazione di Dio, una grandiosa teofania. Le immagini proprie dell’apocalisse stanno ad indicare che la sua morte segna e cambia la storia, coinvolge il cosmo e tutta l’umanità. C’è chi rifiuta Gesù, c’è chi si apre ad una nuova fede come il centurione pagano e si attua un moviemnto di liberazione e uscita per tutta l’umanità: i morti escono dai sepolcri. Il salmo 22 – le cui prime parole sono pronunciate da Gesù sulla croce – è la preghiera di un giusto sofferente che invoca Dio e a lui si abbandona lasciando a lui l’ultima parola. Sulla croce Gesù nel suo grido manifesta un volto di Dio che soffre insieme ed è vicino nella sofferenza. Dio a cui affidare la vita proprio perché com-patisce fino in fondo.

Il racconto si chiude con la sepoltura e con l’indicazione di due gruppi davanti al sepolcro: le donne che vigilano con amore (Mt 27,61) e le guardie che vigilano in modo diverso, a servizio dei poteri, politico e religioso, che hanno ucciso Gesù (Mt 27,64-65).

Matteo presenta Gesù come il giusto che affida la sua vita al Padre e la dona a tutti: è messia che compie le Scritture nel ‘fare la pasqua con i suoi’.

Alessandro Cortesi op

Fonte

p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia. Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

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