Commento al Vangelo di domenica 5 Aprile 2020– mons. Giuseppe Mani

Siamo arrivati alla fine della Quaresima, una quaresima che passerà alla nostra storia personale perché la Quaresima del coronavirus. Ci inoltriamo nella celebrazione della Pasqua del Signore con la celebrazione della domenica delle Palme. La liturgia di oggi presenta due aspetti: il primo l’accoglienza festosa di Gesù a Gerusalemme, il secondo ci introduce nella sua Passione agonia e morte.

Nella prima lettura ci viene presentato il Servo sofferente secondo il profeta Isaia, nella seconda il celebre inno di Paolo ai Filippesi canta l’abbassamento di Gesù fino alla morte e alla morte di Croce, nel Vangelo ascoltiamo la passione secondo Matteo. Questi due momenti sono inseparabili nella Scrittura come nella vita di Gesù e dei suoi discepoli.

Nell’ingresso trionfale in Gerusalemme Gesù è accolto da una grande folla e circondato dai suoi discepoli che assaporano il successo del loro Maestro. Oggi Gesù trionfa: “Benedetto Colui che viene nel nome del Signore”, ma né la folla né gli apostoli dubitano il corso che prenderanno gli eventi di al a pochi giorni. Gesù è il solo a vedere più lontano e gli si profilano dinanzi le immagini della sua Passione, annunciata ma mai presa sul serio. Non immaginano lontanamente che la folla che faceva festa avrebbe gridato “Crocifiggilo!”, o peggio ancora “Ha salvato gli altri, ora salvi se stesso. Se è il Messia che scenda dalla Croce!”. Si, Gesù trionfa ma il suo trionfo è nell’estrema impotenza. Una forza infinita in una debolezza infinita.
I discepoli resteranno completamente destabilizzati al punto da fuggire. Pietro divorato dalla paura davanti ad una donna che lo identifica come un seguace di Gesù. Non capiscono che superata la prima fase sarebbe seguita la seconda come Gesù spiegò ai discepoli di Emmaus: “Bisognava che il Cristo soffrisse per entrare nella sua gloria”(Lc 24,26).

C’è però un’altra dimensione inimmaginabile all’istante e che solo Gesù poteva supporre in qualche modo: al di la della morte il mattino di Pasqua.
Di questa gloria imprevedibile ma assolutamente certa il corteggio glorioso della domenica delle Palme ne è in qualche maniera la prefigurazione, la liturgia o il sacramento: contiene misteriosamente sotto segni concreti, che dobbiamo fare nostri, tutto ciò che deve avvenire per Gesù e per tutti coloro che intendono seguirlo. Nella nostra processione delle Palme, la vittoria finale è già annunciata, e assolutamente certa nella Pasqua di Gesù, a condizione che accettiamo di seguire Gesù, portando la Croce destinata ad ognuno di noi, imprevedibile all’istante ma perfettamente adatta alla nostra debolezza e alla forza ancora più grande della grazia che ci sarà accordata. Questa Croce, questa debolezza e questa forza che Gesù conosce meglio di noi per averci preceduto in tutto.

Con questo spirito entriamo nella settimana santa che si chiama anche settimana maggiore perché è quella in cui si compie la nostra redenzione e ci vengono impartite le lezioni fondamentali di vita.
Disponiamoci giorno per giorno ad accogliere le lezioni di vita che Gesù ci dona per viverle immediatamente in questo tempo di sofferenza e di prova in cui i media ci presentano ad ogni trasmissione le stazioni di questa immensa Via Crucis dell’umanità in cui, dopo Gesù ciascuno porta la propria Croce.

Un problema: noi che ancora non siamo stati visitati dal virus, come vivere durante la nostra segregazione?
Un giovane parroco di Bergamo parlandomi della situazione della sua parrocchia in cui ogni giorno vive tra malati e funerali mi diceva di sentirsi a disagio, lui e gli altri due giovani preti in piena salute tra tanta sofferenza e morte. E’ il problema di condividere la sofferenza, di aiutare a portare la Croce. Cosa fare? Non parlo di quelli che fanno festa, cantano, suonano le campane per esorcizzare la sofferenza e uscire dalla tristezza, mentre vediamo i camion militari che portano centinaia di salme ai forni crematori. Atteggiamenti che lasciano perplessi e offendono chi è nella prova. Gesù stesso ci indica il modo per condividere la sofferenza e partecipare cristianamente al dolore dei nostri fratelli conducendoci nel Getsemani . “Vegliate e pregate per non entrare in tentazione”. Gesù ci chiede di essere vigilanti, attenti e nel limite delle nostre necessità aiutare e pregare per loro perché “Se è possibile passi da noi questo calice”.

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