Eterno ritorno? No. Ritorno all’Eterno
La liturgia della Parola di questa IV Domenica di Quaresima, detta anche Laetare cioè della letizia, ci parla di ritorno. È una parola importante per un cristiano, strettamente unita ad un’altra: conversione. Ogni ritorno, per essere autentico, esige una purificazione, un cambiamento, il rinnovamento del cuore. Nella famosa parabola del figliol prodigo – più propriamente detta del Padre misericordioso – è esposta la situazione dell’umanità, ben rappresentata dai due fratelli. Si tratta di un’umanità lacerata: «Un uomo aveva due figli…», così inizia la parabola. A causa del peccato l’uomo si sente schiavo di un padrone, qualunque sia il modo di vivere la sua schiavitù, tanto nella ribellione quanto nella soggezione senza amore. Tutto diviene pretesa o calcolo, finché il ritorno dopo la ribellione del figlio minore svela da un lato che cosa c’è nel cuore del fratello maggiore, dall’altro il volto vero del “padrone”: egli in realtà è soltanto Padre, grande nell’amore. La sua misericordia guarisce le ferite profonde lasciate dalla ribellione. La sua tenerezza si esprime come invito alla festa e alla comunione, che non possono essere piene, finché tutti non vi partecipano. Tale pienezza ha come prezzo la passione e morte di Cristo.
In questa parabola, dunque, è adombrato il viaggio di ognuno di noi dalla lontananza causata dal peccato alla somiglianza creata dall’amore. Questo ritorno si fa percorrendo la via che il Padre stesso ha aperto dinanzi agli uomini: Gesù, il mediatore, l’eterno sacerdote. Egli si rivela «l’uomo per gli altri», una strada per tutti e tutti vi possono camminare. Su questa strada cammina il figlio prodigo, dopo aver preso la decisione di “alzarsi”. Il peccato, infatti, abbassa, umilia, toglie dignità. In questo figlio è raffigurato il genere umano; il lui siamo noi tutti. Forse non andiamo lontano fisicamente, ma interiormente. Invece, quando interiormente ci allontaniamo dal Padre pur restando al suo fianco fisicamente, assomigliamo di più al figlio maggiore. Talvolta ci spingiamo così lontano da non saper neppure più dove ci troviamo: l’orientamento stesso è smarrito. Quando attorno a noi più nulla ci ricorda qualcosa di familiare, quando la solitudine si fa pesante, allora dal fondo del cuore il desiderio più vero osa farsi sentire; è la voce del Padre, che non c’ha mai abbandonato. È l’ora della decisione. Unendoci a Cristo, anche noi, peccatori perdonati, dovremmo diventare gli uni per gli altri l’agnello che si offre. Lontana sia invece la protesta del figlio maggiore: non è atteggiamento che si addice a un cristiano. Se sentiamo sorgere dentro di noi la voce che ci invita a tornare a casa, invochiamo subito l’aiuto del Signore, perché ci stiamo allontanando dalla casa della comunione.
Dove lo troviamo un Dio più tenero di così? Gli basta sapere che abbiamo ripreso la strada di casa per correrci incontro e fare festa. Allo stesso modo chi si è unito a Cristo, diventa anch’egli salvezza per gli altri, partecipa alla festa non da spettatore, ma offrendola di persona, con gioia.
“Allora, ritorna fratello la strada ritrova. Un’altra stagione, una pagina nuova che dopo la neve sarà primavera vedrai, se ci crederai” (R. Zero).
don Ivan Licinio – il suo blog