Siamo tutti Zaccheo in potenza. Nel calore della città di Gerico un uomo è nascosto, come imboscato . Lo conosciamo bene e la sua personalità ci è familiare: è Zaccheo. Abbiamo subito una naturale simpatia per questo piccolo uomo che ci rassomiglia tutti. Non si sa se sia contento della sua professione, certamente desidera dare un senso alla sua vita. Sappiamo che Zaccheo è un ladro ma ha sete, una sete che neppure lui riesce ad identificare.
La ricchezza non basta a riempirgli il cuore, anzi lo ingombra . Con le sue ricchezze potrebbe far del bene ma non ci pensa neppure. Aspira a qualcosa di più grande e di meglio ma si sente bloccato da ciò che già è. Chi gli aprirà lo sguardo.? Chi oserà amarlo? Chi lo farà uscire dal suo isolamento e dalla sua piccolezza? Zaccheo da solo non ne è capace.
La città di Gerico si agita: Gesù è nella città. Anche Zaccheo conosce il suo nome ed è incuriosito, vuol vederlo. Dio può servirsi di tutto per il nostro bene e il nostro esattore d’imposte “vuol vedere Gesù”. Zaccheo fa parte dei cercatori di Dio. Questa tappa è fondamentale perché comincia il suo cammino di conversione. Spesso è la prima pietra difficile da porre. “Vedere Gesù “ è il desiderio profondo che pervade tutte le età e anche oggi batte alla porta del nostro cuore. Vedere Gesù con gli occhi….
Contemplarlo faccia a faccia, scoprire l’amore con cui ci ama. Ricevere da Lui l’essere e il perché della vita. Il desiderio nascente di Zaccheo è contrariato dalla folla ma Zaccheo persevera e sale su un sicomoro pur di vedere Gesù. L’esempio di Zaccheo parla allo scoraggiamento dopo i primi passi di ricerca di Gesù. Zaccheo vuole questo incontro con tutta la sua persona e contribuisce validamente a che questo incontro avvenga.
“Zaccheo , scendi subito”. Zaccheo era salito per essere invitato da Gesù a scendere. Zaccheo è venuto per vedere Gesù ma non si aspetta di essere visto da Lui. Forse nel suo cuore ha avuto anche l’impressione di non essere degno di questo famoso rabbì di Nazareth. Una delle cose che ci allontana da Dio è sicuramente la non accettazione della propria vita. Tutto traballa nella vita di Zaccheo.
Colui che era venuto a vedere Gesù è guardato da Gesù. Non è più Zaccheo che guarda Gesù ma Gesù che guarda Zaccheo che si lascia guardare e amare da Cristo. Oggi stesso la salvezza entra nella sua casa. Leggendo il vangelo si ha la sensazione che Zaccheo aspettasse quel momento da tutta l’eternità ma si stupisce della grazia che Gesù viene a portargli…
Commento a cura di mons. Giuseppe Mani dal sito www.lamiavocazione.it
La liturgia di oggi si apre con lo spettacolo di Mosè sul monte con le mani alzate che prega mentre il suo popolo combatte contro il nemico. Il testo precisa che mentre pregava i suoi vincevano, quando cessava di pregare perdevano. Le mani alzate di Mosè non significano l’intervento automatico di Dio tutte le volte che si prega ma che ogni volta che avviene qualcosa di positivo, ogni volta che l’uomo manifesta la sua forza, la sua intelligenza, Dio è presente perché è creatore di tutto ciò che siamo e abbiamo.. Non dobbiamo mai abbassare le braccia perché non dobbiamo mai perdere la fiducia o stancarci nella fede: sarebbe un interrompere la relazione con Dio, la relazione con chi ci da la vita.
Essere in relazione con Dio vuol dire essere nell’alleanza con Lui, essere “nel possesso” di Dio.
Perché pregare? Perché ricordate a Dio le nostre cose? Per gridare la nostra impotenza. Lo Spirito Santo si chiama anche “padre dei poveri”. L’indigenza della creatura è la nostra preghiera. Tutti i miracoli operati dal Maestro lo testimoniano: il grido del cieco di Gerico, dei lebbrosi della Galilea, di Giairo, di Marta e di Maria e di tanti altri. Nella tradizione orientale questa preghiera si chiama Esicasmo “Signore Gesù abbi pietà di me peccatore”. Questo grido diviene preghiera perché ci affidiamo ad un altro: ecco la povertà della creatura davanti alla ricchezza del Creatore.
Pregare è confidare radicalmente in colui che può tutto. E mentre la preghiera è la potenza dell’uomo è davvero la debolezza di Dio. Giorgio la Pira diceva che la Preghiera è quel canale che unisce la nostra pochezza all’onnipotenza di Dio. Ecco la ragione perché con la preghiera si fanno grandi cose con mezzi insignificanti. Per questo l’atteggiamento dell’uomo deve essere quello dell’abbandono nelle mani di Dio come esprime Charles de Foucauld nella sua preghiera “ Padre mio, io mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace. Metto la mia anima nelle tue mani, te la dono con tutto l’amore del mio cuore, perché tu sei mio Padre”.
La preghiera è intercedere per coloro che hanno bisogno. La solidarietà umana che ci lega gli uni agli altri fa si che siamo più o meno in carico gli uni agli altri nell’ordine della preghiera. Possono esserci di esempio gli amici del paralitico di Cafarnao che calarono il malato con delle funi davanti a Gesù.
Il Signore fa ancora i miracoli se glieli chiediamo con fede e con insistenza. Una fede e una insistenza che la Bibbia non esita a chiamare lotta con Dio. Lottò Mosè per ottenere da Dio il perdono per suo popolo dopo il peccato del vitello d’oro. Giacobbe lottò tutta la notte con l’angelo finche gli disse “Lasciami andare” e Giacobbe riprese “Non ti lascerò finche non mi avrai benedetto”. “Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto” (Gen 32, 28-30).
Il vigore dell’intercessione che anche oggi sale a Dio non temo di identificarlo con una autentica lotta con Dio. Pregare è lottare con Dio. Superare le barriere dell’indifferenza umana e del secolarismo che non ha più fiducia nella preghiera e a nome dell’umanità infedele chiedere a Dio di intervenire nei casi particolari in cui riteniamo che debba compiersi la sua volontà. Compito principale della Chiesa è pregare, insegnare a pregare e intercedere per l’umanità.
Dopo cinquanta sei anni di vita sacerdotale posso affermare di aver visto Dio all’opera con dei miracoli strappati alla Sua Onnipotenza dall’umile preghiera di tanti fedeli, di persone ritenute inutili alla vita civile e ai margini anche della visibilità della Chiesa. Capisco perchè Papa Francesco chieda sempre e a tutti di pregare per Lui: grande è la consapevolezza della sua pochezza e la sua fede nella grandezza della potenza di Dio che “innalza gli umili e ha ricolmato di beni gli affamati”.
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XXXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
- Colore liturgico: verde
- Sap 11,22 – 12,2; Sal 144; 2 Ts 1,11 – 2,2; Lc 19, 1-10
[ads2]Lc 19, 1-10
Dal Vangelo secondo Luca
1Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 30 Ottobre – 05 Novembre 2016
- Tempo Ordinario XXXI, Colore verde
- Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 3
Fonte: LaSacraBibbia.net