Il commento al Vangelo di domenica 3 ottobre 2021 – Anno B, a cura di Paolo Curtaz. Qui di seguito il testo ed il video.
Però
Provo disagio, poche storie.
Leggo questo vangelo irritante, stordente, magnifico e incomprensibile, e provo una stretta al cuore. Chiudo e riapro il portatile molte volte, perché, alla fine, la devo pur accogliere questa pagina. La devo pur commentare.
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Provo disagio perché la Parola di oggi racconta il sogno di Dio quando ha creato l’umano nella sua duplice configurazione maschile e femminile e vedo che quel sogno, per molti fra noi, è chimera, desiderio mai sopito, ferita profonda, illusione, delusione.
Perché tanti non si riconoscono in questo sogno: chi non ha incontrato una persona che condividesse la vita (sono quasi nove milioni in Italia), o chi ha vissuto un fallimento affettivo o chi si è rassegnato a sopportare una situazione di convivenza senza amore o condivisione.
E, peggio, penso ai tanti che, avendo vissuto un fallimento affettivo, si trovano giudicati all’interno delle nostre sé-dicenti comunità cristiane in cui, a volte, si bada più all’apparenza che alla sostanza, più alla regola che alla persona.
E così uomini e donne segnati e feriti ricevono dai discepoli del misericordioso (!) l’oltraggio di uno sguardo inquisitorio e giudicante come di chi è “irregolare” (ma quando cambieremo questo vocabolario osceno indegno del Vangelo!).
Provo disagio perché, come hanno finalmente certificato anche i vescovi nell’Amoris Laetitia, in occidente il modello del matrimonio cristiano è drammaticamente in crisi e a difenderlo sono rimasti in pochi (molti celibi peraltro) e, soprattutto, perché ciò che difendiamo alla fine, non è la novità del Vangelo ma la reiterazione di una tradizione.
Provo disagio perché abbiamo preso il linguaggio dell’amore e lo abbiamo costretto in quello angusto della norma giuridica, mortificandolo, vanificandolo.
Però.
In origine
Dio ha creato l’umano a sua immagine, come narra il racconto poetico della Genesi.
A immagine della comunione, della relazione, della danza.
A immagine della Trinità. E all’umano la solitudine pesa, poiché la sua natura profonda si specchia in Dio. Nonostante tutto, l’umano è infelice.
Che pasticcio: Dio non sa che fare.
Allora plasma ogni essere vivente e chiama l’umano finché gli dia il nome.
Dare il nome, nel linguaggio biblico, significa conoscere profondamente, possedere. L’umano si rende simile a Dio, sa. Eppure questo sapere genere noia. Sa tutto di tutti. Nulla più lo stupisce.
Dio, allora, prova un’altra soluzione, osa, azzarda: forse ciò quello che manca all’umano è la mancanza.
Solo un vuoto spinge a cercare un pieno. Solo un’assenza spinge ad una presenza.
Dio vuole fare un aiuto che corrisponda all’umano.
In ebraico, in realtà, c’è scritto: come uno di fronte a lui.
Di fronte, non sottomesso. Uno contrapposto. Un avversario, un diverso, un altro-da-sé.
L’unico modo per suscitare interesse nell’umano è separare ciò che è unito.
La pienezza dell’umano, che in sé porta maschile e femminile, va divisa.
La curiosità nasce da una mancanza. E Dio scinde l’umano.
Stupori
Dorme, l’umano.
È troppo importante ciò che sta per accadere per assistervi. Divino.
Dio lo divide a metà. Non prende una costola, come spesso tradotto dalle nostre Bibbie.
Come già traduceva il grande rabbino medievale Rashi di Troyes, Dio divide l’umano come se fosse due stipiti di una porta. Due montanti che creano un’apertura e che danno la giusta distanza fra uomo e donna. Due montanti capaci di sostenere una trave orizzontale che li unisca.
Solo ripristinando una differenza, una distinzione, un’alterità creano un passaggio, un varco.
L’uomo si sveglia, stupito e grato.
Ora è incompleto. Ora ha il suo femminile di fronte a lui, e gioisce.
Solitudine
Non è bene dimorare nella solitudine. Abbiamo bisogno di relazione, anche se non necessariamente di coppia. Non siamo bastanti a noi stessi. Nasciamo con un profondo desiderio di relazione.
Sappiamo bene che l’amore ci è necessario. Il confronto, la diversità, un altro da me che mi possa far vedere la realtà in maniera diversa.
È un progetto di Dio questa diversità.
Così come il desiderio che portiamo scolpito nel cuore.
Viviamo di una mancanza, di una nostalgia, di una relazione da costruire.
E questo desiderio ci rimanda a chi lo ha creato, a questo Dio geniale e creativo che trova soluzioni.
Così che tutta la nostra vita diventi desiderio.
Ma, come ogni cosa magnifica, ogni realtà ha una sua ombra.
Molti percepiscono questa mancanza di completezza, questa dipendenza, questa ricerca come qualcosa di negativo. E la negano.
L’opportunità, allora, viene vista come una disgrazia da superare.
Pasticci
Così possiamo anche interpretare l’azione dell’uomo (magnifica Scrittura che si presta a mille sfumature!) che reagisce con fastidio a quanto accaduto. Nega l’azione di Dio.
Definisce la donna, sa da dove proviene, dice che è un pezzo di se stesso.
Questa qui, così dice letteralmente il testo, è una cosa sua.
Dio voleva creare contrapposizione, alterità, mistero, stupore.
L’uomo la riconduce a sé, dice di conoscerla perfettamente, come aveva fatto con gli animali.
Saccente, afferma di sapere da dove proviene, nega la diversità, nega il mistero.
E la donna, purtroppo, tace. Nel magnifico testo della Genesi interviene il redattore, offre una soluzione.
Perciò, scrive.
Per tornare al progetto di Dio l’uomo e la donna hanno tre percorsi essenziali.
Lasciare la propria idea di famiglia, le proiezioni, gli stereotipi. Attaccarsi, cioè fare un’esperienza profonda di comunione. Diventare una carne sola, unire le carni, là dove la carne, nella Bibbia, indica la parte fragile dell’esistenza, non certo il sesso.
Una coppia che trovi nell’altro la pienezza, la completezza, l’altra metà, vive la propria esperienza con stupore, senza attese o paradigmi, investe le proprie emozioni, condivide le fragilità.
Così, dice Dio, può funzionare.
Nessuno domina nessuno. Nessuno manipola nessuno.
Non ci annienta, non si scompare nell’altro. Si resta diversi.
Ecco, così l’ha pensata Dio.
Divorzi
Allora, certo, Gesù non può accettare le furberie e i giochetti di chi, accanto a lui, appellandosi addirittura a Mosè, considera la donna come una proprietà di cui disfarsi se non soddisfa le proprie esigenze. E non è un discorso di codici e di regole, di leggi e di vincoli, ma di sogni.
Immagino un cammino di coppia in cui l’altro non diventa il fine ma il compagno di viaggio.
E questa è la buona notizia di oggi: possiamo dire che la relazione di coppia è difficile, impossibile, illusoria, complicata. Ma Dio ha un altro sogno sull’umanità: amare è possibile.
E questo mi spinge ancora a cercare.
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