Commento al Vangelo di domenica 3 Febbraio 2019 – p. Alessandro Cortesi op

Geremia è profeta che fu capace di critica di una falsa religiosità, preoccupata delle apparenze. La sua parola denuncia chi si fa forte di diritti o di privilegi perché appartenente ad una tradizione o ad un gruppo di potere. La sua esperienza profetica si svolge tra il rifiuto dell’annuncio e la fiducia in Dio che rimane al suo fianco e lo invia nonostante ogni difficoltà. “Ed ecco oggi io faccio di te come una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese…” . Una fiducia fondamentale guida la sua vita nelle fatiche e nelle contraddizioni: è la fiducia nella presenza di Jahwè al suo fianco, colui che ha fatto alleanza e la rinnova con il suo inviato: ‘io sono con te per salvarti’.

I compaesani di Gesù si meravigliano: pretendevano da lui prodigi. Per loro la religione è questione di magia che risolve i problemi e intendono sfruttare il loro rapporto con il profeta di Nazareth per avere privilegi. Pensano a Gesù come uno dei nostri, e lo imprigionano in una concezione che opone i nostri a quelli di fuori, agli estranei.

Ma Gesù agisce non per suscitare meraviglia per prodigi eccezionali, non per acquistare il consenso degli imbonitori e dei demagoghi. I suoi gesti sono segni: indicano che il regno di Dio, la sua vicinanza di salvezza si è fatta vicina. CSi apre una speranza per gli oppressi e impoveriti. Il suo agire chiede un atteggiamento di fiducia da parte di chi lo accosta. I suoi gesti sono segni di amore che salva e libera.

Ai suoi compaesani che intendono rinchiuderlo nelle anguste frontiere del ‘prima i nostri’ Gesù ricorda due storie del Primo Testamento. I protagonisti sono una vedova fenicia e un lebbroso della Siria. Hanno in comune due elementi: sono pagani e sperimentano nella loro vita l’inaspettata vicinanza di Dio. Dio sceglie i poveri, coloro che si aprono a Lui senza avere potere e sicurezze umane. Nei loro cuori c’è spazio per accogliere una presenza dell’altro.

Ricordando la vedova di Sarepta e Naaman il lebbroso Gesù smaschera una religiosità fatta di pretese, di privilegi di appartenenze e di ricerca di vantaggi, centrata sul proprio interesse. Ne sorge un rifiuto fatto di aggressività e di violenza. Già a Nazaret Luca presenta in piccolo ciò un rifiuto che diverrà più radicale da parte dei capi del popolo e del potere politico romano.

“pieni di sdegno si levarono, lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero… per gettarlo giù dal precipizio”: questo rifiuto svela la falsità di una religiosità apparentemente mite e arrendevole finché trova occasioni di privilegio, ma che si trasforma addirittura in violenza quando non trova risposte secondo le proprie aspettative.

I compaesani di Nazaret stanno cercando un Dio a loro immagine che risponda alle loro pretese, e non sono aperti ad una fede fatta di disponibilità a cambiare il cuore. Gesù suggerisce invece che la fede è cammino aperto a tutti. E Dio si rende vicino laddove non c’è attitudine di esclusione e di disprezzo verso l’altro, ma dove si compiono gesti concreti di ospitalità.

Gesù si dirige verso Cafarnao la città straniera. Gesù in questo modo segue il cammino dei profeti prima di lui e si manifesta come profeta: “Nessun profeta è accetto nella sua patria’. Il cammino di Gesù apre a scorgere la vicinanza di Dio, la sua fedeltà ‘io sono con te per salvarti’.

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QUARTA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

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Lc 4, 21-30 Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. C: Parola del Signore. A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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