L’incarnazione, l’evento decisivo della storia della salvezza, è raccontato da Luca come un dialogo che fa emergere fin da subito il volto di Dio che trasparirà in tutto il suo vangelo e il volto dell’uomo che lo accoglie. Due realtà, il divino e l’umano, Dio nelle sue mediazioni e una giovane donna di nome Maria, si incontrano per portare a compimento le promesse dell’alleanza. È l’incontro determinante da cui avrà inizio la vita umana del Figlio di Dio, Parola di Dio e dell’uomo.
L’iniziativa del dialogo è di Dio. È lui che invia il suo angelo. E attraverso le parole dell’angelo Gabriele è il Dio della creazione e della storia, il Dio delle promesse e dell’alleanza che si rivela. Eco delle promesse e delle speranze affidate a Israele, le parole dell’angelo raccontano la gioia di un Dio che ha atteso da sempre questo giorno. «Non temere, Sion, non scoraggiarti! Il Signore tuo Dio è nel tuo seno, salvatore potente. Egli esulta di gioia per te». (Sof 3,16-17). L’invito alla gioia rivolto a Maria (e in lei ad ogni uomo) è prima di tutto la gioia di un Dio che si rivela e chiama alla relazione con sé. È la gioia di un Dio che attende da sempre di poter colmare di grazia la sua creatura. È l’invito a lasciarsi raggiungere dall’incontro personale e dall’amore di quel Dio che è capace di “amare in silenzio” (Sof 3,17) nell’attesa che la libertà dell’uomo sia pronta. Dio infatti propone, ma non impone. Il suo desiderio non si realizza a prescindere dall’uomo, ma con l’uomo.
E in Maria l’attesa di Dio si compie.
Ma chi è Maria? Chi è questa donna su cui si posa lo sguardo di Dio?
Maria è una giovane donna del popolo di Israele. Il suo luogo d’origine è una oscura città della Galilea di nome Nazareth, una zona periferica, ai margini, lontano da Gerusalemme e dallo spazio consacrato della religiosità ufficiale; un luogo da cui, secondo alcuni, non può venire niente di buono. La sua condizione sociale è di essere una «giovane, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe». A differenza dell’accurata descrizione fatta riguardo a Zaccaria ed Elisabetta, di lei non viene detto null’altro. Non ha titoli speciali e nulla viene precisato circa le sue qualità o doti morali. È una donna come tante e la sua condizione è comune a quella di tutti gli uomini. Ed è qui, nella normalità della sua vita, che viene raggiunta dalla parola di Dio. Non ci sono il tempio, la liturgia, l’incenso, come era stato per Zaccaria, a fare da cornice all’incontro, ma la semplicità di una casa. È qui, nell’intimità della sua casa, che Maria entra in dialogo col Signore.
Il mistero di Dio e quello dell’uomo si incontrano ed entrano in dialogo.
Per mezzo del suo angelo, Dio parla tre volte a Maria e per tre volte Maria interagisce con la parola. Il suo atteggiamento è quello tipico del popolo di cui è figlia, in cui l’ascolto della parola di Dio si converte in un dialogo sapiente e intelligente capace di mobilitare tutte le risorse della persona.
Nelle prime parole che l’angelo le rivolge, Maria è invitata alla gioia e nello stesso tempo è rivelata a se stessa. Le è manifestato il suo essere profondo. Il nome che le è dato, “kecharitomene”, cioè “colei che è stata e rimane colmata della benevolenza gratuita di Dio”, manifesta l’amore assolutamente gratuito e preveniente di Dio che l’ha chiamata fin dal suo concepimento ad entrare in relazione con Lui facendone una creatura nuova, libera e senza ombra di peccato. Ciò non implica assolutamente un venir meno della libertà di Maria, del suo intelletto o della sua personalità, anzi tutto in lei è libero di agire secondo la natura umana voluta da Dio all’origine. Liberata, prima fra tutti, dalla schiavitù del peccato, può entrare in dialogo con Dio con tutto il suo essere, ragione, corpo, sentimenti, per realizzare pienamente e senza resistenze la sua vocazione.
Dopo l’iniziale turbamento, reazione naturale di fronte alla Presenza di Dio, Maria riflette e si interroga sul senso della parola che riceve. Rassicurata dall’angelo (“non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio”), pone una domanda per comprendere come la parola che si va sempre più chiarendo (“concepirai un figlio” “sarà Figlio dell’Altissimo” “sarà il Messia”) possa compiersi nella sua situazione (“non conosco uomo”). Infine, alle ulteriori parole dell’angelo (“scenderà Spirito santo su di te, ti coprirà con la sua ombra la potenza dell’Altissimo” “nulla è impossibile a Dio”) che mettono il compimento definitivo del mistero unicamente nelle mani di Dio, acconsente nella fede al compiersi della parola in lei:
«Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola».
Non è un copione già scritto quello che si realizza, ma un dialogo fiducioso, senza ombre, che porta gradatamente, secondo un iter di lenta maturazione della fede comune a ogni credente, all’assenso al volere di Dio su di lei. È l’accoglienza di Maria che rende possibile il progetto di Dio e permette il “farsi carne” del Figlio di quel Dio la cui più grande debolezza è di non voler fare nulla senza l’uomo.
Da questo dialogo tra Dio, nelle sue mediazioni, e l’umanità nuova, di cui Maria è modello e prefigurazione, dall’alleanza che Dio stringe con Maria, dall’incontro tra queste due libertà dialoganti, quella di Dio e quella dell’uomo, avrà inizio la vita umana del Figlio di Dio, Parola di Dio e dell’uomo.
Ciò che avviene in Maria è sicuramente unico nel suo generare storicamente Gesù nella carne, ma ancora oggi Dio invita ogni uomo, ogni credente a fare spazio nella propria vita al Dio che viene, ad entrare in alleanza con Lui perché in noi, nelle nostre vite, nella nostra storia Cristo Gesù possa continuare a farsi carne ed essere il Dio che abita in mezzo a noi.
Commento a cura di Giustina
Fonte: Comunità Kairos (Palermo)