Padre Alberto Maggi commenta il Vangelo di domenica prossima, 29 aprile 2018.
CHI RIMANE IN ME ED IO IN LUI FA MOLTO FRUTTO
Ci sono alcuni brani del vangelo che, se compresi, cambiano radicalmente, profondamente e il rapporto con Dio e il rapporto con gli altri. Uno di questi è il capitolo 15 del vangelo di Giovanni, dove Gesù si presenta come la vera vite. Leggiamo.
Afferma Gesù Io sono e già rivendica la pienezza della condizione divina con il nome di Dio, Io sono la vite vera, e Gesù continua nella serie di sostituzioni dei grandi valori della tradizione dell’antico testamento con la propria persona. Gesù ha annunziato che lui è il vero pane che scende dal cielo e non la manna. Gesù ha detto che lui è la vera luce e non la legge che illumina le persone e ora afferma che lui è la vera vite. La vite è l’immagine con la quale i profeti indicavano il popolo di Dio. Basta pensare al canto d’amore alla sua vigna nel capitolo 5 del profeta Isaia oppure Geremia quando il Signore stesso dice “Io ti avevo piantato come vigna scelta”.
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Ebbene ora Gesù dà delle indicazioni molto precise e molto chiare. Il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia. Che cosa significa un tralcio che, pur stando in lui, non porta frutto? Come può non portare frutto? Qui l’evangelista, l’allusione è alla comunità che si raduna attorno all’eucaristia. Nell’eucaristia Gesù si fa pane, alimento di vita perché quanti lo accolgono, e questa è la linfa vitale della vite, quanti lo accolgono siano poi capaci di farsi pane, alimento di vita per gli altri. Chi mangia il pane, ma non si fa pane per gli altri dice Gesù non ci deve stare. Ecco perché, ma non gli altri tralci neanche lui, è il Padre che conosce tutto questo, lo taglia, lo elimina.
Ma ogni tralcio che porta frutto cioè chi sempre si fa pane e alimento di vita per gli altri, lo, e qui l’evangelista non scrive lo pota, ma lo purifica perché porti più frutto. L’azione del Padre, dell’agricoltore è tutta tesa a migliorare sempre la produzione della vite che dia sempre grappoli più grandi. Allora è l’attenzione scrupolosa del Padre che, quando individua elementi negativi in questo tralcio, è lui che li elimina, ma è lui. Questo perché? Ognuno di noi naturalmente c’ha dei limiti, dei difetti, delle imperfezioni. Se centra tutto se stesso nel togliere queste imperfezioni, questi limiti non fa altro che centrarsi su se stesso e non c’è nulla di più pericoloso perché ricerca un’immagine di perfezione spirituale tanto lontana e tanto astratta quanto grande è la propria ambizione. No, Gesù ci dice: tu pensa a farti pane, alimento di vita per gli altri, pensa a vivere per il bene e il benessere degli altri e, se in te ci sono degli elementi negativi, non te, tantomeno gli altri tralci, ma sarà il Padre che continuamente, in maniera sistematica, li eliminerà.
Nella prima lettera di Giovanni si riprende questo concetto dove l’evangelista dice “Qualunque cosa esso”, il cuore, che significa la mente “ti rimproveri Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa”. Quindi vivi serenamente, orienta la tua vita per il bene degli altri e le tue imperfezioni, i tuoi difetti, i tuoi limiti se sono d’impedimento nel portare più amore perché spesso non lo sono, ci pensa il Padre a eliminarli, ecco la piena serenità.
Poi Gesù afferma voi siete già puri a causa della parola che io vi ho annunziato. La parola che Gesù ha annunziato è l’amore che si fa servizio e che si è concretizzata della lavanda dei piedi. E continua Gesù con l’invito a rimanere in lui, rimanete in me e io in voi. Come il trancio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. C’è una dinamica, che è la dinamica dell’eucaristia, della vita comunitaria di un amore ricevuto che si trasforma in amore comunicato. È questo che alimenta e rafforza questa comunicazione di vita. Il servizio agli altri è la garanzia di comunione con Gesù.
Torna ad affermare Gesù di nuovo Io sono la vite voi tralci, chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto. Più si dà e più si riceve amore e capacità d’amare, perché senza di me non potete far nulla. Qui il verbo fare è il verbo della creazione, quindi se non c’è questa comunione d’amore nel farsi pane non possiamo più essere associati all’azione creatrice del Padre.
Qui questa immagine del tralcio ora l’evangelista la esplicita con questa espressione Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Il riferimento è al profeta Ezechiele, c’è il profeta Ezechiele che nel capitolo 15 del suo libro parla dell’inutilità del legno della vite. Il legno della vita serve soltanto per trasmettere la linfa vitale per i grappoli, dice, è il Signore stesso che parla, dice “Figlio dell’uomo che pregi ha il legno della vite di fronte a tutti gli altri legni della foresta? Si adopera forse quel legno per farne un oggetto?”, col legno della vite non si può far nulla, “si può forse ricavare un piolo per attaccarvi qualcosa?”, eccetera, dice “Anche quand’era intatto non serviva a nulla. Ora dopo che il fuoco l’ha divorato, l’ha bruciato si potrà forse ricavare qualcosa”. Ecco perché Gesù ha preso tra le tante immagini proprio la vite, perché è l’unico il cui legno non serve a nulla. Del melo, di un altro albero si può ricavare un oggetto. Il legno della vite no, serve soltanto per portare questa linfa vitale.
Si secca, anche qui l’immagine è in riferimento al profeta Ezechiele al capitolo 37 dove il popolo di Israele viene raffigurato come una valle di ossa inaridite, quindi senza vite. E la conclusione se rimanete in me, ci sono due condizioni: rimanere in lui, quindi piena comunione con lui, alimentarsi e alimentare gli altri, e le mie parole rimangono in voi, quindi non soltanto Gesù, ma le sue parole devono essere assorbite fino a modificare il comportamento dell’uomo, ecco la garanzia chiedete quel che volete e vi sarà fatto. Però c’è la condizione di essere in piena comunione con il Signore e che le sue parole abbiano messo radici nella persona.
Ed ecco la conclusione In questo e glorificato il Padre mio, la gloria è la visualizzazione del nome, qui in questo caso di Dio. La gloria di Dio non consiste in manifestazioni spettacolari o grandiose, frutto dell’ambizione dell’uomo, ma la gloria del Padre mio è che portiate molto frutto. Fare della propria vita un alimento di vita per gli altri, un alimento d’amore per gli altri, questo è quello che rende gloria a Dio. E diventiate miei discepoli, è portare il frutto che rende discepoli, non ci si fa discepoli per portare frutto, ma è portare questo frutto quello che è garanzia di essere i discepoli di Gesù.
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V DOMENICA DI PASQUA – ANNO B
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- Colore liturgico: Bianco
- At 9, 26-31; Sal.21; 1 Gv 3, 18-24; Gv 15, 1-8
Gv 15, 1-8
Dal Vangelo secondo Giovanni
1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 29 Aprile – 05 Maggio 2018
- Tempo di Pasqua V
- Colore Bianco
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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