Commento al Vangelo di domenica 29 aprile 2012 – padre Bruno Secondin

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Il Vangelo della quarta Domenica di Pasqua presenta la figura del Buon Pastore. Nel brano di Giovanni, Gesù afferma:

“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore”.

Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

Immagine classica questa del pastore ideale, che era molto vicina alla esperienza di allora, oggi forse meno familiare. Ma la chiave interpretativa è molto valida anche oggi: il pastore “bello” o nobile – come dice il greco – agisce con cuore generoso, si fa dono nel suo servizio, crea una intesa perfino affettuosa con le pecore. Si riconoscono – dice il testo – a vicenda, attraverso la voce e la premura con cui il pastore le guida e le protegge, e le pecore si fidano.

Qualcosa di analogo ai misteriosi dialoghi fra Gesù e il Padre: che paragone sublime, che forza dà questa convinzione! Non è solo un mestiere, è una familiarità misteriosa che guida i nostri passi e riempie di fiducia la nostra appartenenza al gregge del Signore. Non una vita da pecoroni, passivi e senza libertà. Ma la partecipazione all’intensa vita del Figlio nei confronti del Padre: una famiglia di Dio che si costituisce e deve coinvolgere il mondo intero, come in unico gregge insieme al pastore unico.

“Quale grande amore ci ha dato il Padre!”, esclama Giovanni. Ci rendiamo conto che noi viviamo la vita stessa di Dio e di questo dobbiamo essere testimoni e custodi? E non a parole o con proclami roboanti, ma in modo fattivo e generoso.

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