Commento al Vangelo di domenica 29 Agosto 2021 – Paolo Curtaz

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Il commento al Vangelo di domenica 29 agosto 2021 – Anno B, a cura di Paolo Curtaz. Qui di seguito il testo ed il video.
Leggi qui il brano del Vangelo

Dal puro al Santo

Il mondo giudaico in cui viveva Gesù aveva semplificato l’approccio alla realtà e a Dio con una semplice distinzione: ciò che riguarda il mondo divino è puro, ciò che non lo riguarda è impuro.

Bella intuizione, che evidenzia l’assoluta alterità di Dio, la sua santità e che, pure, applicata nel concreto, qualche problema lo suscitava.

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Sì perché, alla fine, se qualcuno si era preso la briga di elencare gli atteggiamenti impuri, i cibi impuri, le persone impure, elaborando anche un protocollo di purificazione per chi, non sia mai, contraesse l’impurità, la realtà era che si rischiava di osservare le norme di purità solo esteriormente.

Si poteva, cioè, essere dei devoti ossessionati dall’osservanza delle regole di purità ma con il cuore ingombro di immondizia e di tenebra.

Fuori splendenti, dentro putrescenti, come le tombe, farà notare quel simpaticono del Nazareno.

La purezza, invece, è l’orientamento del cuore, configurandosi a Dio, entrando nel tempio santo che ci abita.

Insomma: il giudaismo, spesso, si era ridotto all’ossessiva osservanza di norme minuziose che, se rispettate, ti facevano sentire santo e irreprensibile agli occhi di Dio.

Poi è arrivato Gesù.

Meno male che oggi abbiamo imparato la splendida e urticante lezione del Maestro.

Link al video

Di qua o di là

La mania di dividere le persone, le opinioni, le scelte in giuste o sbagliate non è proprio finita, anzi. Invece di uscire migliori dalla pandemia ne siamo usciti un po’ peggio. Più rissosi certamente.

La Parola vuole offrirci una chiave di lettura e di discernimento in questo momento storico così difficile, spesso arrogante e livido, in cui tutti sembrano ergersi a giudici, rabbiosi e vendicativi.

Tutto viene urlato, contrapposto, rinfacciato. 

Accuse su accuse, parole forti contro parole forti.

E i discepoli, noi discepoli, io, ci troviamo a disagio.

Intorno a noi, con il livello dello scontro sempre più alto.

Nella Chiesa stessa, con dinamiche e contrapposizioni mondane che tanto male fanno al Vangelo.

Il popolo scelto da Dio (noi), che gli altri popoli riconoscono saggio e intelligente, come dice Mosè ai liberati, a volte diventa stolto e sciocco come il mondo che lo attornia. 

E, purtroppo, ne imita le dinamiche.

Gesù per primo ha dovuto combattere contro questa opposizione, come abbiamo visto nelle scorse settimane, in un crescendo di accuse e di insinuazioni pretestuose e rissose.

Se lo ha fatto lui possiamo affrontarlo anche noi.

E la prima, ridicola accusa che viene mossa a Gesù, è di non rispettare le tradizioni degli antichi.

Ma dai!

Le tradizioni

In questa parrocchia si è sempre fatto così!

Da secoli in questa Diocesi si attua questa pastorale!

Chi di voi non ha mai sentito pronunciare questa frase? O l’ha pronunciata?

Parroci contro laici, gruppi contro gruppi, quelli del parroco di prima contro quelli del parroco di oggi…

State pur certi che nella Chiesa, da sempre, in nome dell’unità… ci si contrappone e si litiga! E, la cosa triste, è che ci si sente investiti dall’alto e, perciò, si trattano questioni che hanno a che fare col buon senso come se si trattasse di rivelazioni divine…

Gesù non ha specificato, nel Vangelo, gli orari delle messe, né ha parlato delle unità pastorali o dei giorni in cui fare catechismo… Eppure su questi temi si combatte, si creano malumori. Si fanno diventare gigantesche piccole questioni così che i problemi giganteschi spariscono dalla nostra vista. Diventiamo malati da sacrestia, convinti che il mondo reale sia come ce lo rappresentiamo.

Bene fa Papa Francesco a scuotere le nostre piccole congreghe, a chiedere alla (demotivata e confusa) Chiesa italiana di lasciar perdere le tradizioni degli uomini (belle e sante ma ridondanti troppo spesso) per tornare al sale del Vangelo, mettendosi (speriamo sul serio) in Sinodo.

Tradire la Tradizione

Buona cosa la tradizione.

Dal latino tradere, cioè consegnare abbiamo ricevuto il tesoro della fede, il Vangelo, non ci siamo inventati una religione… Così di generazione in generazione, i cristiani raccontano fedelmente quanto a loro volta hanno accolto. Ed è un valore enorme, la tradizione.

Non il tradizionalismo, che della tradizione ha solo l’apparenza.

Vegliamo e vigiliamo per non confondere le nostre (buone e sante) consuetudini investendole di carisma divino. Abbiamo l’onestà di riconoscere che molte delle nostre posizione non difendono Dio ma le nostre abitudini consolidate.

Sappiamo distinguere, come dice bene Gesù, il consegnare ad altri la preziosa Parola ricevuta, dalle tradizioni degli uomini.

Come già ribadito da Dio attraverso Isaia, egli non gradisce una fede esteriore, una ritualità cerimoniosa che non sappia esprimere verità e conversione di vita.

Non sa che farsene di chiese piene e di cuori vuoti, aridi, razzisti, piccini.

Dura, lo so, ma così vuole il Dio della verità interiore.

Dentro fuori

L’apparenza inganna.

L’apparenza, nel mondo della fede, uccide, spegne, disturba, manipola.

Gesù riporta la fede al suo ambiente principale: il dentro.

Dentro: dove abitano i nostri pensieri nascosti, i nostri giudizi, le nostre convinzioni profonde. Là dove Dio scruta e vede. Inutile affannarsi a curare il fuori di noi, cosa pensano gli altri dei nostri comportamenti, rispettare delle regole per farci applaudire, cercare la stima degli altri, se questo desiderio non parte da dentro, dalla consapevolezza che siamo stati fatti come delle opere d’arte.

Assolutamente inutile.

Non si tratta, allora, di diventare anche noi fautori delle distinzioni, dei patentini di cattolicità, di giusto/sbagliato, nuovi termini che sostituiscono il puro/impuro ma di cambiare dal di dentro il nostro modo di vedere e di agire.

Di elaborare pensieri santi come Dio è Santo. Di vedere oltre l’apparenza.

Curiamo il dentro, allora.

Con onestà, verità, con una preghiera costante, intensa, vera.

Anche quando la Parola, come oggi, ci scuote dalle fondamenta.

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