Commento al Vangelo di domenica 28 Novembre 2021 – mons. Giuseppe Mani

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Vegliate e pregate in ogni momento

La Chiesa comincia la preparazione del Natale proponendoci il ritorno del Signore alla fine del mondo. Come si sono preparati i nostri fratelli alla prima venuta del Signore, così noi dobbiamo prepararci alla Sua seconda venuta.

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Il mondo finirà: quando? Solo il Padre lo sa, neppure il Figlio, ma certamente finirà. La scienza ci dice che la terra si raffredderà tanto da non permettere la vita umana. La tecnica esclude la possibilità di pensare alla fine e invita l’uomo a moltiplicare le sue ricerche e ad immaginarsi un progresso indefinito. Inventa ragioni per agire e costruire l’avvenire.

Il cristiano ascolta attentamente quello che dice la scienza e non contraddice una parola di quel che è provato. Fa suo assolutamente questo tesoro di verità, questa gloria dello spirito umano. Nello stesso tempo in cui considera quest’opera, anche quando i tecnici hanno detto l’ultima parola, il cristiano sa che tutto non è compiuto, ma che c’è ancora qualcosa da dire.

La scienza può dire che conosce tutto ciò che avviene nell’universo, ma sarà la Sapienza Redentrice di Dio che riprenderà in mano questo universo e, senza snaturarlo, lo trasformerà infondendo la Presenza agente di Cristo e del Regno verso il compimento glorioso che nessuno può prevedere. E’ questa sapienza di Dio che ci comunica la fede, verso la realizzazione della nostra speranza.

Il cristiano sa che un giorno «le potenze dei cieli saranno sconvolte», cioè lo stato attuale del cosmo subirà una metamorfosi imprevedibile per l’irruzione di un Gesto divino, di una Energia trascendente, che è già stata all’opera nella Resurrezione di Cristo, ma che è continua, in forma latente, in tutte le opere della creazione.

Il cristiano sa che questo mondo finirà non come l’immaginano i sapienti. È una speranza, una promessa che non fallirà quando il creato arriverà alla sua piena realizzazione.

Il cristiano porta in sé la certezza, lo accompagna nel suo lavoro e non lo distrae, la continuità che lega il mondo in cui opera al mondo che verrà. Alla fine del mondo gli si rivelerà quale era il Disegno di Dio sull’universo e sulla storia. Sa che vive, respira ed agisce in e per questo Disegno.

La speranza cristiana non è semplicemente l’attesa dell’aldilà, ma la maturazione di un germe già presente nel destino di ciascuno. Il cristiano deve essere capace di vivere simultaneamente sulla lunghezza d’onda della vita eterna e sulla lunghezza d’onda della vita presente temporale.

Questo mondo finirà, ma il ghiaccio seppellirà per sempre soltanto ciò che non è stato vissuto e inserito nel Disegno di Dio; tutto il resto rimarrà nello stesso modo con cui è rimasto il cadavere di Cristo, glorificato con Lui.

Il Signore verrà. La nostra vita terrena si svolge tra le due venute di Gesù, quella nella carne dal seno di Maria e quella alla fine dei tempi. Il cristiano vive il suo tempo tra “il già e il non ancora”. Gesù si è fatto pellegrino nel tempo per insegnarci a vivere. Ci ha dato l’esempio e ci ha invitato a seguirlo: «Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso prenda la sua Croce e mi segua».

Vigilare e pregare: ecco lo stile che ci propone Gesù.

“Vigilare”, essere attenti soprattutto a non lasciarci sopraffare dalle speranze di questo mondo che sono illusorie e a cui seguono le delusioni. La speranza cristiana è essenzialmente escatologica, è iscritta nella fede che si realizza in un avvenire indeterminato sempre all’orizzonte. Il cristiano è sempre in ricerca della Verità accompagnato da Cristo, che è la stessa verità, ma che non si potrà conoscere perfettamente che al suo ritorno, perché anche se ci è vicino e ci accompagna «lo conosciamo come un enigma, come in uno specchio» per cui il desiderio di Lui diventa sempre più forte e l’attesa sempre più spasimante.

“Pregate” è l’altra esortazione che Gesù ci rivolge. Pregare per non fare come le vergini stolte che si addormentano senza l’olio nelle lucerne, per non stancarci di attendere e di sperare.

Lo stile del cristiano, che dobbiamo rinnovare all’inizio di quest’anno liturgico, è quello dell’attesa. L’Avvento è il tempo che crea il clima per tutto l’anno, che non è altro che un rinnovare la propria attesa del Signore. Cominciamo con l’Avvento aspettando la sua Nascita; una volta venuto aspettiamo la sua manifestazione nella festa dell’Epifania. Comincia poi la grande attesa della sua Resurrezione con la celebrazione della Quaresima. Giunti a Pasqua entriamo nel Cenacolo ad aspettare la discesa dello Spirito Santo; poi, ogni giorno, “annunciamo la Sua morte, proclamiamo la sua Resurrezione nell’attesa della sua venuta”.

Entrando nell’Avvento verifichiamo il nostro reale spirito di povertà. Cosa mi manca? Cosa attendo? Ce lo dice la Chiesa suggerendoci la preghiera dei nostri primi fratelli nella fede: «Vieni Signore Gesù!».

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