Siamo ancora nella vigna del Signore. La parabola raccontata domenica scorsa da Gesù aveva come bersaglio i primi chiamati a lavorarci dentro. Il suo inequivocabile finale getta una luce sul mistero del regno di Dio e della sua accoglienza: così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi (Mt 20,16). La piccola parabola di oggi illumina ancor più in profondità questo mistero. Continua a far emergere la mormorante resistenza dei primi chiamati che, allora come oggi, contestano segretamente il Signore per la sua bontà verso tutti. Il suo sarebbe un comportamento ingiusto (Mt 20,11-12). A chi oggi continua, consciamente o inconsciamente, a discutere sulla sua giustizia così diversa dalla nostra, Dio risponde nella prima lettura di oggi, voi dite: “non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque casa d’Israele: non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? … (cfr. Ez 18,25-28)
Gesù tiene moltissimo ai primi chiamati. Per questo vediamo che il vangelo di oggi si dirige alla categoria più difficile a convertirsi, ai capi e agli anziani del popolo: l’intento del Signore non è infatti quello di abbandonarli nel loro rifiuto, ma di far rispecchiare i suoi uditori nel personaggio che li riguarda. Gesù racconta di un uomo che comanda ai suoi due figli di andare a lavorare nella vigna. Il primo disobbedisce inizialmente con la parola, ma ci ripensa e si pente, alla fine obbedisce e ci va a lavorare. Il secondo obbedisce subito con la parola, ma in realtà disobbedisce perché non ci va (Mt 21,28-30). Il Signore fa trarre le conclusioni ai suoi stessi uditori, i quali, senza accorgersene, confermano il suo insegnamento. Significato inequivocabile. C’è chi arriva nella vigna a lavorare dopo esserne stato a lungo lontano e tuttavia entra per primo nel regno. E c’è chi solo apparentemente vi è già dentro per lavorarci, ma in realtà è fuori; potrà accedervi se e solo dopo che avrà aperto il cuore a Chi il cuore ce l’ha sempre aperto a tutti: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio (Mt 21,31). A dimostrazione delle sue parole, Gesù osserva come gli stessi pubblicani e prostitute si pentirono e si convertirono al messaggio di uno come Giovanni il Battista, che certo non sottolineava tanto la via della misericordia (Mt 21,32); ma anche questo messaggio fu del tutto inascoltato dalle autorità religiose.
Il brano del vangelo di oggi ci aiuta a penetrare maggiormente nel segreto della nostra relazione con Dio. Una prima cosa che si deduce dalla breve parabola è che Egli ama molto la sincerità. Come dire: meglio un “no” sincero alla sua chiamata che un “sì” ad essa falso, calcolatore e mormorante. Al lettore attento non sarà sfuggita la somiglianza di questi due figli a quelli della ben più celebre parabola di Luca (Lc 15,1ss.): il primo al fratello minore allontanatosi dalla casa del padre, il secondo al fratello maggiore che, pur restando nella casa del padre, non conosce veramente il padre della casa. Alla fine di quella più lunga parabola, quel padre che ha tanto atteso il ritorno del figlio minore, esce di casa a pregare il maggiore perché vi rientri per celebrare con lui la salvezza di suo fratello. Ma l’inghippo che gli impedisce di rientrare è la sua “giustizia” messa a confronto con l’inspiegabile condotta misericordiosa del padre. Stiamo scoprendo qualcosa di importante nella vita spirituale: il Signore Gesù si manifesta a chi lo ama, a chi gli dice un sì sincero e fiducioso. A chi invece dice di capirlo/conoscerlo, ma non lo ama per quello che è, Gesù parla in parabole (oppure con il silenzio), affinché rifletta e capisca quello che non vuole capire. Il vangelo è sempre uno “screening” diagnostico dell’ascoltatore/lettore che non vuole convertirsi, perché si riconosca nel secondo figlio e così passi al comportamento del primo.
Kierkeegärd diceva che la verità è paradossale. Quando meditiamo il vangelo ce ne accorgiamo. Gesù afferma che persone che vivono in modo palesemente ingiusto (pubblicani e prostitute) sono preferibili a quelle che vivono in modo “giusto”. Come è possibile? Non si contraddice il Signore? No. In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Queste parole di Gesù sono per me tra le più dure e nello stesso tempo più belle e consolanti che abbia mai detto ai suoi uditori. Pubblicani e prostitute sono peccatori d.o.c. pubblici che non potranno mai fingersi giusti e pertanto sono più aperti e pronti ad accogliere quel che il Signore offre loro (cfr.Lc 7,36 ss., 18,9-14 e 19,1-10!…). Solo quando accetteremo di essere come loro (o peggio!) potremo entrare nel regno di Dio. La proposta del padre ai due figli è identica: è il comando dell’amore che se messo in pratica li rende simili a Lui. Ma il secondo figlio guarda il padre come a un padrone al quale non si può dire di no. È come la persona religiosa che si sente in obbligo di compiacere Dio. Ma per dovere nessuno saprà mai amare! In realtà anche questo figlio, come l’altro, non vuole ascoltare il padre. Tuttavia mentre il primo dice apertamente di no e ci ripensa, questo invece non se lo permette perché vive nella paura di mettersi contro il padre-padrone. Dunque esprimere apertamente il proprio rifiuto è già segno positivo: suppone che il padre che ci sta di fronte rispetti la libertà del figlio, mentre dire di sì per paura suppone che il padre non tolleri la libertà e schiacci chi a Lui si ribella (P.Silvano Fausti S.I.). Ancora una volta, il vero peccato più nascosto nel cuore dell’uomo ma evidenziato dal vangelo, è quello di chi si crede nel giusto. Rischio alto di resistenza allo Spirito cui si avvicinano tutti coloro che non riconoscono in sé il peccato che rimproverano agli altri. Che ve ne pare? Vi piace questo Gesù che porta sempre ciascuno a guardare dentro di sé?
AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI
SITO WEB: https://predicatelosuitetti.com