L’introduzione che l’Evangelista fa alla parabola narrata da Gesù in questa domenica, ci chiama immediatamente in causa. La tentazione di sentirci a posto e fare confronti con gli altri, è sempre dietro l’angolo per ciascuno di noi. Presentandoci questi due personaggi, il fariseo e il pubblicano, Gesù ci fa capire che entrambi possono coabitare anche in noi. Chi è il fariseo? Si deve anzitutto precisare che il fariseismo era un movimento molto vasto in Israele e rappresentava la parte più radicale, intenzionata a vivere in pienezza i precetti della Legge.
In se stesso, l’essere fariseo, non era assolutamente qualcosa di negativo. Il Vangelo è spesso fortemente critico nei loro confronti soltanto perché alcuni di essi, con il loro formalismo legalista, finivano per cadere in una fortissima incoerenza che, praticata da uomini religiosi, aveva un effetto ancora maggiore. Gesù, ad una lettura attenta non sta sminuendo le cose da lui compiute, in sé stesse buone, quanto il suo atteggiamento interiore. Il fariseo descritto nel suo modo di pregare nel tempio confida solamente nelle sue opere, nella sua bravura e nei suoi meriti, più che in Dio, dimenticando che anch’egli è un peccatore, come ogni uomo. Ha la presunzione di essere in credito davanti a Dio, come se in virtù di quello che fa, Dio fosse in obbligo verso di lui.
Da questa pericolosa convinzione interiore, poi, si permette addirittura di disprezzare chi non è come lui, come il pubblicano. Chi è, invece, il pubblicano? Secondo il sentire del tempo, era un pubblico peccatore: un uomo asservito al potere romano per riscuotere le tasse della povera gente, in altre parole un “ladro autorizzato”. Nonostante questo, però, con la sua forte consapevolezza di essere un peccatore, egli si presenta davanti a Dio per quello che è. Non presume nulla, ma senza trovare neanche il coraggio di alzare lo sguardo verso Dio, al contrario del ritto fariseo, non fa altro che chiedere umilmente perdono, confidando unicamente nella misericordia di Dio. Presentandolo come modello di giusto atteggiamento interiore, tuttavia, Gesù non vuole assolutamente giustificare i suoi peccati, che restano reali.
Di fronte a questa narrazione, noi dove ci poniamo? Chi siamo? Il fariseo o il pubblicano? Spesso queste due figure convivono in noi, proprio come il grano e la zizzania, che crescono insieme nel campo del mondo, che è anche il cuore di ogni uomo. A volte può capitare anche a noi di cadere nella presunzione, idolatrando le buone opere che facciamo, altre volte, con la grazia dello Spirito, siamo capaci di riconoscerci peccatori bisognosi di perdono. La sfida è sempre quella di puntare i nostri occhi interiori su Dio e non su noi stessi. Se nel bene saremo capaci di guardare a Lui, potremo riconoscere che quanto di buono abbiamo realizzato è frutto della sua grazia e col salmista potremo dire: “Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria” (Sal 114,1).
Allo stesso tempo, quando sperimentiamo la nostra miseria e fragilità nel peccato, guardando a Lui, non saremo sopraffatti dall’angoscia, ma potremo dirgli, con Davide: “Distogli lo sguardo dai miei peccati,cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro,rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 50,11-12).
Fonte – il blog di don Luciano
Letture della
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Prima Lettura
La preghiera del povero attraversa le nubi
Dal libro del Siràcide
Sir 35,15b-17.20-22a
Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 33 (34)
R. Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce. R.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia. R.
Seconda Lettura
Mi resta soltanto la corona di giustizia.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
2 Tm 4,6-8.16-18
Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Parola di Dio
Vangelo
Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Parola del Signore