Nella Solennità di Pentecoste, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù annuncia ai discepoli l’invio dello Spirito Santo. “Molte cose ho ancora da dirvi – dice il Signore – ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Quindi aggiunge:
“Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Sono molti i modi di descrivere lo Spirito Santo: è alito di vita, è dono, bellezza, genio e profezia; oppure è vento, fuoco, libertà, audacia, o anche è amore e verità. Pentecoste richiama questi e altri simbolici linguaggi, come ci mostrano i testi liturgici di questa solennità. Giovanni, nel Vangelo che proclamiamo, lo presenta come consolatore e difensore, in comunione di intenti col Padre e il Figlio. Ma soprattutto lo descrive come interprete di una verità che ha bisogno di trovare strade e linguaggi adeguati per portare verso il futuro. Egli è testimone di una pienezza di rivelazione già compiuta, ma non è semplicemente un passato codificato: è fermento ancora attivo e ispirazione di un futuro incompiuto che dobbiamo servire e amare. Le “molte cose ancora da dire”, come afferma Gesù, lasciando i suoi discepoli, ci vengono svelate, proprio dallo Spirito, nella loro continuità con la memoria e in relazione con il futuro che attendiamo. Nessuna fantasia di predizioni, nessun compito di spaventare con brutti annunci a futura memoria: ma una verità che profuma di amore, di misericordia, di sacrificio. Invochiamo con fiducia: Vieni santo Spirito di Dio!
Fonte: RadioVaticana