Commento al Vangelo di domenica 26 Maggio 2019 – Congregazione per il Clero – p. Gaetano Piccolo S.I.

Sesta Domenica di Pasqua – Anno C

Distacchi

Lungo la nostra vita siamo chiamati a vivere numerosi distacchi, alcuni voluti, altri casuali, altri ancora subiti. Nasciamo proprio grazie al distacco più importante e forse anche più traumatico: quello dal grembo della nostra mamma. Chissà, forse tale separazione resta così impressa nella nostra memoria che ogni volta che la vita ci chiama a staccarci da qualcuno o da qualcosa sentiamo di nuovo il dolore di quel primo istante.

E così continuiamo a separarci, salutiamo la nostra infanzia, cominciamo a staccarci pian piano dalla nostra famiglia. A volte il tempo ci chiede di allontanarci dalle persone care e a volte ci dividiamo dalla persona con cui abbiamo condiviso una vita. Fino a quando giungeremo poi all’ultimo distacco, in cui ci verrà chiesto di salutare questo mondo.

Gesù prepara i discepoli

Non è facile dirsi addio e forse proprio per questo, nel Vangelo di Giovanni, Gesù fa un lungo discorso per preparare i suoi discepoli a questo momento di distacco. Per quanto sia comunque sempre doloroso, il modo in cui viviamo il distacco dipende dal modo in cui abbiamo vissuto quella relazione. Con atteggiamento materno, Gesù chiede ai suoi discepoli di sapere attendere e di vivere con pazienza il tempo della sua assenza.

Questa assenza di Gesù, il suo silenzio e la sua sconfitta, diventano emblematici di tutti quei momenti della nostra vita in cui facciamo fatica a trovare Dio, tutti i momenti in cui Dio ci sembra distante, in silenzio, introvabile.

La vita ci chiede a volte di attraversare momenti di dolore o di sofferenza, momenti di aridità e desolazione, in cui Dio ci sembra assente.

La memoria della relazione

Nel cuore di chi si sente abbandonato, rimane un vuoto profondo. Così anche noi discepoli, quando Dio sembra lontano, ci portiamo nel cuore un abisso che sembra incolmabile.

Gesù chiede ai suoi discepoli di non perdere la memoria della relazione, ma di lasciarsi aiutare a ricordare: un altro sarà chiamato per difendere i discepoli nella lotta della vita, durante la quale il ricordo di quella relazione rischierà di essere oscurato. Il Paraclito è l’avvocato chiamato a difendere nel processo, colui che si mette in mezzo e prende le parti di un altro nella lotta contro l’Avversario. Sì, una delle tentazione più grandi è dimenticare. Forse per questo Israele continua a ripetere e a ripetersi: Ascolta, Israele, non perdere la memoria del cammino che hai fatto insieme al tuo Dio.

Perdere la memoria di una relazione è l’attentato più frequente compiuto contro il nostro cuore: siamo così concentrati sul dolore presente, sulla delusione del momento, sulla sbavatura nell’idea di perfezione che avevamo della nostra relazione, che facilmente cancelliamo il ricordo della bellezza di una storia che ci ha accompagnati e ci ha fatto camminare insieme.

Insegnare e ricordare nelle parole di Gesù diventano sinonimi: colui che viene in nostro aiuto, lo Spirito di Dio, ci aiuta a dare un senso a quello che abbiamo vissuto. Nel tempo faticoso dell’assenza di Gesù, bisognerà fermarsi e sforzarsi di ricordare quello che Egli ci ha insegnato.

Il dono della pace

Chi fa l’esperienza di sentirsi abbandonato si porta dentro un vuoto profondo. Gesù ne è consapevole e non banalizza questo sentimento. Il mondo promette cose che non può mantenere: la pace, nel linguaggio biblico, è la promessa di una pienezza di vita che il mondo non può assicurare. Il dono della pace è la possibilità di sperare nella certezza di non essere delusi. Solo chi si è sentito amato veramente può essere certo del ritorno della persona amata anche nel tempo della separazione. Chi ha fatto l’esperienza di sentirsi amato non si porta nel cuore il turbamento, ma la pienezza. Nell’amore vero non c’è posto per la paura.

Una vita di relazione

In tutto il suo discorso, Gesù non è mai da solo, non si presenta mai come unico, ma è sempre in relazione con il Padre. Nelle sue parole, Gesù non si mette mai al centro dell’attenzione: al centro c’è la vita degli altri, la vita delle persone amate, l’amore che lo unisce al Padre. L’amore di Gesù non è mai ripiegamento, ma sempre donazione a qualcuno. Gesù non si percepisce mai come assoluto (cioè sciolto da legami), ma sempre in relazione con altri. A volte invece il nostro cuore è triste perché è abitato solo dal nostro io.

Leggersi dentro

  • Come vivo i momenti di separazione, distacco, abbandono?
  • Riesco a fare memoria della mia relazione con Gesù?

P. Gaetano Piccolo S.I.

Compagnia di Gesù (Societas Iesu)Fonte

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