Commento al Vangelo di domenica 26 Febbraio 2023 – Comunità Kairos

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Con questo brano entriamo nel tempo di Quaresima, tempo privilegiato per la conversione e per ripensare il proprio rapporto con Dio. Il tema di fondo è quello della tentazione. Ma su cosa si viene tentati? Sul modo di relazionarsi con ciò che ci circonda, con le persone ma soprattutto con Dio.Dopo essere stato riconosciuto,nel Battesimo al Giordano, come il Figlio amato nel quale il Padre si compiace, Gesù viene sospinto dalloSpirito nel deserto “per essere messo alla prova”. Come qualsiasi altro uomo da Adamo in poi anche Gesù subisce la prova. Lui, il Figlio amato, pieno di Spirito santo e sotto la guida dello stesso Spirito, prima di dare inizio al suo ministeroe alla sua missione, è condotto nel deserto dove è messo alla prova e tentato. È in gioco la sua qualità di “Figlio di Dio”.

Gesù èstato indicato come il Figlio, ma in che modo lo è?Tutte le tentazioni a cui è sottoposto Gesù si giocano sul suo modo di essere Figlio: “se tu sei il Figlio di Dio…”. Sì, Gesù è stato proclamato nel battesimo il Figlio nel quale Dio si compiace, ma in che modo Egli è Figlio? Qual è la sua relazione con il Padre, con la sua Parola? Qual è il suo modo di essere Figlio di Dio?Le tre proposte diaboliche richiamano altrettante situazioni di prova vissute da Israele nel lungo cammino attraverso il deserto (la manna Dt 8,3; l’acqua dalla roccia Dt 6,16 e la tentazione di seguire altri dei Dt6,13). In queste situazioni di crisi, Israele chiamato a vivere la fedeltà a Dio era venuto meno alla relazione filiale per una falsa ricerca di sicurezza. A differenza di Israele, Gesù nelle risposte che darà al tentatore conferma il suo statuto di figlio unico di Dio in un rapporto di assoluta fedeltà. Fin dalle prime battute, emerge che esistono due modi di essere figlio di Dio, che si traducono anche in due modi di leggere e interpretare la parola. Le richieste del “diavolo” propongono un modo di essere figlio che, partendo dal controllo della parola diDio, vuole arrivare ad avere controllo e potere su tutto, su di sé, sugli altri e soprattutto sull’Altro. Un modo che, piuttosto che sottomettersi, cerca di piegare la volontà di Dio alla propria. È quello che cerca di fare il tentatore usando le citazioni bibliche per giustificare la via al successo facile, al potere e al prestigio spettacolare. È un modo di interpretare che tradisce la parola stessa e si allontana dalla fedeltà a Dio.

Diverso è il modo di essere figlio indicato da Gesù. Nella sua scelta di fedeltà al progetto di salvezza del Padre, egli rifiuta risolutamente la via del prestigio facile e del potere. La sua via, che si concluderà a Gerusalemme con la croce, è quella della piena adesione alla parola di Dio nonostante le opposizioni e la perdita di prestigio o di potere. Il suo essere Figlio di Dio non si rivela attraverso il miracolo facile,il successo garantito, ma nella fedeltà alla condizione umana nonostante le sue contraddizioni e i suoi limiti. Si rivela in particolare nella sua capacità di accogliere tutto come dono del Padre e di sapere a sua volta donare tutto, anche la sua stessa vita, mettendola nelle mani di altri.Due modi di essere figlio in cui si giocano le relazioni fondamentali dell’uomo: con le cose, con le persone, con Dio. Le tre tentazioni a cui è sottoposto Gesù richiamano proprio questi tre ambiti fondamentali della vita di ogni uomo e presentano la possibilità di garantirne la soddisfazione mediante il possesso, le cose con l’avere, le persone con il potere, Dio con il volere, invece che mediante il dono. Ogni peccato in fondo ripete quello di Adamo: impadronirsi del dono staccandolo dalla sua sorgente.

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La prima tentazione prende spunto dalla fame di Gesù e da un bisogno primario dell’uomo. Il pane è un bisogno fondamentale per l’uomo ed è fonte di vita. Come relazionarsi con questa necessità? Il tentatore suggerisce di servirsi dell’essere figlio per soddisfare una propria necessità fondamentale. Nella sua diabolicità vuol far credere all’uomo che l’unica alternativa possibile per rimanere in vita sia piegare Dio alla propria necessità. È la prima perversione del rapporto religioso. Piegare Dio alla propria vita o la propria vita a Dio? È una falsa alternativa che Gesù respinge prontamente. Nel suo ricorso alla scrittura, Gesù rimanda la vita dell’uomo alla sua Sorgente. Il pane senza colui dal quale proviene non basta.

Come a un neonato non basta essere nutrito se viene a mancare la relazione fondamentale con l’altro, così ogni uomo anche se ha il pane per sopravvivere non avrà la Vita senza la relazione fondamentale con Dio che è il principio di tutto. Gesù è Figlio perché vive di ogni parola che viene dal Padre, nell’obbedienza alla sua parola e nel compimento della sua volontà.

La seconda tentazione è collocata a Gerusalemme. L’appello alla parola di Dio che promette la protezione del giusto che si trova in pericolo nasconde in maniera subdola il sovvertimento del rapporto religioso. È in gioco la relazione con Dio e la sua immagine.

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Chi è Dio? Un’entità manipolabile secondo le proprie esigenze, a cui chiedere segni miracolosi solo per metterlo alla prova e strumentalizzarlo per i propri fini? Nelle intenzioni del tentatore, la relazione fra l’uomo e Dio viene capovolta e Dio è ridotto a una forza manipolabile. Gesù smaschera questa falsa visione di Dio in cui ci si serve di Dio per i propri fini, rifiutando di sfidare e strumentalizzare il rapporto religioso. Non è un caso che la tentazione sulla relazione con Dio si svolga nella città santa. È lì che Gesù, sulla croce, fedele al suo essere uomo e Dio, si rivelerà come l’autentico Figlio di Dio e rivelerà al mondo il vero volto del Padre.

La terza tentazione riguarda l’esercizio del potere e del dominio. Il tentatore offre a Gesù tutti i regni della terra in cambio della sottomissione al suo potere. È un modo distorto di intendere il potere. È un falso potere quello viene offerto: facendo credere a colui che l’accetta di avere potere in realtà lo rende schiavo. Il vero esercizio del potere lo insegnerà Gesù ai suoi attraverso il servizio verso tutti gli uomini. È la libertà di Colui che, avendo come orizzonte il Padre e da lui solo rendendo onore, sa che il Regno di Dio è un dono che si riceve gratuitamente e che il vero esercizio del potere è il dono di sé.Alla fine, quando il diavolo si ritira, “gli angeli si avvicinarono per servirgli da mangiare”.

Ciò che non ha voluto chiedere con un miracolo, gli viene offerto in dono, perché Dio ha cura di chi si è affidato alla sua volontà. Gesù ha condiviso in tutto la condizione umana, ha maturato la sua libertà attraverso le scelte della sua vita storica e in modo particolare nella prova suprema, dove esprime al massimo la sua libertà profonda e rivela i tratti autentici della sua figliolanza divina. Essere figli di Dio non è un privilegio, non dà garanzie contro i rischi e le prove, ma è una scelta e un impegno costante.


A cura di Giustina per la Comunità Kairos.

Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay