III domenica di Quaresima
Attraverso le dieci parole dell’alleanza, pronunciate da Dio sul Sinai (Es 20,1-17), al popolo di Israele era stato donato un cammino di libertà per raggiungere una pienezza di vita nell’umile servizio all’unico Signore. La Legge diventava così un luogo privilegiato di incontro e di comunione con Dio.
Ma per Israele in cammino verso la terra della promessa vi era un altro luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo: la tenda, segno di un Dio che scende incontro all’uomo, cammina con lui, lo accompagna, lo guida. La pretesa di Davide di costruire una dimora stabile per il Signore, aveva trovato resistenze in Dio stesso che, per mezzo del profeta Natan, aveva risposto al re: «Il Signore ti annuncia che farà a te una casa» (2Sam 7,11). Dio non abita in un luogo fatto con pietre ma in una casa di carne viva, di cui egli stesso è garante della sua perennità.
Nonostante questo, Dio accettò un tempio costruito dalle mani d’uomo, luogo di unità e di identità per Israele, ma allargando nello stesso tempo i suoi confini: secondo l’annuncio dei profeti, esso doveva diventare realtà simbolica dell’incontro tra Dio e ogni uomo, «casa di preghiera per tutti i popoli» (/s 56,7, citato in Lc 19,49, Mc 1,17 e Mt 21,13).
La promessa fatta a Davide trova il suo compimento in Gesù: in lui, il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14). In questa prospettiva deve essere compreso il gesto di Gesù al tempio di Gerusalemme: esso è un segno che rivela tutta la novità che si compie nella persona di Gesù, soprattutto in relazione a uno degli aspetti costitutivi dell’esperienza religiosa di Israele, appunto il tempio. In Gesù, tempio non costruito da mani d’uomo, ognuno può incontrare il vero volto di Dio e può invocarlo come Padre.
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E possiamo aggiungere che, per il quarto vangelo, l’amore di Dio che ha preso ‘carne’ in Gesù si rivelerà in tutta la sua trasparenza nel momento in cui il Figlio dell’uomo sarà innalzato; lì, volgendo lo sguardo a colui che hanno trafitto (cfr. Gv 19,37, paradossalmente a quel tempio distrutto a cui fa allusione Gesù in Gv 2,19), ogni uomo potrà incontrare il volto di compassione di Dio, quel roveto ardente che brucia senza consumarsi. L’annuncio di Cristo crocifisso — ci ricorda Paolo — diventa «per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci… potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24).
Soffermandoci ora sul testo di Giovanni che riporta la cacciata dei venditori dal tempio (collocato dai sinottici al termine del ministero pubblico di Gesù, dopo l’ingresso in Gerusalemme), possiamo evidenziare alcuni aspetti presenti in questo singolare gesto di Gesù e nelle parole che lo commentano. E l’attenzione deve essere posta non tanto sull’effetto dell’azione di Gesù quanto piuttosto sul significato che esso racchiude e che apre alla comprensione della persona stessa di Gesù. Certamente, cacciando quei venditori che trasformano la casa di Dio in un mercato (cfr. 2,16), Gesù compie un gesto tipicamente profetico che rimanda a un culto autentico, libero da ogni ipocrisia, un culto che parte dal cuore e si armonizza con la vita: il luogo dove l’uomo incontra Dio non può esser luogo di ingiustizia, di abuso, di idolatria. Tuttavia lo sguardo del profeta va oltre, è puntato al futuro. Leggendo il gesto di Gesù alla luce di Mal 3,1-4 e di Zc 14,21, non si afferma solo la santità della casa di Dio, ma anche l’autorità di Gesù su quel luogo: è la casa del Padre mio, il luogo di una relazione famigliare e intima. Gesù è il Figlio che non può permettere che venga violata l’intimità profonda di questo luogo; in Gesù si manifesta lo zelo di cui parla il Sal 69,10 (testo che serve ai discepoli da interpretazione del gesto), lo zelo proprio di un figlio che si sente personalmente coinvolto a difendere il ‘luogo’ del Padre da coloro che ne attentato l’integrità, stravolgendone il senso.
Ma il significato di questo gesto subisce un ulteriore approfondimento alla luce delle parole che Gesù pronuncia in risposta alla richiesta di un segno da parte dei Giudei (la cui reazione lascia già intravedere il dramma della passione). L’icona del tempio assume una nuova luce ed essa emerge dal confronto tra Gesù stesso e il tempio (viene qui usato il termine naos che indica il santuario, la parte più sacra dell’edificio, il luogo simbolico in cui risiede la presenza di Dio). Possiamo notare che in questo confronto il segno del tempio, come spazio della presenza di Dio e incontro con Lui, rimane; ma vengono sostituite le modalità e il luogo stesso. Il richiamo alla distruzione e alla ricostruzione di questo tempio orientano a un futuro di novità, a un tempio ‘nuovo’. Sulle labbra di Gesù questa realtà totalmente rinnovata diventa una allusione al suo mistero di morte e risurrezione; il tempio distrutto e ricostruito è il corpo stesso di Gesù (cfr. 2,21).
È Gesù vivente il nuovo tempio, il luogo in cui si comunica con il Padre; in Gesù risuscitato dai morti, Dio è definitivamente presente agli uomini e gli uomini definitivamente presenti a Dio. Come nota X. Léon-Dufour: «il corpo di Gesù, la sua carne, è la dimora della gloria di Dio… In questo santuario, dove il Padre fa abitare il suo nome, si raduneranno tutti gli adoratori e saranno consumati nell’unità: tutti parteciperanno alla santità del Tempio, ‘perché noi verremo a loro e faremo in loro la nostra dimora’».
In questa scena notiamo infine la presenza attiva dei discepoli (presenza che manca nei sinottici), soprattutto attraverso il ricordo, dopo l’evento pasquale, delle parole e dei gesti di Gesù per comprenderne più a fondo il mistero. In questa ‘memoria ecclesiale’ ci viene rivelata l’icona stupenda della Chiesa come luogo, tempio, in cui si rende presente e si incontra il Padre rivelato a noi in Cristo. Non vi è tempio, non vi è chiesa senza la presenza dei credenti. Il racconto si apre così sul tempo della Chiesa che fa memoria del Cristo crocefisso e risorto nella eucaristia, luogo autentico dell’incontro tra Dio e l’uomo, in Gesù. In questo spazio di comunione, ogni credente
viene plasmato a diventare lui stesso tempio di Dio, luogo in cui dimorano, mediante lo Spirito, il Padre e il Figlio. Come dice sant’Agostino: «Vuoi pregare nel tempio? Prega dentro di te; ma cerca prima di essere tempio di Dio, affinché egli possa e saudire chi prega nel suo tempio».
Fonte: Monastero Dumenza
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
della Terza Domenica di Quaresima – Anno B
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 4 Marzo 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Viola
- Es 20, 1-17; Sal.18; 1 Cor 1, 22-25; Gv 2, 13-25
Gv 2, 13-25
Dal Vangelo secondo Giovanni
13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. 18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. 23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 04 – 10 Marzo 2018
- Tempo di Quaresima III
- Colore Viola
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 3
Fonte: LaSacraBibbia.net
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