Conversione per la vita
Il grido dell’uomo, la sua sofferenza, l’assurdità del dolore provocato dalla prepotenza umana, dalle ingiustizie, ma anche davanti alle catastrofi sono realtà che feriscono il cuore dell’uomo, spesso lo mettono in crisi, ma che toccano anche il cuore di Dio che ode il grido del suo popolo. Gesù si misura sugli assurdi della cronaca che sono catastrofi o opera della crudeltà del tiranno, ma risponde in modo strano: “credete che quei galilei fossero più peccatore per subire tale sorte? No, ma se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo”. Gesù sembra invitarci, quando la vita è inspiegabile, a trovare la domanda giusta che ci permette di entrare per quella porta che il fatto apre.
“credete che quei galilei fossero più peccatore per subire tale sorte? No, ma se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo” Si mettono sullo stesso piano il fatto di poter andare sotto gli eventi terrificanti e il convertirsi. C’è qualche cosa che sa affrontare queste cose ed è più forte di queste cose. Spesso davanti a ciò che ci accade o accade nel mondo rimaniamo come paralizzati o rassegnati, ma al fondo di tutto c’è una domanda che ci interpella. La conversione non è tanto il momento del cambio globale della realtà. In latino vuol dire il cambiamento di direzione, del verso in cui sto camminando. In ebraico significa ritornare, ritrovare il proprio punto di origine, tornare nel punto di partenza. In greco vuol dire andare oltre al pensiero. Io non posso vivere se non vado oltre al mio pensiero ritornando costantemente alla mia vera origine. Nelle cose che accadono a noi e intorno a noi è fondamentale crescere, tornare alla verità, tornare a Dio. La conversione è continua perché la vita è cambiamento, apprendimento, e chiede di entrare in dialogo con le cose, con ciò che accade. Abbiamo bisogno di essere cambiati da ciò che accade. La gente presenta a Gesù dei fatti terribili cercandone il senso e lui li invita a crescere dentro tutto ciò che accade. Se rimaniamo a ragionare a livello solo di logica non troviamo via di uscita: dobbiamo entrare in relazione con Dio. Davanti ai fatti gravi della vita più che cercare una spiegazione, a cui non arriviamo mai definitivamente, Gesù ci spinge a chiederci come possiamo essere cambiati da questo fatto e solo così anche un evento terribile può diventare una via privilegiata per amare, per farmi carico del prossimo. Non cercare il senso, ma chi mi chiede di essere.
“Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna” Gesù aggiunge una parabola che parla di un non portare frutto e una cura esagerata perché il fico possa portare frutto. I fatti crudeli sono domande, è il padrone che viene a cercare i frutti, forse è un appello, una chiamata all’amore. Il Signore ci da altro tempo, ma posso non sfruttarlo e andare verso un taglio inevitabile. Possiamo sprecare la vita non lasciandoci cambiare. Attraverso ciò che non possiamo spiegare perché ci supera, possiamo capire però che il padrone bussa alla nostra porta anche attraverso il dolore altrui e mi chiama a farmi accanto nell’amore.
“Padrone, lascialo ancora” È stando in mezzo alla vigna, che il vignaiolo chiede a Dio di lasciarla ancora, di dargli ancora del tempo mentre lui continua a prendersene cura. E’ l’essere di Gesù in mezzo alla vigna che permette a questa di vivere. L’Amore Misericordioso non si arrende di fronte all’aridità del cuore umano e continua a riversare su di esso tutte quelle cure amorevoli che sono necessarie perché esso si svegli dallo stato di torpore improduttivo, per fargli conoscere nuove stagioni primaverili. E’ tipico e proprio dell’Amore avere pazienza, continuare a sperare, prorogare le scadenze, prolungare le attese, concedere nuove opportunità, essere misericordiosi, fare continui e ripetuti sacrifici per non perdere nessuno, lottare con tutte le sue forze e fino allo stremo pur di dare la vita stessa, pur di salvare la persona amata.
PREGHIAMO
«Signore e Sovrano della mia vita, non darmi uno spirito di pigrizia, di scoraggiamento, di dominio e di vana loquacità!
Concedi invece al tuo servo uno spirito di castità, di umiltà, di pazienza e di carità. Sì, Signore e Sovrano, dammi di vedere le mie colpe e di non giudicare mio fratello; poiché tu sei benedetto nei secoli dei secoli.
Amen.» (S.Efrem)
Commento a cura delle Clarisse di S. Gata Feltrie