LA PARABOLA DEL FICO E QUELLA DI UN CAMPIONE
Santa testardaggine. Il vangelo di domenica ci presenta la parabola del fico senza frutti. Una storia che dovrebbe essere liquidata in mezza frase: un fico è senza frutti, viene preso e buttato via. Invece no. Anche se sono tre anni (non tre minuti) che quella pianta non produce, il vignaiolo insiste per tenerlo: «Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai».
Perché insistere? Perché trattare con cura una pianta che pure non dà frutto? È Dio che ha fede in noi – come ricorda la canzone di Lauren Daigle recensita qui su bibbiagiovane.it – anche quando non diamo risposte all’altezza delle nostre capacità.
Così accade anche nella vita: capita di avere attorno persone che credono in noi, e chissà poi perché, e si fanno in quattro (anzi, in otto), per sostenerci. È successo anche a un grande calciatore. Il suo nome? Romano Fogli.
Romano e Danilo
«Ho detto di no». «Ma dai, solo un quarto d’ora». Giuseppe Meazza ci pensò un attimo, poi scosse di nuovo la testa. Davanti a lui c’era Danilo Michelini, uno che mezza Serie A l’aveva vista, tra Roma, Torino, Livorno, Fiorentina. E, da buon attaccante, aveva visto anche la porta. Non come Meazza, per carità, però abbastanza per finire – seppur per poco – nel giro della Nazionale, ai suoi tempi. Anzi, ai loro tempi, che non erano poi così lontani. Almeno, non nel 1954. Aveva quindi un minimo di credibilità, per garantire che quel compaesano 16enne che aveva portato a Firenze era un campione. «Ci credo, ci credo – fu più o meno questa la risposta di Meazza, commissario tecnico della Nazionale juniores –. Ma non posso metterlo in campo. Non senza il via libera della Lega Dilettanti».
Tutti gli altri ragazzini convocati dall’ex fuoriclasse dell’Inter arrivavano infatti dalle squadre più forti d’Italia. Romano, invece, giocava nel minuscolo Santa Maria a Monte. Come avrebbero reagito Milan o Juventus se avessero saputo che i loro campioncini dovevano fare spazio a uno che arrivava dalla provincia?
E cosa avrebbero fatto le squadrette dei paesi, se avessero capito che, domandando a Meazza, si poteva ottenere un posto nella Nazionale juniores? Il buonsenso confermava il no del mister. Ma dalla Lega Dilettanti arrivò un sì. E Michelini tornò alla carica, pochi minuti dopo. Romano segnò un gol, con un tiro al volo, e giocò talmente bene, nella partitella d’allenamento, che Meazza lo tenne per tutto il secondo tempo. Le sue giocate avrebbero illuminato il Torino di Bearzot, il Bologna di Bulgarelli e il Milan di Rivera.
Vinse tutto. Ce l’avrebbe fatta comunque, anche senza quel provino improvvisato. Ma forse, senza la testardaggine di Michelini, l’amico che aveva creduto in lui al punto da farne una questione di principio, non sarebbe andato così lontano.
Si segnala il libro di Giuliano Musi «Romano Fogli – Classe lealtà mondiali» (ed. Minerva), dal quale ho estratto e rielaborato l’aneddoto.
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Commento a cura di Lorenzo Galliani (Bologna, 1985), giornalista e scrittore, collabora con “Avvenire”. Sul settimanale “Verona Fedele” cura la rubrica “Il Calciastorie”. Maggiori informazioni sul suo sito, www.lorenzogalliani.it
Tratto dal sito bibbiagiovane.it curato da Àncora Editrice.
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