Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Distanza tra parola e vita
Sì, però poi c’è la vita. È la frase che noi preti ci sentiamo ripetere spesso quando commentiamo il Vangelo, alla fine di un ritiro, dopo che magari le persone si sono entusiasmate o dopo che si sono sentite consolate dalla Parola di Dio. Poi c’è la vita con il suo deserto, con le ombre del tempo che avanzano, con l’aridità delle giornate che si susseguono stancamente l’una dopo l’altra, quando hai paura di perdere la direzione e non sai bene dove andare.
Poi però c’è la vita…e questo vale anche per noi sacerdoti e religiosi, che sappiamo bene quanta distanza ci sia tra la parola che annunciamo e la vita che spesso a fatica proviamo a portare avanti. La fatica dell’incoerenza e della delusione.
La parola insieme al pane
E così, forse, si è sentita anche quella folla che si era appassionata alla parola di Gesù, ma che adesso si sente congedata, come se tutto fosse finito (cf Lc 9,11b-17). I Dodici sembrano aver fretta di liquidare chi sta distogliendo il maestro e l’amico dall’intimità della relazione con loro, come se la parola dovesse bastare, come se l’insegnamento potesse essere separato dal pane, come se i discorsi non fossero destinati a diventare vita.
Gesù li invita invece a tenere insieme la parola e il pane. Come era avvenuto all’inizio della Genesi (Gen 1,2), anche qui il Signore trae la vita da ciò che sembra arido, nonostante la zona sia deserta, il nutrimento non mancherà! Dove c’è il caos, Dio mette ordine: la folla viene organizzata in gruppi di cinquanta, rimando forse alle disposizioni date da Mosè a Israele (cf Es 18,25). Nel testo troviamo anche un altro riferimento alla storia d’Israele: a differenza dell’ultima cena in Egitto, adesso non si mangia in fretta e col bastone in mano, ma sdraiati, perché il cuore ha finalmente trovato quello che cercava, la sposa ha ritrovato il suo sposo.
Comprare o donare?
Nella delusione e nella rabbia per essere costretti a rinunciare ai loro privilegi, i Dodici si fanno portavoce di una visione economica della vita, molto radicata anche nella mentalità attuale, dove tutto è soggetto alle legge del comprare e del vendere. Per loro, l’unico modo di sfamare la gente è quello di lasciarla andare perché comprino del pane o al più di farsi carico loro stessi di questa spesa così ingente. Gesù li invita invece a entrare in una logica diversa, una logica del tutto estranea anche a molti cristiani di oggi, è la logica del donare, del mettere a disposizione e del condividere: date loro voi stessi da mangiare (Lc 9,13). Sono logiche diverse che presiedono la nostra vita, c’è chi è continuamente in allerta per gli affari che deve concludere, magari ingannando gli altri, e chi sa vivere invece nella serenità e nella gioia di donare quello che è.
Dare valore
Come nel caso dei Dodici, quello che rende complicato entrare nella logica del dono è molto spesso l’incapacità di renderci conto di quello che abbiamo. I Dodici non sanno cosa significhi avere cinque pani e due pesci: sette elementi, hanno la pienezza, non serve altro. E invece, quello che hanno sembra loro insufficiente e inutile. E spesso la tentazione lavora nel lasciarci scoraggiare da questo sguardo minimizzante. Nella versione di Marco, i discepoli non sanno neppure di avere quei pani e quei pesci (Mc 6,38).
Quello che cerchiamo
Alla fine del testo di Luca, la conversione dei Dodici ha contagiato anche altri, perché il pane non è distribuito solo da quel gruppo, ma sono i discepoli, un gruppo più allargato, che annuncia in maniera concreta la logica di Dio (Lc 9,16). La Parola si è fatta pane, proprio come all’inizio della vita di Gesù, colui che è nato a Betlemme, nella ‘casa del pane’. Gesù si fa pane per essere cercato, è la risposta al bisogno fondamentale dell’uomo di essere nutrito. Il pane è immagine del cibo che ci sostiene nel cammino della vita. Quando il giorno volge al declino, quando le ombre della notte ci spaventano con la loro inquietudine, quando non sappiamo dove cercare una risposta alle nostre domande, il Signore si fa pane.
Da quel momento in poi
Attraverso la grammatica dei verbi, Luca vuole lasciar intendere che da quel momento in poi il Signore continua a donarsi a quanti lo cercano: si è donato una volta per sempre, si è fatto pane una volta per sempre, ma da allora in poi continua a darsi ai discepoli per essere portato alle folle che sono stanche e aspettano di mangiare. I verbi che descrivono l’azione di Gesù che prende il pane, benedice e spezza sono all’aoristo, puntualmente accadde così (prese…benedisse…spezzò), ma il verbo che indica l’azione di Gesù che dà il pane perché sia distribuito è all’imperfetto (e li dava ai discepoli): da quel momento in poi continua ad accadere così.
Nuova ed eterna alleanza
La nuova ed eterna alleanza è avvenuta una volta per sempre, la porta del padre misericordioso rimane sempre aperta, ma noi possiamo continuare a nutrirci del suo corpo per mezzo dell’eucaristia che i suoi discepoli ripetono ritualmente per il suo popolo. Come ci ricorda san Paolo: «Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga» (1 Cor 11,26). Quella morte in cui siamo stati salvati, avvenuta una volta per sempre, la riviviamo ogni volta che spezziamo il pane dell’Eucaristia.
È proprio la mia vita, dunque, che ti interessa, Signore! La mia vita, terra arida, luogo in disordine. La mia vita con le ombre della notte, è la vita che vuoi rischiarare con la tua parola. Proprio perché voglio vivere, ti cercherò, come l’unico pane che sazia veramente la mia fame.
Leggersi dentro
- Di cosa sto nutrendo la mia vita in questo tempo?
- Qual è la logica delle mie azioni: comprare/vendere o donare?
P. Gaetano Piccolo S.I.
Compagnia di Gesù (Societas Iesu) – Fonte