Commento al Vangelo di domenica 23 Aprile 2023 – Comunità Kairos

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È un cammino, luogo di incontro e metafora del percorso di fede, che Luca inserisce all’interno del capitolo conclusivo del suo Vangelo.

Sulla strada verso Emmaus, che segna il distanziamento da Gerusalemme, Gesù riappare. Sotto le spoglie di viandante, egli si avvicina ai due discepoli, avvolti dalle tenebre della disillusione e dello sconforto, e li affianca lungo il cammino.

Avere creduto e sperato nel Messia, vederne ora la morte ignominiosa sulla croce, chiude definitivamente ogni speranza: a nulla vale, sconvolgente e considerato puro “vaneggiamento”, l’annunzio della resurrezione portato dalle donne di ritorno dal sepolcro.

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In questa situazione di sconforto e di vuoto, riempito solo dall’immagine terribile dell’appeso alla croce, dal dolore e dalla morte, non si può non provare un profondissimo disorientamento. Chi abbiamo seguito? Chi era colui in cui abbiamo creduto? Che ne è di tutto ciò in cui egli ci ha fatto sperare, se Israele non è stata liberata, ed egli è finito come tra i più reietti della terra?

Sembra di sentire, ritmati dai passi sul terreno, parole, ragionamenti, domande senza risposta, che sanno di sconfitta, a chiudere il sipario su ogni possibilità di fede e di speranza. Ed è a questo punto che il Risorto si avvicina e si fa compagno di cammino. Ma non può essere riconosciuto: «i loro occhi erano impediti », precisa Luca.

Discreto e in ascolto, egli pone domande semplici che mirano a far loro percorrere un altro percorso, quello della memoria. Passo dopo passo, i discepoli snocciolano le tappe degli eventi:

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«Gesù Nazareno, che fu un uomo profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo, come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi lo hanno crocifisso». Ecco il punto di non ritorno: la croce, scandalo, pietra d’inciampo alla fede. Poi, l’annunzio delle donne. La tomba vuota. Il corpo non ritrovato. Troppo. In un giorno che idealmente si dilata («quello stesso giorno») troppi fatti, sconvolgenti, creano disorientamento profondo.

Ed è qui che Gesù propone una lettura “altra” di quegli stessi eventi: non fallimento, ma compimento. Compimento delle Scritture, che gli stessi discepoli conoscevano, ma cui probabilmente non “credevano” e che, pertanto, non riuscivano ancora a “leggere”. Incluso, e forse soprattutto, quella necessitas della croce di Gesù, uomo giusto, perseguitato in un mondo ingiusto e ostile.

È questa infatti la triste fine del testimone che non si assoggetta a logiche di potere e di compromesso, e che affronta in nome della sua stessa fede il dramma dell’incomprensione, del rifiuto, della persecuzione. In questo senso è da intendere «Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». Ma i discepoli si sono fermati allo scandalo del dolore, e della morte di colui in cui avevano riposto ogni speranza, incapaci di collegare i fatti alla Scrittura, comprendendone il senso.

Tuttavia, ascoltare l’interpretazione e il racconto del forestiero provoca un cambiamento; sorge il desiderio profondo di continuare a “stare” con lui: «Rimani con noi» , è la richiesta che gli rivolgono.

Entrati nella loro dimora, l’ospite si fa padrone di casa: seduto a tavola, benedice e spezza il pane e lo dà ai discepoli, ed è a questo punto che, ci dice Luca, «si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista ».

La parola, letta, interpretata e meditata, seguita dal gesto eucaristico dello spezzare il pane consente loro di vederlo. Rimasti soli, i due discepoli comprendono ora il sentimento che li attraversava mentre egli parlava: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture

Così, quel cammino, che dal buio dell’incredulità, passo dopo passo, ha portato al “riconoscimento” e alla fede, diventa ora cammino di annuncio: in quello stesso giorno i discepoli ripercorrono a ritroso la via verso Gerusalemme, per raggiungere gli Undici riuniti e dare la loro testimonianza.

Sintesi e liturgia della storia di salvezza, questo brano è la buona notizia che ci viene incontro nel nostro percorso di fede attraversato dal dubbio, dallo sconcerto fino alla vertigine della non fede, sovente a causa dell’insopportabilità e imperscrutabilità del male, esso stesso fonte di un male altrettanto perfido: la perdita di ogni speranza.

Disorientati, percorriamo altre vie, seppellendo sotto la coltre del nulla ciò in cui avevamo creduto e sperato. In questo percorso il Signore ci viene accanto, ma non possiamo coglierne la presenza se non ci mettiamo in ascolto della sua parola, se non ci facciamo interrogare da essa, se non cerchiamo di percepire ciò che nel frattempo si agita nel nostro cuore/mente.

Facendo memoria delle sue parole e dei suoi gesti, meditiamo la buona novella del volto misericordioso del Padre, ritroviamo la gioia della vita solidale e fraterna, ci apriamo alla fede nella resurrezione.


A cura di Raffaella per la Comunità Kairos.

Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay