Gesù è ormai entrato in Gerusalemme; il cerchio attorno a lui va stringendosi e diversi gruppi di persone, appartenenti all’ambiente sociale, religioso, politico, lo circondano e lo interrogano. La controversia di cui oggi leggiamo è smaccatamente politica e, pertanto, tutti ne sono interessati e coinvolti. Ma è anche estremamente insidiosa… Lo si può vedere perfino dai soggetti che entrano in azione. Cosa può infatti coalizzare dei farisei, che mal sopportavano gli occupanti romani, e degli erodiani, che erano invece ‘filogovernativi’ e collaborazionisti? Sembra di vedere quelle strane alchimie politiche contemporanee, in cui, pur senza avere nessun punto progettuale comune, ci si coalizza solo per eliminare un avversario!
L’evangelista ci attesta palesemente l’intenzione perversa degli interlocutori – malgrado la becera captatio benevolentiæ del v. 16 – ma anche la accorta lucidità di Gesù, per nulla sorpreso della loro ipocrisia (cfr. v. 18). Ciononostante, la questione è rischiosa: se Gesù dice che bisogna pagare il tributo rischia di essere accusato di idolatria, sia nel senso di non riconoscere l’assoluta signoria di YHWH che nell’accettare che l’imperatore sia riconosciuto di natura divina e ne venga tollerata la raffigurazione; se Gesù dice che non lo si deve pagare, rischia di essere accusato di essere un sobillatore politico o, all’opposto, un sognatore spirituale…
Lo stile della replica di Gesù è profondamente radicato nella cultura dell’epoca e si avvale di una ‘dimostrazione pratica’. Una modalità rabbinica, in due tempi, che qui si appoggia sulla richiesta di vedere, di avere dinanzi la moneta in questione (il pagamento del tributo a Cesare avveniva attraverso un pezzo specificamente coniato per questo fine, il cui valore economico corrispondeva a una giornata di lavoro ordinario). È curioso – qui l’evangelista diviene sarcastico – verificare come la suddetta moneta si trovi prontamente nelle tasche degli avversari…
Nel corso della storia, la risposta di Gesù è stata interpretata in vari modi: una frase a effetto, una modalità evasiva per rispondere senza sbilanciarsi; una indiretta critica agli interlocutori, che tirano in campo problemi di coscienza solo quando si toccano i (loro) soldi; una separazione netta e senza compromessi tra ambito spirituale e temporale… Il men che si possa dire è che Gesù, distinguendo i due soggetti, Dio e Cesare, non fa coincidere i due campi e spoglia la politica di ogni dimensione sacrale e divina. Gesù aveva già incontrato nella sua esistenza questa connessione tra
ambito politico e religioso: nel ‘dialogo’ avuto nel deserto con il diavolo (cfr. Mt 4,8-10) e alla prima moltiplicazione dei pani (cfr. Gv 6,1-15), quando la folla lo aveva cercato per farlo re. Sfugge pertanto all’insidia della richiesta di un sì o di un no netto e inequivocabile, così come avrebbero voluto gli avversari…
La politica può essere vissuta come servizio a Dio ma non coincide con il Regno di Dio né l’imperatore può assurgere a un ruolo che solo compete a Dio. Così come è anche vero che obbedire a Cesare è obbedire a Dio, almeno fino a che la Scrittura non offre indicazioni contrastanti con l’ambito politico; l’appartenenza a Dio non esautora l’uomo dalle sue responsabilità civili e politiche e il ‘potere’ di Dio non è concorrenziale a quello statale. Sembra quindi che Gesù suggerisca una relazione tra i due ambiti, che non vanno né separati radicalmente né fatti coincidere: si è richiamati al ruolo decisivo del discernimento, dell’azione della propria coscienza a fronte delle diverse vicende storiche.
La risposta di Gesù ha per effetto di stupire e provocare l’allontanamento degli astanti: speriamo non avvenga altrettanto a noi! Forse ci si può però ancora soffermare su un’espressione di Gesù. Quel «rendete» (v. 21), restituite, sembra far riferimento a un debito – meglio, a un dono preventivamente e gratuitamente offerto a tutti indistintamente – attraverso il quale viene attivata lanostra libertà e responsabilità, la capacità di costruire il bene sia mediante l’ambito civile che quello religioso come risposta a qualcosa che ci ha preceduto e che comunitariamente ci sorregge e accompagna.
Fonte: Monastero Dumenza
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XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
- Colore liturgico: Verde
- Is 45, 1. 4-6; Sal.95; 1 Ts 1, 1-5; Mt 22, 15-21
Mt 22, 15-21
Dal Vangelo secondo Matteo
15Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 22 – 28 Ottobre 2017
- Tempo Ordinario XXIX
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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