Commento al Vangelo di domenica 21 Ottobre 2018 – Comunità Monastica Ss. Trinità

Tra le resistenze che il discepolo incontra nel suo cammino di sequela del Signore Gesù, una in particolare emerge con forza nei capitoli centrali del racconto di Marco: è la resistenza alla logica della diakonia, logica che anima in profondità la via di Gesù e attraverso la quale il Figlio rivela la sua obbedienza al Padre e il suo amore senza limiti per gli uomini. Per ben due volte Gesù deve ritornare sul tema del servizio per educare i discepoli, riluttanti a questa prospettiva e affascinati maggiormente dalla ricerca e dalla conquista di un primo posto da cui poter emergere e dominare sugli altri (cfr. Mc 9,33.35 e 10,42-45).

E questo intervento di Gesù sul servizio, che mira a correggere la tentazione in cui i discepoli si lasciano facilmente coinvolgere, avviene significativamente dopo il secondo e il terzo annuncio della passione, morte e risurrezione (cfr. Mc 9,30-32 e 10,32-34); il discepolo fatica ad accogliere questa parola dura, fatica ad andare al di là di un paradosso che tuttavia apre lo sguardo sul mistero del dono del Figlio dell’uomo, sul mistero di Colui che «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (10, 45).

In fondo il discepolo rimane estraneo alla stessa Scrittura che già aveva tratteggiato il volto di questo umile Servo che attraversa l’esperienza della sofferenza e del disprezzo per aprire agli uomini il cammino della vita. Questo «uomo dei dolori», come dice il Deutero-Isaia (prima lettura), la cui esistenza assurda e segnata dalla sofferenza sembra una contraddizione di una umanità amata da Dio, è in realtà il cammino che Dio stesso sceglie per rivelare tutta la sua solidarietà con l’uomo; anzi attraverso questa umiliante via crucis , questo misterioso servo, in cui «si compie la volontà del Signore», diventa offerta «in sacrificio di riparazione». Ecco perché il Deutero-Isaia, con quello sguardo profetico che va al di là di una drammatica vicenda di dolore, può annunciare: «dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza… il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53,11).

Non è forse questo il cammino che Gesù prospetta ai discepoli nel secondo annuncio della passione? Ma il cuore del discepolo è altrove; non può accogliere questa parola, chiuso nella sua incomprensione e nella sua paura. Ecco perché Marco nota: «Camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti» (10,32).

Proprio in questo contesto di ‘lontananza’ tra Gesù e i discepoli, che pur stanno camminando con lui, si colloca la sorprendente domanda dei figli di Zebedeo. Essa rivela quale è la logica che stanno inseguendo questi due discepoli: essi vogliono (è la pretesa del potere) che Gesù favorisca la loro sete di carriera: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (10,37). Dunque, con una disinvoltura che irrita gli altri dieci discepoli, Giacomo e Giovanni domandano di avere i primi posti, di essere i primi ministri nel regno istaurato dal Messia glorioso. Nella loro richiesta emerge ancora una volta il rifiuto alla sequela della croce: vi è la paura di guardare in faccia quella realtà umanamente scandalosa e incomprensibile che segna il passaggio attraverso cui Gesù realizza il dono della sua vita. E proprio su questo passaggio Gesù insiste nella sua risposta ai discepoli: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati…» (10,39). Prendere parte alla gloria di questo Messia umiliato è possibile solo condividendo come lui l’esperienza della pasqua, rimanendo come lui solidale all’uomo peccatore nell’obbedienza al Padre che ha scelto questa via per rivelare la sua misericordia e per liberare l’uomo dalla morte.

E con forza, le due immagini del calice che deve essere bevuto (immagine che ritorna al Getsèmani: cfr. Mc 14,36) e delle acque in cui è necessario immergersi esprimono sia il cammino di umiliazione e di morte che Gesù sta percorrendo, sia la piena condivisione della realtà umana che il Figlio di Dio si assume totalmente in comunione con il volere del Padre. Questa è la tensione che anima la via di Gesù e questo è ciò che deve importare al discepolo, scelto «per stare con lui» (Mc 3,15). Tutto il resto è libera azione del Padre: sarà lui a scegliere chi far sedere alla destra e alla sinistra di questo Messia umanamente poco glorioso: «Con lui crocefissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra» (15,27).

Ciò che Gesù dice ai figli di Zebedeo, si trasforma in una parola rivolta a tutta la comunità. In fondo, la tentazione di questi due discepoli è la tentazione di tutta la comunità dei discepoli. La logica del potere (espressa da questa smaccata richiesta) fa scattare una tensione tra gli altri, i quali «avendo sentito, cominciarono ad indignarsi» (10,41); una indignazione che, purtroppo, maschera lo stesso desiderio di un primo posto. Nella comunità dei discepoli (la Chiesa) c’è il rischio che si instauri la stessa logica di dominio che caratterizza le relazioni in prospettiva ‘mondana’ (siano esse politiche, economiche, sociali e anche religiose). La comunità dei discepoli non ha altre vie da seguire se non quella di Gesù. E qui Gesù ripropone nuovamente il suo cammino e il suo esser in mezzo ai discepoli attraverso l’icona del servo: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (10, 45).

La comunità dei discepoli si trova sempre di fronte a queste due possibilità: o seguire la logica del mondo o seguire con umiltà il cammino della diakonia, il cammino del dono di sé, la via di Gesù (quel Messia che poco dopo entrerà in Gerusalemme a dorso di un puledro d’asina: cfr. Mc 11,1-10). La prima strada è chiara («voi sapete…»): è quella percorsa da chi domina, da chi esercita un potere, illudendosi di avere così l’autorità e il diritto di farsi chiamare capo. Ma è una via di oppressione e non di reale dono e servizio, poiché non libera, non fa maturare e crescere l’altro (non è una reale auctoritas). Il cammino di Gesù permette di realizzare autenticamente il desiderio che il discepolo, e ogni uomo custodisce nel cuore: ‘esser grande’ cioè realizzare pienamente la propria umanità. La via che Gesù propone è l’anti-potere per eccellenza: «Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (10,44). Colui che è senza ruolo e senza prestigio, lo schiavo, colui che ha il coraggio di mettersi ai piedi dei fratelli e di diminuire perché l’altro possa crescere, colui che veramente serve i fratelli donando sé stesso e la sua vita, questi è veramente grande, è il primo, esercita una reale autorità.

E in questa prospettiva l’autorità nella comunità dei discepoli diventa luogo di rivelazione in cui deve trasparire maggiormente la logica della Croce e solo in questa logica l’autorità trova giustificazione. La parola di Gesù non può essere ridotta ad un vaga esortazione all’umiltà; essa è, di fatto,  criterio di discernimento per lo stile di ogni comunità cristiana, della Chiesa di ogni tempo. Relazioni tra discepoli, strutture e ministeri, stili di vita e di annuncio, tutto nella comunità deve confrontarsi con questa parola. Perché Gesù lo dice chiaramente: «Tra voi non è così…» (10,43). Tra i discepoli non ci può essere spazio per la logica del potere; la vita di una comunità cristiana deve essere l’alternativa vivificante a questo cammino di morte a cui conduce la sete del potere, il luogo in cui al centro c’è la vita e la persona di Gesù (è la misteriosa forza dei due sacramenti che fanno la Chiesa, il battesimo e l’eucaristia), il luogo in cui si rivela il dono che conduce alla salvezza. Questo è il cuore della sequela che ogni discepolo deve vivere e, in primo luogo, colui che tra i fratelli è chiamato ad esser servo della comunione.

Fonte: Monastero Dumenza

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XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

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Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.

Mc 10, 35-45
Dal Vangelo secondo Marco

35Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». 37Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». 39Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 21 – 27 Ottobre 2018
  • Tempo Ordinario XXIX
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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