L’esperienza dell’uomo biblico è fondamentalmente quella di essere custodito dalla presenza di Dio: è scoperta che il cammino della vita non è conquista e opera delle forze umane, anche se così a volte può sembrare. Piuttosto la nostra esistenza è sospesa nella cura di Colui che è creatore del cielo e della terra e custode della nostra storia.
Le mani aperte di Mosè sul monte esprimono questa apertura di accoglienza: pur in un quadro di battaglia che riporta ad un contesto di violenza diviene tuttavia simbolo della dipendenza totale dalla custodia di YHWH. Quando Mosè alzava le mani in segno di preghiera Israele era più forte. La vita e il futuro di Israele dipende dal riconoscimento della presenza di Dio. La preghiera viene così presentata come uno stare alla presenza di Dio per poter avere vita e futuro.
Pregare inoltre non è esperienza solitaria, ma è esperienza di solidarietà con altri, è portare avanti la vita di un popolo.
“Alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto il cielo e la terra. Non lascerà vacillare il tuo piede… il Signore è il tuo custode”
Nella seconda lettura l’invito rivolto a Timoteo specifica il contenuto del pregare. Timoteo è esortato a rimanere saldo in ciò che ha appreso cioè nella lettura e ascolto della Scrittura. In essa soffia lo Spirito di Dio. La preghiera si nutre dell’ascolto della Scrittura, ed è via per mantenere la vita orientata in Cristo e illuminata dalla sua Parola. In tale ascolto si matura quella preparazione per ogni opera buona, per poter annunziare la parola in modo significativo nella situazione in cui siamo inseriti.
La parabola del giudice e della vedova del vangelo di Luca esigono di essere lette come denuncia di una profonda esperienza di ingiustizia: Non vano lette come metafora in cui il giudice rappresenterebbe Dio e la vedova colei che prega rivolgendosi a Lui.
Nella parabola il racconto delinea un giudice che rinvia continuamente il momento in cui prendere in considerazione la causa di una vedova. E’ un comportamento iniquo, e la vedova è la figura del debole, senza difese e senza appoggi umani. Il suo coraggio e la sua insistenza superano il senso di impotenza e la delusione che interviene in queste vicende. Luca descrive la vedova come una donna che non smette di andare dal giudice dicendo ‘Rendimi giustizia contro il mio avversario’. E’ condizione del tempo di Gesù contro cui Gesù prova un moto di ripulsa e denuncia e la condizione del nostro tempo.
L’insistenza della vedova non viene meno di fronte all’ingiusta attesa a cui è sottoposta che ha i tratti di un’angheria. Non viene fiaccata nemmeno dalla delusione per non essere ascoltata. E’ questo un episodio di vita. E’ sintesi di tante esperienze quotidiane vissute o in riferimento a situazioni lontane segnate dall’indifferenza e dall’ingiustizia. Situazioni che possono condurre alla delusione, al senso di impotenza fino ad incattivirsi. Ad un certo punto però nella parabola il giudice cede alle insistenze: ‘le renderò giustizia, perché non venga a seccarmi’ espressione che si potrebbe anche leggere così: ‘le farò giustizia perché alla fine non mi colpisca in faccia’. Luca qui accenna alla giusta rabbia degli oppressi di fronte alla prepotenza a cui sono sottoposti. E’ la descrizione di un ascolto, alfine, da parte di un giudice iniquo solamente perché teme che la vedova lo danneggi.
La domanda che sorge è allora: ci sarà un fine a questa situazione di ingiustizia? O è tutto inutile? Il rischio vicino è quello della rassegnazione e del lasciare tutto andare senza alcuna attesa. Sarà stabilita la giustizia (parola che ritorna a più riprese nella parabola)?
Il centro della parabola sta nell’annuncio che ‘il Signore’ – ed il riferimento va al Risorto – opererà e farà giustizia. E’ annuncio del regno di Dio come diversità rispetto alla situazione di oppressione: Dio è fedele alle sue promesse e ascolta il grido dei poveri che gridano a lui.
Alla sua comunità che viveva ormai a distanza di tempo dalla vicenda storica di Gesù Luca dice che vale la pena continuare ad impegnarsi sapendo che il signore farà giustizia. Gesù chiede di ‘pregare sempre senza incattivirsi’.
A questo deve condurre la preghiera: aprirsi all’alterità di Dio, entrare nell’incontro con Lui. La preghiera non è esperienza che si vive per cambiare Dio, piuttosto è ascolto prolungato della Parola per cambiare il nostro cuore. La preghiera conduce all’attesa che disarma le nostre aspettative e proiezioni: Dio è fedele alle sue promesse che non corrispondono alle nostre richieste. E’ sempre più grande dei nostri pensieri e del nostro cuore. Entrare nella preghiera non è questione di metodi o di pratiche magiche ma significa camminare in una relazione che coinvolge l’intera esistenza.
Dio rimane fedele, anche se l’attesa è faticosa, anche se sembra che la preghiera non trovi ascolto, anche se la domanda che attraversa i cuori dei giusti oppressi è ‘fino a quando Signore?’: “Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svegliati perché dormi Signore? Destati non ci respingere per sempre. Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?” (Sal 44,23-25).
Pregare è momento per scoprire la nostra responsabilità per operare in vista dellla giustizia per un mondo nuovo. Dietrich Bonhoeffer così esprime questa attesa:
“Le parole d’un tempo devono perdere la loro forza e ammutolire, e il nostro essere cristiani consisterà oggi solo in due cose: pregare e praticare ciò che è giusto tra gli uomini. Non è nostro compito predire il giorno ma quel giorno verrà in cui degli uomini saranno chiamati nuovamente a pronunciare la parola “Dio” in modo tale che il mondo ne sarà cambiato e rinnovato”. Pregare e operare la giustizia sono i due movimenti del credente.
La parabola ofre anche un messaggio sul volto del discepolo: chi crede è colui che non viene meno alla fede, non smette di invocare, di sperare: sempre, senza stancarsi. La vedova è esempio del credente che non ha altri sostegni, che ha fiducia in ‘Colui che non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito’ (Dt 10,17-18). E’ lo stare di queste persone, come la vedova, che non è riconosciuta ed è calpestata nei suoi diritti, a mantenere la preghiera che porta avanti il mondo.
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Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia. Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
Letture della
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Prima Lettura
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.
Dal libro dell’Èsodo
Es 17,8-13
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 120 (121)
R. Il mio aiuto viene dal Signore.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.
Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele. R.
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte. R.
Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. R.
Seconda Lettura
L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
2 Tm 3,14 – 4,2
Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.
Parola di Dio
Vangelo
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 18,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Parola del Signore