Commento al Vangelo di domenica 20 Giugno 2021 – p. Alessandro Cortesi op

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

Un breve brano del libro di Giobbe, testo difficile e scandaloso del Primo testamento, è tratto dal discorso di Dio a conclusione dei dibattiti di Giobbe con i suoi amici. Giobbe è giusto sofferente che ha il coraggio di alzare la sua protesta contro Dio sollevando domande difficili davanti al male e all’ingiustizia. Suoi amici cercano di convincerlo che le sue proteste non sono valide ma devono riconoscere che tutto rientra in un quadro in cui il volto di Dio corrisponde alle costruzioni del pensiero umano. Ma Giobbe si ribella. Alla fine Dio interviene riconoscendo a Giobbe la sua sincerità e accogliendo la sua sfida. Ma nello stesso tempo lo pone davanti al limite anche del suo ragionare. Gli si presenta come creatore e gli pone davanti la sua grandezza che non può essere sondata dal pensiero umano:

Chi ha chiuso tra due porte il mare, / quando usciva impetuoso dal seno materno, / quando io lo vestivo di nubi / e lo fasciavo di una nuvola oscura…?

Non dà risposte a Giobbe ma gli parla come Dio del bene e della vita e riconosce che Giobbe non si è accontentato di spiegazioni facili, ma ha veramente cercato il suo volto.

Il vangelo di Marco pone in luce in modo progressivo la domanda sull’identità di Gesù. A Cafarnao quando, dopo la guarigione dell’indemoniato nella sinagoga, la gente dice: “Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono” (Mc 1,27). Poi al capitolo 4, Gesù è presentato nella sua capacità di dominare non solo gli spiriti immondi, ma le forze del vento e del mare.

Nella forza della tempesta in mare sta il simbolo di forze oscure di male non dominabili dall’uomo. Marco presenta Gesù come ‘il più forte’, anche della tempesta, e riporta ad obbedienza il vento ed dal mare. Nel racconto della tempesta calmata l’agire di Gesù richiama la potenza di Dio: “Egli parlò e scatenò un vento burrascoso che fece alzare le onde; salivano fino al cielo, scendevano negli abissi; si sentuvani venir meno nel pericolo…nell’angustia gridarono al Signore ed egli li fece uscire dalle loro angoscie. La tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le onde del mare” (Sal 107,25-29).

Ma Marco non solo sottolinea la potenza di un agire che vince le forze del male. Ricorda anche la debolezza e la fatica che lo opprime: il sonno profondo che lo prende sulla barca mentre si scatena la tempesta fa intuire il paradosso dell’identità di Cristo: debolezza e potenza sono in lui compresenti. Il Gesù sfinito è anche colui che ordina al mare di tacere. Proprio questo contrasto suscita ancora l’interrogativo: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?” Nel vangelo questa domanda rimane aperta e si fa invito ai discepoli perché seguano Gesù.

Alessandro Cortesi op

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