“…Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi?” Nel vangelo di Marco i farisei sono presentati come gruppo in forte polemica con Gesù. Per certi versi Marco opera una caricatura della spiritualità farisaica, legata alla Legge, alla fedeltà quotidiana all’alleanza, ad esprimere la fede in atti concreti e visibili. Per certi aspetti il loro impegno era espressione di coerenza e vicino a quanto Gesù stesso proponeva.
Ma Marco nell’indicare i farisei sottolinea un modo di opporsi a Gesù proprio di persone religiose, ma che vivono una religiosità centrata su di sé, escludente e incapace di aprirsi al dono di grazia. Marco scorge che vi è un rifiuto della proposta di Gesù che giunge proprio da persone religiose, che non comprendono il suo annuncio e vi si oppongono perché destabilizza un modo di intendere la religione. I farisei divengono così paradigma di un modo di vivere la religione in termini di esteriorità, di egoismo, di preoccupazione per sé e di indifferenza agli altri. Sono chiusi alle sofferenze del prossimo e per loro le norme stanno al di sopra dell’attenzione alle persone. L’osservanza delle prescrizioni, l’esecuzione dei riti, sono così slegati dall’attenzione agli altri. Vi è al fondo una pretesa di stare nel giusto in rapporto a Dio ed una mentalità di autoaffermazione che esclude e si pone in una condizione di autosufficienza e di superiorità.
I farisei criticano Gesù perché i discepoli prendono cibo senza lavarsi le mani, il che era una prescrizione religiosa e igienica. Gesù risponde a questa critica affrontando la questione del rapporto tra quello che Dio vuole da noi e le tradizioni che sono frutto di elaborazione umana. Gesù si oppone decisamente all’ipocrisia: è questo l’atteggiamento raffinato di chi anziché vivere la fedeltà a Dio in rapporti di giustizia pone la sua preoccupazione nell’adempimento di pratiche religiose ritenendo che questo sia tutto. I profeti richiamavano con forza che l’autentico culto doveva essere compiuto nella vita e stare in rapporto ad un impegno concreto di giustizia nei rapporti con gli altri e denunciavano un modo di rapportarsi a Dio che dava spazio al culto, ma senza coinvolgimento del cuore e perdendo di vista il centro della fede come rapporto che coinvolge la vita: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto insegnando dottrine che sono precetti di uomini (Is 29,13).
Il cuore nella mentalità ebraica è il centro della persona. “Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio per me, noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso (…) Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vita. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” (Is 1,13-17)
Gesù pone la medesima domanda: dove sta il cuore, ossia il centro delle decisioni della persona? Se il cuore sta presso Dio allora il culto dovrebbe risultare un modo di vivere in cui si attua un nuovo modo di relazione con gli altri, e al primo posto sta lo sguardo alle persone a cui Dio, difensore del povero, dello straniero e della vedova, rinvia. Non ci può essere contrasto o dissociazione tra il riferimento a Dio e lo sguardo agli altri, soprattutto a coloro che non hanno sostegni e difese, ai poveri. Gesù smaschera la deviazione di ogni tipo di fariseismo religioso, il trasporre tradizioni di uomini quale esigenza divina divenendo indifferenti alle persone, alla loro sete di liberazione e di vita.
“Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”: la durezza di queste parole dovrebbe rimanere monito ad ogni tentazione sempre presente di non mantenere il riferimento alla parola di Dio, alla sua richiesta di un culto come giustizia per i poveri, criterio primo e irrinunciabile della nostra esistenza.
C’è un secondo aspetto da cogliere nella risposta di Gesù alla questione sul puro e sull’impuro: “Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo”. Bene e male non stanno nelle cose in se stesse. Le cose in se stesse non sono buone o cattive. E’ invece la persona che decide per il bene o per il male nel modo in cui utilizza le cose. .
Così dicendo Gesù dice che tutte le cose in se stesse sono buone ma possono essere utilizzate in vario modo, per il bene o per il male. In sé non hanno radice di male. Tutto viene da Dio e per questo non può esser cattivo o impuro in sé. E’ chiamata in gioco la responsabilità umana che non può essere delegata ad altri. Gesù critica quindi una religiosità che fa rimanere tranquilli perché si osservano alcune pratiche esteriorie non s’interroga sull’orientamento del cuore. E indica come il rapporto con Dio sia un dialogo vivente in cui non si è mai concluso di domandare cosa è bene davanti a lui e in rapporto agli altri.
Puro e impuro rinviano allora ad una vita di fedeltà a Dio che trova espressione in una prassi che ha radice in un ‘cuore’ rivolto al Signore. Gesù richiama all’interiorità, a quella sorgente profonda da cui ogni comportamento della vita ha origine. Pone ogni persona davanti nella situazione di responsabilità, nell’esigenza di rispondere a se stessa e agli altri, davanti a Dio. E’ un messaggio di libertà e di fiducia perché apre ad accogliere la presenza di Dio, che solo può liberarci dall’egoismo e da ogni tipo di idolatria.
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XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
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- Colore liturgico: Verde
- Dt 4, 1-2. 6-8; Sal.14; Gc 1, 17-18. 21-27; Mc 7,1-8.14-15.21-23
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 7,1-8.14-15.21-23
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate
la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 02 – 08 Settembre 2018
- Tempo Ordinario XXII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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