Padre Alberto Maggi commenta il Vangelo di domenica prossima, 2 Giugno 2019, Settima Domenica di Pasqua, Ascensione del Signore.
Per la comprensione del brano che la liturgia ci presenta nella festa dell’Ascensione bisogna rifarci alla concezione cosmologica, cioè com’era compresa la relazione tra la terra e il cielo, al tempo degli evangelisti. Dio era situato in alto, nei cieli, gli uomini sulla terra, per cui tutto quello che proveniva da Dio si diceva che scendeva verso gli uomini, e tutto quello che dagli uomini andava verso Dio saliva.
Leggiamo allora quello che l’evangelista ci scrive, è il capitolo 24, versetti 46-53. Anzitutto prima l’evangelista ha scritto che Gesù “aprì ai suoi discepoli la mente per comprendere le Scritture”. Le Scritture non è sufficiente leggerle, bisogna aprire la mente, cioè aprirsi verso il nuovo, altrimenti non si comprendono.
“In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno”. Gesù è già risuscitato, conferma che tutto questo faceva parte del piano di Dio, ma soprattutto che la morte non ha trattenuto Gesù. Gesù è risuscitato il terzo giorno e il numero tre, lo sappiamo ormai, dalla simbologia biblica significa quello che è completo, quello che è definitivo, quindi la vittoria definitiva sulla morte.
“E nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli”, il termine adoperato dall’evangelista indica le nazioni pagane, quindi è messaggio che è universale. Qui l’evangelista riprende lo stesso annunzio di Giovanni Battista, modificandolo leggermente. Giovanni Battista aveva annunziato un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, qui si omette il battesimo e viene proclamata a tuti i popoli la conversione. La conversione significa un cambiamento dei valori che orientano la propria vita. Se fino adesso hai vissuto per te, da questo momento vivi per gli altri.
“La conversione per” – non è e – “per il perdono dei peccati”. Il cambiamento di vita, lasciandosi alle spalle l’egoismo che ha orientato la propria esistenza e aprendosi al nuovo, ottiene la cancellazione del passato peccatore.
E, sottolinea l’evangelista, sembra una sottolineatura leggera, ma in realtà ha una grande portata, “Cominciando da Gerusalemme”. È una sfida quella che Gesù lancia perché era a Gerusalemme, nel tempio, che le persone dovevano andare per ottenere il perdono dei peccati portando delle offerte, dei sacrifici da fare a Dio. Ebbene per Gesù non c’è più bisogno di uno spazio sacro, non c’è più bisogno di un rito liturgico per il perdono dei peccati, ma è necessario il cambiamento della propria vita.
Ma non solo, Gesù aveva detto che “saranno predicati a tutti i popoli”, indicava i popoli pagani, e ci mette “cominciando da Gerusalemme”. Gerusalemme, la città santa, sede dell’istituzione religiosa, è equiparata da Gesù ai popoli pagani, “di questo voi siete testimoni”.
“Ed ecco Io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso” – letteralmente la promessa del Padre mio
– “ma voi restate in città”. Gesù sta annunziando l’invio del suo Spirito che darà la forza ai discepoli e di comprendere il suo messaggio e soprattutto di tradurlo in atteggiamenti vivificanti per gli altri, ma Gesù chiede che fino a quel momento restino letteralmente, l’evangelista adopera il verbo “restare seduti”, quindi immobili, inattivi, “finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Quindi è l’annunzio di quella che poi sarà la Pentecoste.
“Poi li condusse fuori”, e qui l’evangelista adopera un verbo tecnico, che è quello adoperato nel libro dell’Esodo, per indicare l’azione liberatrice di Dio al popolo ebraico, schiavo in Egitto. Il Signore è colui che condusse fuori il suo popolo dalla terra di schiavitù. Ebbene, il fatto che l’evangelista adoperi questa stessa espressione significa che la terra promessa in realtà si era trasformata in terra di schiavitù. Era stata l’istituzione religiosa che aveva imprigionato Dio e aveva imprigionato il suo popolo per il proprio interesse, per le proprie convenienze. E allora l’esodo di Gesù si conclude portando fuori gli uomini da questa istituzione, rendendoli pienamente liberi.
“Fuori verso Betania, e alzate le mani”, questo alzare le mani è un segno di vittoria. L’evangelista qui si richiama al libro dell’Esodo quando Mosè nella battaglia contro Amalek alza le mani. Quando Mosè alza le mani vince, quindi quello di Gesù è un gesto di vittoria. Ha trionfato sulla morte, ha trionfato sull’istituzione religiosa.
Quindi Gesù cerca di portare i discepoli al di fuori di tutto questo. “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su in cielo”. Ecco come abbiamo detto all’inizio quella che l’evangelista ci vuol dare non è una scena di separazione, ma di vicinanza. Non è una lontananza, un’assenza quella che l’evangelista ci sta presentando, ma una presenza ancora più intensa. Gesù adesso è nella pienezza della condizione divina. Quell’uomo che i sommi sacerdoti avevano assassinato considerandolo maledetto in realtà in quell’uomo si manifestava la pienezza della condizione divina.
Il finale del vangelo è deludente: “Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme” – ma come? Gesù li ha portati fuori da Gerusalemme e loro tornano indietro – “con grande gioia e” – ed ecco la sorpresa finale – “stavano sempre nel tempio lodando Dio”. Ma come nel tempio? Non si sono resi conto che il velo del tempio si era stracciato e che Dio non era più nel tempio?
Quel tempio che Gesù aveva denunciato come un covo di ladri, come un covo di banditi, e per il quale si era augurato la sparizione, quel tempio che era il luogo più pericoloso per Gesù, per i discepoli è il luogo che dà loro sicurezza.
Ci vorrà lo Spirito Santo, ci vorrà la Pentecoste per liberarli da tutto questo.
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Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 24, 46-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.