Nella scelta delle letture per la solennità di Cristo re dell’universo, la liturgia privilegia una particolare angolatura attraverso la quale ci fa cogliere la regalità di Cristo. Certamente, alla luce dei testi scritturistici, il titolo di re applicato a Cristo non ha assolutamente nessuna delle connotazioni politiche che potrebbero ancora velare o deformare il vero significato della festa odierna. In questa domenica, la liturgia della Parola ci orienta a contemplare nel volto di Cristo un tratto particolare che, chiaramente, ci offre anche una visione della storia e del suo compimento: è il volto del Pantokrator, di Colui che porta a pienezza il progetto salvifico di Dio e pone un discernimento sull’umanità e sulla sua storia. Il nostro sguardo è proiettato agli ultimi tempi, a quel giudizio che si compie nel momento in cui il Signore Gesù ritornerà; ma nello stesso tempo siamo rimandati alla nostra storia perché in essa si gioca la definitività di quel giudizio.
Attraverso le tre letture possiamo cogliere altrettante angolature contemplative attraverso cui riconoscere i tratti del volto del Pantokrator. Cristo si rivela a noi come il compimento della profezia di Ezechiele: è lui quel pastore secondo il cuore di Dio che raduna le pecore «da tutti i luoghi ove erano disperse» (Ez 34,12), che veglia su ogni pecora, che cura con tenerezza le più deboli e che assicura quella giustizia che permette a tutti di vivere in vera pace (vv. 15-17). La giustizia di Dio che si riflette nell’agire di un pastore che pasce nell’amore e nella verità, si concentra sull’icona del giudizio finale descritta in Mt 25,31-46: il Pantokrator assume i tratti del «Figlio dell’Uomo che verrà nella sua gloria» e che «siederà sul trono e davanti a lui verranno radunati tutti i popoli» (vv. 31-32). La sua venuta segnerà il compimento della storia, l’incontro per coloro che l’hanno atteso e sono vissuti nell’amore, secondo la sua parola, e il giudizio per coloro che l’hanno rifiutato nei fratelli più piccoli: «Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre» (v. 32). Il pastore che giudica alla fine dei tempi è il Risorto, primizia di coloro che sono morti. La sua vittoria sul peccato e sulla morte si manifesterà pienamente quando «consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza» (1Cor 15,24). Questa visione finale, riassume tutte le vicende dell’umanità da Adamo fino al Figlio dell’Uomo, il Risorto: noi partecipiamo a questa storia, sia nella esperienza della morte che Cristo stesso ha condiviso con noi, sia in quell’ultima trasformazione quando il Signore ci prenderà con lui nella sua gloria per consegnarci al Padre.
Nella grande visione di Matteo questi tratti del volto di Cristo re, pastore e giudice assumono una forza sorprendente che offre una luce sulla nostra storia; dal compimento siamo rimandati al ‘frattempo’ delle vicende che intessono la trama del cammino dell’umanità e con sorpresa scopriamo che il giudizio finale si gioca nella serietà della vita presente. Il discernimento finale si radica nella capacità o meno di discernere, nell’oggi, secondo l’ evangelo. Infatti lo spazio e il tempo che caratterizzano l’ultimo atto della storia umana, sono il nostro tempo in un orizzonte senza confini. Ciò che Matteo narra attraverso l’immagine del giudizio finale riguarda tutti gli uomini, credenti e non credenti, e riguarda il presente della loro esistenza: «verranno radunati tutti i popoli….Tutto quello che avete fatto….Tutto quello che non avete fatto…» (vv. 32.40.45). Dove è posto il punto di incontro tra l’oggi e il compimento? Su che cosa si decide quel discernimento finale che illumina la storia dell’uomo, quel gesto che compie quel re nel ‘separare’ gli uomini per condurli verso la vita o verso la morte (cfr. v. 46)?
Si può anzitutto notare che il confronto tra i ‘giusti’ e gli ‘ingiusti’, tra le ‘pecore’ e le `capre’, avviene semplicemente tra il fare e il non fare, tra azione e omissione e non tanto tra una agire buono e un agire cattivo. La serietà del giudizio dipende da una condotta oggettiva dalla quale emerge la verità del proprio rapporto con Dio. E le azioni elencate si riferiscono a un servizio concreto verso il prossimo, senza un riferimento a un atto di culto e neppure ad una conoscenza di Dio. È una prospettiva cara a Matteo che si riflette nel discorso della montagna e in particolare nel testo di Os 6,6 citato dall’evangelista ben due volte («Misericordia io voglio e non sacrifici». Cfr. Mt 9,13 e 12,7). Dio, ci ricorda Matteo, vuole frutti, vuole una vita conformata alla misericordia, vuole carità concreta per i poveri, i mendicanti, gli esclusi, quegli ammalati o in carcere che sono ai margini dell’umanità. Fare o non fare qualcosa per questi piccoli non è indifferente: è il criterio per entrare nella vita o esserne esclusi.
«Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi mie fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (v. 40). In questa parola che il re pronuncia di fronte a coloro che hanno operato secondo misericordia si opera un parallelo tra i poveri e gli emarginati e quel re che è chiamato a giudicare la storia dell’uomo e le sue contraddizioni. Anzi il volto del piccolo rivela il volto del re, o, fuori metafora, nel volto del povero è nascosto il volto di Cristo stesso: do ho avuto fame… io ho avuto sete…» (v. 35). Qui sta il paradosso che illumina la storia e ne giudica le contraddizioni. Anche se non lo si riconosce, quel re che giudica, il Cristo, si trova in mezzo agli uomini proprio in quei piccoli che sono da lui chiamati ‘fratelli’ ! Accogliere i piccoli è accogliere proprio il giudice della storia, il Pantokrator. Egli rimane dunque il mite e umile di cuore (cfr. 11,29) che si identifica con tutte le vittime della storia chiamandole «i miei fratelli più piccoli».
Proprio questa umiltà che ci rivela la logica del Regno e diventa il criterio di giudizio per l’agire dell’uomo, è il paradosso che desta maggior sorpresa. Questo re che giudica la storia non solo si nasconde dietro al volto del povero ma non pretende neppure di essere riconosciuto nella sua vera identità. «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare…?» (v. 37), rispondono con sorpresa i giusti. E altrettanto stupita è la domanda di coloro che sono posti alla sinistra: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo servito?» (v. 44). Ciò che è importante è servire il piccolo perché è piccolo: è l’atto pieno di misericordia per una umanità ferita e sofferente che conta, e non la rivelazione di chi è nascosto dietro a quel povero. Questa gratuità è la qualità stessa della carità, dell’amore evangelico e diventa misteriosamente una porta aperta all’incontro autentico con il Signore attraverso la quale può passare ogni uomo, anche chi non conosce la rivelazione di Cristo. Su questo amore praticato e non semplicemente proclamato a parole, l’uomo, qualunque uomo, sarà giudicato. In ciò consiste fare la volontà di Dio (cfr. 7,21-23), il vivere secondo Cristo e la sua logica, forse anche senza conoscerlo.
Tuttavia resta consolante per il cristiano, per colui che desidera consapevolmente conoscere e seguire Cristo, scoprire questa rivelazione. Nel cammino quotidiano avrà sempre la possibilità di vedere il volto di Cristo nel piccolo che gli passa accanto, nello straniero che entra nella sua vita o nel povero che è ai margini di essa. In tutti questi fratelli più piccoli allora scoprirà proprio quel pastore che lo sta conducendo a quel «regno preparato fin dalla creazione del mondo» (v. 34). Allora, giorno dopo giorno, in questa storia piena di contraddizioni e di violenze, il discepolo di Cristo saprà di seguire il suo Signore, quel pastore che lo «guida per il giusto cammino» e accanto al quale «non teme alcun male» (Sal 22,3-4), ogni volta che servirà e accoglierà il più piccolo dei suoi fratelli.
Fonte: Monastero Dumenza
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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
- Colore liturgico: Verde
- Ez 34, 11-12.15-17; Sal. 22; 1 Cor 15, 20-26.28; Mt 25, 31-46
Mt 25, 31-46
Dal Vangelo secondo Matteo
31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 26 Novembre – 02 Dicembre 2017
- Tempo Ordinario XXXIV
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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