Dio stabilisce la sua alleanza con Abramo (prima Lettura). Gli donerà una discendenza infinita e una terra grande. Abramo non ha nemmeno un figlio e non possiede una sola zolla. Gli viene chiesto di fidarsi completamente di Dio. L’alleanza che Dio stabilisce con lui è unilaterale: è il Signore che l’ha decisa, ed è fatta solo dei suoi doni gratuiti; Abramo non deve soddisfare alcuna clausola, deve solo fidarsi di Dio. «Egli credette nel Signore, che glielo accreditò come giustizia». La «giustizia», nella Bibbia, è dare a una persona ciò di cui ha bisogno, il suo «diritto», cioè la sua attesa più profonda, la sua esigenza di esistere e di essere. Dio vede Abramo così com’è e gli darà esattamente ciò di cui ha più profondamente bisogno, ciò che lo farà essere: la discendenza e la terra. E Abramo si affida a questa giustizia divina. Tutta la Bibbia ci rivela un Dio davvero totalmente gratuito nei confronti dell’uomo, un Dio che conosce molto bene ciò di cui ha più bisogno la sua creatura, ed è pronto a soddisfarlo. E questa disponibilità e generosità diventano, per Dio, il legame e l’impegno definitivo (l’alleanza) con l’uomo.
Oggi i rapporti tra le persone hanno smarrito moltissimo queste caratteristiche: l’apertura all’altro, la generosità, la disponibilità, l’impegno definitivo. Per questo abbiamo smarrito molto anche la ricerca di Dio. Non è solo la frequenza religiosa che sta venendo meno: è l’interesse proprio per un Signore buono e fedele (l’essere di Dio) che non occupa più il cuore dell’uomo in molte parti del mondo. Noi non troveremo mai in Lui l’immediato, il superficiale, il consumistico, il conveniente, il disimpegnato: che sono le coordinate del vivere per la maggioranza della gente di oggi.
Ma ci sono ancora persone che hanno passione per la vita degli altri – soprattutto se poveri -, per la società giusta, per il rispetto della natura. Sono gli Abramo di oggi, ed è con questi che Dio stabilisce la sua alleanza: sono un piccolo resto che apre a un futuro grande e diverso, fatto di fecondità di vita e di dono, fidandosi di Dio.
Quest’alleanza di Dio con l’uomo si concretizza definitivamente e si realizza pienamente nell’uomo Gesù Cristo: è quello che ci rivela l’episodio della trasfigurazione (Vangelo). Essa avviene quando Gesù sale sul monte «a pregare». E «mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto»: il contesto della trasfigurazione è la preghiera, è in essa che l’umanità di Gesù si fa trasparenza di Dio. «La sua veste divenne candida e sfolgorante»: sono i colori apocalittici che simboleggiano la condizione divina. Quindi Gesù appare nella sua realtà divina, che emerge dalla sua condizione di orante, ma nella umile realtà di un uomo in preghiera. Perché la divinità non si sostituisce all’umanità.
L’apparizione di Mosé e di Elia indica che le Scritture sono presenti all’appuntamento. Ed è proprio attraverso di esse che si rivela ciò che implica la presenza del divino nell’umanità di Gesù: «Parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme». L’«esodo» è sinonimo di «morte»: qui si allude a tutto il mistero pasquale. «Gerusalemme» è il luogo dove il piano di Dio si compie, è il centro della storia della salvezza. Tutto ciò ci rivela che Dio ha assunto il destino che si prepara per Gesù, suo Figlio, trasformandone la valenza secondo il suo piano di salvezza: la sua morte sarà per la risurrezione, sarà il modo in cui Lui ci donerà la sua vita. Perciò, non solo Dio rimane fedele all’alleanza con l’uomo aprendolo al futuro del suo Regno d’amore, ma viene a realizzare anche la parte dell’uomo, facendosi Lui stesso uomo in relazione con Dio nell’umanità di Gesù Cristo, suo Figlio. E Gesù realizzerà la parte divina dell’alleanza rimanendo fedele all’uomo anche quando questo lo rifiuta (la croce), ma realizzerà anche da parte umana, fidandosi del Padre anche davanti alla sua morte. Perciò la scena della trasfigurazione non va interpretata solo in senso statico: si dà da vedere la bellezza della divinità nel corpo umano di Gesù. Piuttosto, va intesa in senso profondamente dinamico: attraverso le Scritture, i tre discepoli (rappresentanti di tutti noi) colgono nell’uomo Gesù tutta l’azione di Dio che stabilisce l’alleanza definitiva con l’umanità nella passione, morte e risurrezione che il corpo di Cristo vivrà.
Tutto ciò viene confermato dall’ultima parte dell’episodio: i tre discepoli vengono coperti dall’ombra di una nube, cioè fanno esperienza della presenza di Dio, una presenza feconda di vita, come è avvenuto in Maria, coperta dall’ombra dello Spirito Santo e in ciò resa madre del Figlio di Dio. In questo stare di Dio su di loro, i discepoli scoprono la perfetta corrispondenza con le parole della Scrittura, perché sono queste che colgono nella nube: «Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo!». Tutta la Scrittura rivela la realtà di Gesù in quanto Figlio, in quanto realizzatore dell’alleanza; rivela l’«eletto», amato dal Padre anche se dovrà passare attraverso la sofferenza; e rivela il segreto della fede: essere in ascolto aperto e fiducioso del suo donarsi.
La conclusione non è la fine della trasfigurazione, ma la trasfigurazione della Parola nel corpo di Gesù: «Appena la voce cessò, restò Gesù solo». È lui la nube, segno della presenza di Dio e della sua gloria, ed è Lui la Parola che realizza l’alleanza di Dio con ogni carne. Alleanza che promette la trasfigurazione anche della nostra povera umanità, così da diventare bella e conformata a Dio, come quella di Gesù (seconda Lettura).
A cura di Alberto Vianello – Monastero di Marango